Capitolo 10

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Julia si distese a terra con un sospiro di frustrazione, dopo l'ennesimo tentativo per attirare l'attenzione di qualcuno, andato vano. Avrebbe giurato di essere rinchiusa lì dentro da almeno mezz'ora. Si fissarono le mani, rosse dai continui colpi dati alla massiccia porta. Non aveva fatto altro, affinché qualcuno la sentisse e liberasse entrambi. Già, entrambi, pensò accigliata guardando infondo le scale, dove il buio non gli permetteva di vedere l'uomo che in teoria avrebbe dovuto aiutarla a uscire da lì. Invece, dopo vari tentativi per riuscire ad aprire la porta, rinunciò per poi scendendo le scale, frustrata. Da allora non aveva sentito nemmeno un suono da parte del Duca. Di certo non era un momento facile per lui, pensò rattristata Julia scendendo le scale adagio. Avrebbe controllato che stesse bene e dopo sarebbe ritornata su. Il buio invadeva la cantina, se non fosse per una luce lunare proveniente da una finestra in alto, quasi a toccar il soffitto. Ma anche attraverso la luce, non riuscì a vedere bene in torno a se. Non sapendo in quali condizioni fosse decise di non chiamarlo e di cercare d'identificare la sagoma, ma con i diversi scaffali n torno era complicato. Alla fine, notando la difficoltà, decise di chiamarlo con un tono non troppo alto. "Duca? Mi sentite? Vorrei sapere come state e se posso ... " Non riuscì a finire la frase a causa di un oggetto non identificato, tra i piedi, facendola inciampare. Emise un piccolo urlo di sorpresa, preparandosi all'impatto col terreno e con qualsiasi altra cosa si sarebbe scontrata. Ma l'unica cosa con cui andrò a scontrarsi emanava un calore che non faceva decisamente parte di oggetti inanimati, tutt'altro. Sotto la solidità dei muscoli, riusciva a sentire il battito del cuore battere forte e regolare. Due braccia forti la circondavano facendola sentire come in un bozzolo. Al sicuro, contro tutti e tutto. Julia si chiese da quanto tempo non percepiva questa sensazione di calore e protezione, forse da quando era piccola e sua madre, era solita alle manifestazioni d'affetto. Come suo padre, una volta. "State bene?" Quella domanda posta in quel momento, fu come un fulmine a ciel sereno, facendola ritornare nel presente e alla realtà. Si scostò immediatamente dall'uomo che le stava di fronte, che in quel momento la stava fissando. Che fosse uno sguardo preoccupato? Togliendosi dalla mente quegli assurdi pensieri, negò con la testa. "Ti sei storta di nuovo la caviglia?" Comprendendo che l'uomo non poteva vederla bene, a causa della poca luce, parlò. "Sto bene, Vostra Grazia, sono solo andata a scontrarmi con qualcosa ma senza procurarmi dei danni." Lo sentì sospirare per poi aggiungere il suono di passi mentre si allontanava. "Fai attenzione, l'unica cosa che in questo momento possiamo fare e stare fermi in un punto preciso e aspettare. Presto si noterà la nostra mancanza in giro e verranno a cercarci." Istintivamente, senza alcun preavviso, Julia tese la mano in avanti, afferrando la stoffa dell'uomo. Nello stesso momento in cui fece il gesto, si diede della stupida un milione di volte, non comprendendo il perche l'avesse fatto. Improvvisamente si era sentita smarrita e il solo pensiero di saperlo lontano, anche se solo di pochi metri, in quel luogo buio aveva creato in lei una sensazione di perdita. Lo sentì girarsi e per un momento ringrazio proprio quell'oscurità che le permetteva di arrossire senza farsi vedere da lui. "Julia." Disse solamente. Lei sospirò profondamente, non comprendendo per prima lei cosa volesse dall'uomo. Sapeva solo di volerlo vicino. "Co-cosa ne direste di andare vicino alla luce della finestra? Staremo di fronte la porta e così, in caso dovessimo sentire qualcuno, arrivare immediatamente e avvertirlo della nostra presenza. ." Parlò con voce rauca, sentendo la gola secca. Cosa le succedeva? Perche quando stava vicino a quell'uomo ogni cosa diventava difficile? Lo sentì muoversi, forse anche lui come lei aveva difficoltà quando le stava vicino? "Va bene." Pronuncio il Duca, improvvisamente. "Andiamo verso la finestra." Emettendo un sospiro di sollievo, Julia lasciò a malincuore la sua giacca, avvicinandosi alla luce, sentendo l'uomo dietro di lei. Non appena fu sotto la finestra, sedette a terra poggiando la schiena sulla parete fredda. Fissò l'uomo che proprio in quel momento si era avvicinato alla luce. Si era sbottonato il panciotto e aperto i primi bottoni della camicia, dandogli una buona visuale della catenina e di quell'anello con la pietra zaffiro. Ancora una volta, si chiese a chi potesse appartenere. Precisamente, a quale donna. Anche lui si decise a sedere, mettendosi di lato a lei. Lo vide poggiare anch'esso la testa alla parete, chiudendo gli occhi. Piccole gocce di sudore spuntavano sulla fronte dell'uomo, segno che il suo agitamento e tensione era dovuto al fatto di rimanere rinchiuso lì dentro, non certo ad altro. Si diede, per l'ennesima volta, della stupida nel sentirsi ferita. Anche se tra loro c'era una forte attrazione, indiscutibile, non c'era niente che potesse dimostrare qualcosa di più di ciò che era. Pura attrazione fisica e avrebbe dovuto ricordarselo, se voleva tutelare il suo cuore. Tutelare il suo cuore? Si chiese Julia, paralizzandosi sul posto. Da quando il suo cuore era in pericolo di qualsiasi coinvolgimento per il Duca? Istintivamente voltò il viso verso l'uomo, accanto a lei. Era seduto in una posa rilassata, col braccio poggiato sul ginocchio e con uno sguardo pensieroso. Aveva un'ottima visuale del suo profilo, anche se non ne aveva bisogno poiché ne ricordava perfettamente i tratti. Il suo viso era teso, segno che stava soffrendo interiormente e cercava di non far notare il suo disagio ai suoi occhi. Inspiegabilmente, si sentì sofferente anche lei come se il suo dolore fosse trasmesso anche a lei. Doveva distrarlo, decise a quel punto Julia, ma cosa fare o dire? Inesorabilmente, il suo sguardo cadde di nuovo sulla catenina dell'uomo. "Il vostro anello, che tenete al collo, è una specie di portafortuna?" Avrebbe voluto mordersi la lingua nell'istante in cui il Duca la fissò perplesso. Imbarazzata, ma ormai impotente non potendosi tirare indietro, indicò col dito la catenina appesa al collo dell'uomo. "Il primo giorno in cui sono arrivata al castello, vi ho visto con la stessa catenina che avete indosso adesso e ho pensato che per voi avesse un valore speciale." Riuscì a dire. Il Duca infine comprendendo a cosa e a quale luogo si stesse riferendo, estrasse la catenina da sotto la camicia tirando con sé l'anello con la pietra color zaffiro. "Vi riferita a quest'anello." Disse lui, più a costatare che a domandarglielo. Julia fissò l'anello continuando a sentire quella stretta nel cuore. Adesso che lo vedeva da vicina, poté avere la conferma che il gioiello era destinato a una donna e forse quest'ultima aveva voluto concedere l'anello, in segno d'amore. "Sì." Bisbigliò lei. "Avete davvero una predilezione per quella pietra, voi e vostra sorella." Cercò di scherzare Julia. Improvvisamente, i tratti del Duca si ammorbidirono rendendo il suo viso più morbido e giovane. "L'aveva nostra madre." Julia sgranò gli occhi. "Vostra madre?" L'uomo annuì. "Nostra madre credeva che lo zaffiro avesse degli effetti spirituali e forse, anche se inverosimile, magici. Credeva che la pietra potesse proteggere chiunque la tenesse con sé. Ha chiesto che i suoi gioielli, con la pietra zaffiro, andassero ai suoi figli con la consapevolezza che ci avrebbero protetto. Cristal possiede il ciondolo." Prese l'anello in mano. Il gioiello sembrava minuscolo, sopra la sua mano. "E questo è il suo anello. Grazie al avvocato, Lucien non è riuscito ad impossessarsene." Spiegò il suo sguardo incupirsi. "Amavo immensamente mia madre e avere un suo gioiello mi fa sentire