Capitolo 8 (Now save her from the dark)

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"Ora salvala dall'oscurità"
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Mi trovavo in un luogo nero,buio,tenebroso.Faceva freddo,rabbrividivo mentre camminavo nel nulla,l'oblio era meno accogliente di come lo avessi immaginato,andai a sbattere violentemente nel vuoto.Qualcosa mi impediva di proseguire,seguì il profilo del muro immaginario ma non conclusi niente,sembrava di girare intondo ma come potevo saperlo nell'oscurità in cui ero sommersa? Sostai qualche minuto in un punto indefinito di quel luogo,appoggiando la schiena sul muro,accovacciandomi e raccogliendo le gambe con le mani,cascai all'indietro come se la via si fosse liberata.Scattai in piedi,mi accorsi che due gallerie si erano aperte dietro di me.Da una provenivano delle voci ovattate e una luce bianca,convensi che fosse la via per risvegliarsi.Ma io volevo risvegliarmi? L'altra invece era inghiottita dal buio,non sapevo cosa mi sarebbe aspettato.Ragionai.Sarebbe valsa la pena di riprovare? Il bivio fra la vita e la morte. Ritrovai tutte le mie energie e mi incamminai per il tunnel della vita;ma mi fermai,tornavo nella realtà per accontentare i bulli e farmi picchiare di nuovo?No.Tornai indietro più confusa che mai,potevo far finire tutto ora o continuare a combattere ma chi mi avrebbe assicurato che sarebbe tutto finito anche se attraversassi il tunnel nero?Nessuno.Sarebbe valsa la pena rischiare la propria vita? Io dico di sí. Quindi presa la mia decisione mi avvicinai sempre di più al tunnel della morte.Un ragazzo.Alto.Moro. Mi si sta avvicinando frettolosamente, " Lo sapevo che avresti fatto cazzate!" Mi urlò contro. Uno sguardo interrogativo si disegnò sul mio viso. "E questo chi è?" Pensai.Mi abbracciò,era un abbraccio caldo,dolce,bisognoso.Lo strinsi anch'io come per ringraziarlo ma lui non voleva lasciarmi,appoggiò la sua testa alla mia spalla,chiuse gli occhi e disse sottovoce "vieni con me".
***
Aprì gli occhi,ero sudata,nervosa,allora era stato tutto un sogno.
-Che ore sono?- chiesi all'infermiera che stava servendo la camomilla nel corridoio-le 10.30 di giovedì-mi rispose raggiante-giovedì?!- era impossibile avevo dormito 4 giorni!. Mi accertai che le assistenti dei pazienti per la notte fossero distratte per scappare.Staccai la flebo,ormai inutile e mi infilai le snickers,presi il cellulare scarico e raggiunsi l'uscita dell'edificio.Salì sull'ultimo autobus che andava in direzione di casa mia sdraiandomi sugli ultimi posti. Prima di uscire dall'ospedale avevo recuperato degli antidolorifici per il dolore che provavo allo stomaco dove mi avevano operato,raggiunsi lo zaino per cercare la chiave del lucchetto per la finestra che mettevo quando c'era il rischio che stavo fuori più di una notte. Già,non era la prima volta che quasi morivo per un incedente,mi succede ogni tanto,sempre in località diverse che nemmeno ricordo.
Scesi dal pullman correndo per via della pioggia,entrai in camera e mi feci subito una doccia. Avevo un vuoto dentro,una parte indifferente,triste. Come diceva Van Gogh "La tristezza dura per sempre" e secondo me si è tagliato un orecchio per sentire meno cazzate.Osservai le gocce attraversare il vetro della finestra verticalmente creando scie che si intrecciavano incorniciando la luna candida,segui col dito il loro percorso perdendomi nei miei pensieri.
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Mi alzai dal letto presto,anche sta notte avevo fatto After,le occhiaie ormai erano talmente marcate che neanche un fondotinta ottimo avrebbe potuto coprire le macchie violacee sotto i miei occhi gonfi di pianto.Mi guardai allo specchio,ero orribile: i capelli scompigliati,il viso stanco,il corpo troppo magro. Non mangiavo molto,i vestiti incominciano a starmi grandi. Sono un disastro. Soffro di un incurabile patologia di sottostima,in poche parole la mia autostima è andata a farsi fottere. E io? Io sono rimasta fottuta.
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Mi sto affezionando troppo. Devo stargli lontano,cancellare le emozioni.Non posso permettermi di sbagliare come in passato.Lei è il nulla,niente di più.Devo chiudermi per smettere di combattere con me stesso,o tutti o nessuno. Testo immobile è impresso sul mio cuore,come un marchio:"ice". Ho appena salvato Alison ma non riesco a essere fiero di me,non riesco a essere contento che sia viva. Non riesco a provare emozioni vere nonostante l'apparenza,come un robot,una programmazione,una serie di codici messi insieme per far funzionare un oggetto,una macchina.
La vita.
La morte.
Qual è la differenza?
Nonostante l'abbia sperimentata io provo a sentirmi triste ma non lo sono,non lo sono affatto.Ho raggiunto per colpa sua uno stato di tranquillità,anche quando la situazione mi scivola dalle mani e sembro incazzato.Non lo sono. L'indifferenza fatta persona. Da ora sono una macchina,una macchina creata per rompere rapporti,sarò l'incubo che infesterà le notti insonni di Alison.
***
I lampi squarciano il cielo illuminando le nubi scure,mi è sempre piaciuta la pioggia,tutti si chiudono in casa per non bagnarsi e quando le strade sono vuote e la desolazione regna,io esco e mi sento libera. L'acqua è stata assorbita dai miei vestiti che ora si appiccicano lentamente alla mia pelle,sto osservando le stelle sul sorgere del sole,cosí deboli,così incolori,quasi tristi.
-Hey- mi appoggiò una mano sulla mia spalla,mi voltai riconoscendo quel ragazzo che mi aveva soccorso quando ero scivolata dalla scala mentre dipingevo la chiesa.
-Cosa ci fai qui?-risposi scocciata
-calma,stavo tornando da una serata fra amici quando ho visto una ragazza seduta su un marciapiede sotto la pioggia alle 5.30 del mattino...mi è sembrato strano. Comunque felice di rivederti-mi rispose sorridente porgendomi l'ombrello. Mi incamminai verso casa mia.
-Dimmi almeno come ti chiami?-
-Alison,mi chiamo Alison!-
-Volevo solo aiutarti!-
-Ma io non voglio essere aiutata!- urlai
girandomi nella sua direzione agitando le mani su e giù.
Mi guardò stranito prima di sorridermi e dirmi:
-Alla prossima-  voltandosi e incamminandosi verso non so dove.
Tornai in camera e mi accasciai al suolo. Male,faceva male.Tutto,le persone,i sentimenti. Sì,perché senza provare emozioni  si muore ma se le provi muori dentro.

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