I miei Hunger Games

La mietitura

Sono quasi le due e io sono già pronta: camicetta con le maniche a sbuffo, gonna color crema, calzettoni bianchi e le vecchie sneakers di mia madre.
Mia madre. Morta per darmi alla luce. Papà mi ha ripetuto più volte che non è colpa mia, ma non me lo perdonerò mai. Ancora oggi mi chiudo in camera a piangere, a cercare sue vecchie foto per vedere come era fatta, se aveva i miei occhi marroni o i miei capelli neri.
Tutto ciò appartiene al passato, ma non riesco a dimenticarmene.

Vado a registrarmi e poi prendo posto nell'area riservata a noi ragazze: ho sempre avuto terrore di questo giorno e spero che i miei peggiori incubi non si avverino.
Una strana donna con una parrucca viola e tacchi vertiginosi fa il suo ingresso sul palco e fa partire il solito filmato sulla ribellione dei distretti e della guerra che devastò Capitol City.
La donna, tutta eccitata, va verso la boccia delle ragazze e maneggia tra i foglietti; la tensione si sentirebbe anche a trecento chilometri di distanza da qui. Mentre si avvia a piccoli saltelli verso il microfono, il mio cuore minaccia di uscire dal petto e le mani sono completamente sudate: ed ecco a voi il tributo più coraggioso di tutto Panem!
Ma per farmi inorridire del tutto ci sono volute solo due semplici parole
- Selene Price -
Il cuore mi si ferma di botto e sbarro gli occhi: deve essere un incubo. Tutto ciò che è intorno a me inizia a girare, sempre più veloce, fin quando non sento un ronzio nelle orecchie e vedo il nero più totale.

Apro gli occhi e mi tiro su lentamente
- Caspita, ho fatto un sogno terribile: ero stata sorteggiata agli Hunger Games e poi tutto ha cominciato a girare, poi non ricordo più nulla... - in quel momento mi accorgo di non essere sola: un ragazzo con un ciuffo rossiccio seduto accanto a me mi sta tenendo una mano - No, non era un sogno - dice con un sorriso triste.
Senza neanche chiedermi chi fosse, lo guardo con aria interrogativa - saremo a Capitol City tra un'ora -