Capitolo VII: Giovedì 18 settembre 2014

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Capitolo VII: Giovedì 18 settembre 2014

Le giornate erano sembrate interminabili a Richard, che si trovava all'improvviso a non aver più niente da fare. Per un paio di giorni dormì fino a tardi, ma già martedì cominciò ad anticipare l'ora in cui si alzava, e il mercoledì era ormai tornato a orari umani, come li chiamava scherzosamente sua madre Margaret.

Finalmente giunse il giovedì; aveva già preparato i bagagli, scegliendo un abbigliamento comodo per fare il turista, ma poiché il sabato sera, come ringraziamento, voleva portare Nives a cena in qualche bel posto – lei aveva protestato che non era necessario, ma lui era stato irremovibile nel suo proposito – mise in valigia anche un completo scuro, niente di eccessivamente impegnativo, ma che comunque non fosse casual.

Partì per l'aeroporto con largo anticipo, non potendo mai prevedere esattamente il traffico, e lasciò l'auto nel parcheggio custodito; poi si mise in fila per consegnare la valigia, dove venne riconosciuto e una fan particolarmente intraprendente, ma non sfacciata, gli chiese un autografo, che lui concesse volentieri. Fintanto che non diventavano invadenti, a lui piaceva che i fan lo riconoscessero e gli chiedessero foto e autografi; era una cosa a cui non si sarebbe probabilmente mai del tutto abituato e che lo avrebbe sempre emozionato.

Salì a bordo tra i primi, avendo fatto il check in on line, e si sistemò nel proprio sedile; a causa della sua alta statura, cercava sempre di prenotare posti in prima fila e sul corridoio, ma con così poco preavviso non era riuscito a trovarne. Fortunatamente, però, la business class della British Airways aveva misure decisamente ampie e così non si trovò male.

Decollarono puntualmente; il viaggio fu tranquillo e Richard lo trascorse ascoltando musica dal suo iPod, cercando di non contare i minuti che lo separavano da Nives.


Nives era talmente sulle spine che nell'ultima ora in ufficio non riuscì a combinare niente. Meno male che era un periodo tranquillo, per cui la sua mancanza di concentrazione non provocò alcun danno.

Cominciò a chiudere tutto che mancavano tre minuti alle sei, così quando scoccò l'ora aveva già portato in produzione gli ordini giunti quel giorno, abbeverato la pianta di yucca, sgombrato la scrivania e spento il computer. Si fiondò fuori dalla porta, chiuse a chiave e inserì l'allarme, poi saltò a bordo della propria auto e partì.

Il traffico dell'ora di punta la irritò, ma fortunatamente l'ingresso all'autostrada non era poi così lontano, e di lì diede gas. Accorgendosi di star correndo troppo, si obbligò a sollevare il piede dall'acceleratore e a proseguire alla velocità massima consentita, senza superare il limite. Il navigatore la rassicurava indicandole che sarebbe arrivata con dieci minuti di anticipo rispetto all'orario in cui doveva atterrare il volo di Richard; considerando che lui doveva recuperare il bagaglio, contava di fare in tempo a parcheggiare nell'area riservata alla sosta brevissima, che era la più vicina all'ingresso, per poi posizionarsi ad attenderlo agli arrivi.

Il tragitto dall'uscita dell'autostrada all'aeroporto le sembrò ostacolato da una serie di impediti che andavano a passo di lumaca e si beccarono le sue invettive, colorite quanto del tutto inutili ed ingiustificate, dato che stavano semplicemente procedendo a velocità normale; ma il suo nervosismo era alle stelle: era sicura che, se avesse morso qualcuno, lo avrebbe ucciso avvelenato come se fosse stata un cobra.

Nonostante tutti i suoi timori, Nives giunse al parcheggio in perfetto orario rispetto alla tabella di marcia. Posteggiò e si diresse agli arrivi quasi di corsa, pur essendo consapevole che, anche se l'aereo era atterrato, sarebbe trascorso un certo lasso di tempo prima che Richard emergesse dalla sala dei caroselli; ma le pareva di avere il sale sulla coda ed era del tutto incapace di rallentare.

Il sogno di una fangirl (vol.1) - L'inizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora