Funerali

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La notte era scesa già da qualche ora. Forse avrei dovuto rimandare al giorno seguente la mia spedizione, ma non credevo che andare a seppellire quel che restava di uno scheletro vecchio di sette, otto secoli mi avrebbe preso troppo tempo. Avevo deciso di spingermi fino al limitare della foresta, o meglio, Hatun voleva stare il più lontano possibile dalle mura, ma io non volevo inoltrarmi troppo tra gli alberi, considerando i sinistri ululati che ne provenivano e gli avvertimenti di Severian, quindi avevamo dovuto trovare un compromesso.

Mi ero fatto prestare una pala, o meglio, ne avevo tolta una dalla stalla sotto lo sguardo stolido del garzone, e per prudenza avevo preso con me la mia rivoltella, anche se sapevo bene che contro un Mannaro non sarebbe servita a molto. La portavo solo perché mi faceva sentire irrazionalmente e molto umanamente "più sicuro".

Mi fermai dopo una manciata di minuti di marcia fra la fitta vegetazione, e stavo per chiedere al fantasma se l'albero che avevo davanti gli piacesse, quando mi ricordai che non mi poteva seguire fuori dal castello, anche se le sue ossa ormai lo erano. Serviva la vera e propria cerimonia di sepoltura per liberarlo dai vincoli che l'avevano legato a quelle pietre, quasi dovessi annullare una maledizione. Sospirai, e feci spallucce. - Se non fossimo in Valacchia e non si sentissero tutti questi ululati, a me non dispiacerebbe stare qua sotto. - mi dissi, e cominciai a scavare delicatamente fra le radici secolari. Andai abbastanza a fondo, e una volta incastrato per bene il sacchetto con le ossa, cominciai a ricoprire la buca, intonando un sommario e molto generico servizio funebre, e concludendo con uno strato di foglie secche, sassolini e legnetti per camuffare la terra smossa. Ero ancora chino a completare la mia opera, quando un forte odore muschiato aggredì le mie narici, coprendo quello dell'humus. Sentii il sangue ribollirmi nelle vene. Conoscevo bene quel lezzo e quella sensazione, e significavano guai. Mi rialzai, guardandomi attorno, mentre acuivo i miei sensi. Il loro calore mi colpì quasi quanto il loro odore, mentre mi voltavo. Erano in due, ed erano vicini abbastanza per vedermi. Sentivo il lievissimo tintinnio delle decine di ciondoli e catenine che uno di loro portava al collo, a ritmo con il loro respiro, fin troppo calmo. Fu uno degli istanti più lunghi della mia intera vita, quel momento terribile in cui si deve decidere se scappare o combattere, e come farlo. Mi voltai per scappare, ma furono più veloci. Venni atterrato, e finii a faccia in giù fra le foglie e i detriti. Qualcosa affondò fra le mie costole e mi perforò i polmoni, incrinando le ossa. Mi sentii soffocare, e l'unica cosa che riuscii a fare fu smettere di respirare, ed accasciarmi sotto di loro come una bambola rotta, gli occhi rovesciati nelle orbite.

Il Mannaro più giovane, coperto da una peluria quasi bionda, estrasse il paletto dal corpo riverso a terra. Era sporco di sangue, rosso e fluido.- Berg? - Lo mostrò al suo compagno, interrogativo. - Non hanno il sangue nero?-

- Stupido. Era umano.- commentò Berg, prima di chinarsi di nuovo, stavolta per esaminare la loro vittima con più attenzione. -Se no non sarebbe morto così, senza prendergli il cuore.-

- Ma quell'odore...- ribatté, timidamente.

- Doveva essere uno dei loro servi. Non che mi dispiace, ma era meglio ammazzare uno di quei bastardi morti.- rovistando nelle tasche, trovò il revolver. Lo osservò per un po', poi concluse che non ci avrebbe fatto nulla, e lo gettò via. - Andiamo.- ordinò, rialzandosi, accompagnato dal suono delle sue collane.

Rimasi un cadavere per tutto il giorno seguente, cercando di ignorare il brulicante fermento di creaturine intente a fare della mia morte la loro vita, e la luce rovente che filtrava tra i rami.

