3.

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Era successo in fretta.

Si era stretta in un angolo, le gambe tremanti al petto e la testa poggiata sulle ginocchia sbucciate. Si era accucciata pensado che il rumore incessante di sirene e armi da fuoco d'un tratto finisse. Avrebbe voluto correre via, scappare da quell'inferno. Aveva chiuso gli occhi per un secondo, quando la lampadina era esplosa sulla sua testa e sussultando si era riparata il viso evitando le schegge di vetro. Pochi secondi dopo era successo un boato. Con forti colpi le celle si aprirono in automatico. Si ritrovò le mani attorno alla catena a tentare di strappare con forza di anelli. Vedeva gli uomini correre lungo il corridoio. Urlò con tutte le sue forze.

-Vi prego, aspettate! Aiutatemi!- Strattonò le catene, ma queste non si aprirono. Il contatto con il freddo metallo che tagliava la carne dei polsi, mentre tentava stremata di aprire le manette. Tirò con più forza, ma l'argento la indeboliva, la stordiva e la imprigionava.

-Aspettate!-urlò. Alcune lacrime le sfuggirono dagli occhi. Non sarebbe riuscita a scappare se quelle maledette catene non si fossero aperte.

Rimase impietrita, mentre sentiva i passi degli uomini avvicinarsi, cerco di acquatarsi nel suo angolo di cella stringendo con mani tremanti il metallo.

Era la sua unica possibilità per fuggire, ma lei la stava sprecando. Con un respiro profondo, continuò a tirare e a strattonare, mentre i suoi occhi si posavano sull'entrata. Il cuore prese a batterle veloce, mentre un velo di sudore le imperlava la fronte. Sentiva qualcuno avvicinarsi con passi veloci. Il terrore prese possesso della sua testa e le mani iniziarono a tirare con forza, tanto da strapparsi la pelle. Doveva fare più in fretta, doveva riuscire a rompere le catene. Sentì un brivido percorrerle la schiena, le si bloccò il respiro, una figura era comparsa sull'uscio. La sua bocca di aprì in un urlo muto mentre osservava l'uomo avvicinarsi a lei. Zoe la seguì con gli occhi, mentre si chinava e afferrava le catene.

Era alto, imponente, maestoso. Come un dio sceso in terra, con una furia che gli riverberava nei suoi occhi viola, capace di mettere a tappeto chiunque con i suoi muscoli e si stava lentamente chinando verso di lei come a proteggerla. L'uomo strattonó le catene, e Zoe le vide cedere sotto la sua forza. I suoi bicipiti erano grossi e muscolosi e abbronzati come il resto del suo corpo, fasciato da vestiti neri e stretti. Era un guerriero, ne era sicura, era il suo salvatore.

-Dobbiamo andare, piccola. Dobbiamo correre..- le disse trafelato,allungando una mano. Toccare l'argento l'aveva indebolito, ma non l'aveva di certo fatto impazzire. In quella cella, prigioniera dei cacciatori, c'era una piccola creatura dai capelli rossi. Una ninfa dai capelli rossi. La sua compagna. Zoe fissò le sue dita muoversi nell'aria e non perse tempo ad afferrarle, la trascinò fra le sue braccia, riusciva a malapena a camminare. Il suo gesto purché dettato dalla fretta, la fece arrossire, sentiva il calore del suo corpo stringersi attorno a lei, avvolgendola.

-Saremo presto fuori di qui, rossa.-le sussurrò con voce roca mentre correva fuori dalla struttura con lei in braccio. Compirono pochi passi all'esterno prima che l'edificio crollasse. Zoe fissò lo sguardo su di esso, macerie e fuoco che si univano in un ritratto insignificante.

La sua prigionia era finita.

E ora cosa le sarebbe capitato ora?

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