Riaprii gli occhi, la sera seguente, con il cielo ancora arrossato dal tramonto. Non venne a bussare nessuno alla mia porta, nel breve intervallo di tempo necessario a ricordare chi ero e dov'ero e quindi ad alzarmi, e mi illusi di poter passare almeno un paio d'ore in pace. Mi organizzai di conseguenza. Aprii la porta con circospezione, e mi affacciai nel corridoio, pronto a ritirarmi al primo rumore. Individuai subito lo strano oggetto ricoperto di lanugine biancastra che cercavo.
- Ehi, bello, vieni dal papà!- sussurrai, iniziando a fare cenni alla Poltrocane. Alzò le orecchie, si sollevò sulle gambe, e mi corse incontro scodinzolando. Mi affrettai a farla entrare, e richiudere la porta. Dovetti grattarle i braccioli prima che mi lasciasse sedere. Se una poltroncina imbottita stile Luigi XIV e un soffice cane pastore potessero accoppiarsi, i loro cuccioli somiglierebbero senz'altro alla Poltrocane. Molto più verosimilmente, dovevano averla ottenuta modellando un cane con le loro discipline. In ogni caso, quello che m'importava, in quel momento, era avere a disposizione la cosa più comoda sulla quale mi fossi mai seduto in quasi cinque secoli di vita. Presi uno dei miei libri, ma non riuscii nemmeno a ritrovare il segno. La porta che avevo dimenticato di richiudere col chiavistello si spalancò di colpo. Si affacciò uno dei servitori, e fece per dire qualcosa, ma non glielo permisi.
- No, non parlare, lasciami indovinare: mi aspettano nelle stalle con i miei strumenti.- gli dissi, alzandomi a malincuore dalla Poltrocane. Lui non poté che annuire, fissandomi con gli occhi sgranati. – Nemmeno c'è bisogno di saper leggere nel pensiero.- borbottai fra me e me, lasciandomi la porta alle spalle.
Oltrepassai la rozza arcata in pietra che divideva le stalle dal cortile, ed aggirai un mucchio di paglia grigiastra. Mi trovai di fronte Radu, scarmigliato e con i vestiti macchiati di bruno. – Sbrigatevi! – disse, e mi spinse senza tanti complimenti dentro una stanza che non ricordavo di aver mai visto. Sentii sbarrare la porta dall'esterno, legno massiccio annerito da secoli di fuliggine. Fantastico, pensai, mentre i miei occhi si adattavano alla quasi completa oscurità. Mi chiudono pure dentro.
C'era qualcosa sul fondo della stanza. In un primo momento scambiai quella massa informe per un mucchio di corpi squartati. Poi mi resi conto che si alzavano e si abbassavano, ritmicamente, accompagnati da un sibilo lamentoso, come un mantice forato.
O c'era sotto qualcosa che respirava, o...
Si sollevò penosamente, e vidi decine di occhi lucidi e gonfi aprirsi e fissarmi. Era qualcosa che respirava. E si muoveva anche. Mi caricò, senza preavviso.
Indietreggiai istintivamente, e sbattei con la schiena contro il legno della porta.
Si sentì uno schianto, e le sue unghie mi sfiorarono appena.
Era di nuovo a terra, o perlomeno, era quella l'impressione, e non riusciva a raggiungermi, per quanto si stirasse e torcesse. Mi appiattii ancora di più contro il legno massiccio. Era questione di pochi millimetri.
Un lieve stridio, ed un minuscolo spioncino si aprì nella porta, proprio accanto al mio orecchio destro. Gli occhi di Radu sbirciarono all'interno.
- Ahi ahi ahi, padre... mi sa che il tuo cucciolo si è rotto del tutto le gambe. – lo sentii dire, mentre si toglieva dall'apertura.
- Se ne occuperà il dottore. Rimettetelo in piedi il prima possibile.- non riuscii a vedere il Voivoda. Chiuse lo spioncino senza nemmeno affacciarvisi.
- Ma come...?- recriminai, inutilmente, visto che c'era solo quella...cosa, a sentirmi.
Mi spostai verso l'angolo della stanza, lentamente, rimanendo appiccicato al muro. Più la guardavo e più mi scoraggiavo. I mostri muti che avevo operato sino a quel momento erano già più grandi di un uomo robusto, ma quella cosa si avvicinava alla stazza di un elefante africano. Continuava a cercare di afferrarmi, allungando due o tre coppie di braccia umanoidi verso di me. Non riuscivo ad individuare la bocca, e nemmeno ci tenevo, ma vedevo colare a terra densi rivoli di saliva sanguinolenta.
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Vicissitudine
VampireTristan, ultimo dei Cappadociani, giunge presso il Voivoda Mitru in cerca della sua Sire, scomparsa ormai da molti anni. Troverà qualcosa di molto diverso da ciò che cercava... la possibilità di imparare una disciplina proibita, ma a caro prezzo.