Tornare ad essere solo un morto era una delle prime cose che avevo imparato da Lucrezia. In quello stato, non dovevo temere il sole, ma non potevo muovermi, né avere alcuna percezione con i sensi usuali. Risvegliarsi diventava sempre un azzardo. Quella tecnica aveva cominciato ad essere effettivamente utile solo quando ero diventato in grado di allontanare l'anima dal corpo, e di utilizzare un tipo diverso di percezione, immateriale. Mi rialzai la sera seguente, con un po' di pelle in meno. Grazie al cielo di solito dopo il primo morso si schifavano abbastanza da lasciarmi in pace, ma sembrava che non ci fosse molto passaparola fra le bestie di quella foresta. Mi vendicai dissanguando i primi due piccoli bastardi dai denti appuntiti che mi capitarono a tiro, e recuperai in tutta fretta la mia arma, prima di tornarmene al castello, incredibilmente grato al mio angelo custode per essere riuscito ancora una volta a salvare la mia non vita.

Trovai Shauni ad accogliermi, ma c'era solo la sua testolina bruna, gli occhi vitrei e spalancati, infissa su una lancia, proprio davanti all'ingresso principale del castello, quello che era sempre sprangato.

Non riuscii ad avvicinarmi di più. Percepii qualcosa di terribilmente simile ad un pugno nello stomaco togliermi il fiato, e contemporaneamente, la testa cominciò a dolermi. Chiusi gli occhi.

- Non ora, mio Dio, no...- dissi, fra i denti.

Era un altro degli inconvenienti di avere una percezione molto sviluppata. Anche quando non era attiva, poteva reagire con le tracce recenti di forti reazioni emotive. Una serie di immagini sconnesse mi stava attraversando il cervello a velocità tanto folli da farmi sentire dolore. Finii prostrato al suolo, prima di riuscire a fermarle, e quando riaprii gli occhi, qualcuno mi stava offrendo una mano per rialzarmi. Era Radu.

- Co...cosa diamine è successo? - gli chiesi, senza nemmeno provare a muovermi dalla posizione in cui mi trovavo. Gli angoli del mio campo visivo oscillavano in modo preoccupante, e mi suggerivano di non fare manovre azzardate.

- I Mannari hanno deciso di sfidarci sul serio, a quanto pare, e stavolta sono stati anche più creativi del solito. Severian è montato su tutte le furie, e vuole andare ad ucciderli tutti, da solo. Ho cercato di dissuaderlo, ma non ha voluto sentire ragioni...del resto, se si mostrasse ragionevole, non sarebbe Severian.- mi spiegò, senza troppa partecipazione. Quasi non fossero cose che lo riguardassero. - Su, vi do una mano. - visto la mia incertezza, fu lui a tirarmi su, ma non appena mi toccò, le immagini ripresero a vorticare. Lo scostai da me, violentemente, per allontanare quel dolore, e lessi sul suo volto lo stupore. - Ma cosa vi...- lo sentii quasi balbettare, poi i suoi occhi si sgranarono. Doveva averlo capito. Prima che potessi io chiedergli perché vedevo quelle immagini, se ne era andato. O forse sarebbe meglio dire "scappato".

Presi un respiro profondo. Perché i Mannari avrebbero dovuto uccidere Shauni? Perché viveva con i loro nemici naturali? Da quel che avevo capito vivendo al Castello, quel cucciolo non era scappato da una tribù. Probabilmente non aveva mai vissuto con i suoi simili. Di certo non poteva tradirli, e...beh, i Mannari non uccidono i piccoli. Nemmeno quelli umani.

Tornai davanti alla testa mozzata. Potevo togliermi ogni dubbio, in maniera semplice e veloce.

Premetti la fronte contro la sua, guardandola negli occhi. Mi concentrai, e lentamente, sulla loro superficie emerse, allo stesso modo in cui avrebbe potuto farlo dal fondo di un contenitore pieno d'acqua, un'immagine. Mi staccai, come fulminato, non appena capii cosa significasse.

Eliminare un assassino della peggiore specie o evitare a qualcuno una morte quasi certa. Decisi di raggiungere Severian.

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