Prologo

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Prologo

1813 Moutiers, Castello Duval

Sentendo il rumore di passi avvicinarsi, il suo cuore cominciò a battere più forte. Maledizione, non si era ancora ripreso dall'ultima volta. Richard Duval, figlio dell'attuale Duca Duval, poté sentire il suono delle voci arrivare, accompagnato dal bagliore di una luce. Mentre cercava di non pensare a quello che sarebbe successo, poté notare l'aria divenire più tesa e sentì i suoi compagni di cella muoversi impauriti, tanto che qualcuno urlò per la paura. Egli cercò di contenersi, ma il panico divenne incontrollabile. Poggiò la fronte sudata sul pavimento freddo, sentendosi svenire. «Devo resistere, devo farcela.» Si ripeteva quelle frasi ogni giorno, ogni ora, perché coloro che più amava, si trovavano fuori da lì e rischiavano di perdere molto di più della loro vita e nessuno li avrebbe protetti da chi gli voleva male. L'unica motivazione del perché non fosse ancora impazzito era la consapevolezza che fuori lo aspettavano, domandandosi dove fosse finito.

«La mia famiglia ha bisogno di me.»bisbigliò con voce tremante.

«Falla finita, sai bene che da qui non uscirai vivo.»

L'uomo, rinchiuso nella cella di fronte alla sua, lo guardò accigliato. «Rassegnati a questa realtà, definitivamente.»

Richard voleva scuotere la testa, rifiutandosi di credere a una sola parola, anche se sapeva che la cosa non era così inverosimile. Sentiva la testa più dolorante che mai. All'improvviso una mano si posò sulla sua spalla. A quel contatto si sentì leggermente meglio, riconoscendo l'unica persona che riuscisse a calmarlo da quando era rinchiuso. «Lascialo perdere, Richard. So per certo che un giorno riusciremo ad uscire da questo inferno.» Richard alzò la testa lanciando uno sguardo di gratitudine al compagno di cella. Era passato un mese da quando era stato rinchiuso e Pierrick era stata l'unica persona a stargli accanto dentro quell'inferno, dandogli la forza di reagire nei momenti più bui. La luce s'intensificò e un'ombra apparve, diventando sempre più grande ad ogni passo. Il panico s'impossessò di lui e Richard cominciò ad agitarsi sentendo il corpo chiedergli pietà per ogni movimento. «Richard sta fermo. Se reagirai saranno ancora più violenti.» Cercò di calmarlo Pierrick, ma lui non poteva fermare l'ansia che lo opprimeva al pensiero di quello che gli avrebbero fatto, di lì a poco. Afferrò con costernazione la manica della camicia consumata dell'amico, in un gesto di disperata richiesta d'aiuto. «Ti prego, Pierrick. Non lasciarmi portare via.» Pierrick non ebbe modo di rispondere, giacché due figure apparvero davanti alla cella.«E' il tuo turno, ragazzo.» La voce dell'uomo sembrava uscita dall'inferno in cui volevano portarlo. Con gli ultimi residui di energia rimanenti, Richard riuscì ad alzarsi, nel momento stesso in cui gli uomini aprirono la cella per entrare. Avrebbe lottato fino alla fine. Pierrick si fece avanti, di fronte ai due uomini. «Per questa volta lasciatelo stare, non vedete che non è in grado di reggersi in piedi?» Disse con voce tremante, anche lui terrorizzato dalle ripercussioni che quel gesto avrebbe potuto causare. Una delle guardie gli si avvicinò, furiosa per il suo intervento.»«Non osare mai più discutere gli ordini del Padrone.» A quelle parole aggiunse un pugno sul viso dell'uomo, che lo scaraventò addosso a Richard. Entrambi, a causa delle loro condizioni fisiche, caddero di peso sul pavimento. Richard sentì dolori lancinanti in tutto il corpo e le ferite fresche ricominciare a sanguinare. Riaprendo gli occhi, vide delle macchie nere, sapeva che era un principio di perdita di conoscenza. No, non poteva svenire, pensò Richard furiosamente. Se fosse svenuto, sarebbe stato ancora più indifeso «Richard, non ti abbattere. Vedrai ce la faremo.» Sentì appena la voce di Pierrick gridargli quelle parole. «Devi sopravvivere, per la tua famiglia, Richard. Per la tua famiglia.» Per la mia famiglia. E con quell'ultimo pensiero, chiuse gli occhi. Solo per loro.


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