più vicino a lei. Rendo anche felice lei." Julia fece un sorriso nostalgico, comprendendo le sue parole. Anche lei avrebbe voluto qualcosa di sua madre, qualcosa da tenere sempre accanto a se, oltre i suoi vecchi vestiti. Nelle loro condizioni finanziarie i fronzoli e accessori di vario genere erano un lusso che non potevano certo permettersi. "Doveva essere una donna davvero speciale. Avete persino preso gli stessi suoi occhi che per giunta sono uguali a quello dello zaffiro." Si fermò, nel momento in cui lo vide scuotere la testa. "In realtà la madre di mio padre, la precedente Duchessa, aveva gli stessi nostri occhi." Sollevò le spalle. "Che dire, eravamo destinati." Chiarì. Julia notò che stava cominciando a rilassarsi, segno che il suo metodo di distrazione stava facendo effetto. "Credi molto nel destino?" Gli domandò lei. Lo vide scuotere la testa. "Forse tanti anni fa, poiché nostra madre riempiva la mia testa raccontandomi della storia d'amore avuta con mio padre. Ha sempre creduto che fosse stato segno del destino se loro si sono innamorati e sposati." Julia ricordava bene, dato che Cristal ne aveva parlato con lei una sera dopo aver saputo la verità. "Posso chiedervi come mai la vostra opinione è cambiata?" Lui fece un sorriso, che non arrivò agli occhi. "C'è bisogno di chiederlo? Ho passato i miei primi anni dell'età adulta rinchiuso in una cella sotterranea, nella mia stessa casa, prigioniero da colui che avrebbe dovuto tutelarci." Julia lo fissò, afflitta, comprendendo le sue parole. In un certo senso il suo pensiero combaciava con quello che aveva sempre creduto lei, eppure dentro di sé sapeva che c'era qualcosa di sbagliato. "Capisco la vostra rabbia, ma forse il destino ha altri progetti per voi. Forse dovete incontrare il vostro vero amore per riempire quel vuoto che in realtà sentite dentro." Le parole uscirono prima che potesse fermarle e ne fu agghiacciata. Perche lo aveva detto? Sentì l'uomo accanto a sé irrigidirsi per poi alzarsi e allontanarsi di qualche passo. Chiuse gli occhi, maledicendosi. "Riempire il vuoto." Lo sentì pronunciare. "Avrete anche il corpo di una donna, ma dentro di voi siete ancora una ragazzina che spera ancora nel suo principe azzurro." La accusò. Julia si sentì offesa. "Credo nell'amore perche ho avuto modo di vederlo con i miei occhi. Vostra sorella e il Conte ad esempio." "La loro situazione è del tutto diversa. Quello che hanno vissuto insieme non è da considerare simile ad altre coppie." "I Vostri genitori?" Ribatté, ostinata lei. "Hai preso la coppia sbagliata, Julia." Disse con convinzione l'uomo. "Sì, si sono amati e molto ma cosa ha portato il loro amore? Alla gelosia e l'ira di un pazzo che ha reso la vita di mio padre e di mia sorella un inferno. Stiamo parlando di un uomo che affermava di avere amato mia madre ed è stato proprio quell'amore a uccidere il suo stesso fratello e a frustrare a sangue freddo Cristal ." Lo sentì fermarsi e respirare profondamente, prima di continuare. "L'amore porta a fare delle assurdità, di cui forse non ci rendiamo conto finché è troppo tardi per rimediare. Quando l'odio e l'amore si uniscono insieme, formano un'arma letale a doppio taglio." Julia aveva ascoltato il suo sfogo in un silenzio amareggiato. "Voi non siete come lui, non potete prendere come esempio l'amore malato di quell'uomo." Non poteva credere che lui si sentisse anche solo simile a quel diavolo. Lo vide avvicinarsi alla luce e notò il suo sguardo teso e accigliato, ma vedeva anche la sofferenza nel suo sguardo e una consapevole rassegnazione che la ferì profondamente. "Non mi considerò come lui." Specificò il Duca. " Ma sono consapevole che io non sono più quello di prima, sono successe troppe cose. Rancore e odio invadono il mio animo, come anche il senso di colpa." "Senso di colpa?" Ripeté lei allibita. "Perché? Voi non avete colpa di quel che è successo." Il Duca deviò il suo sguardo, come a non voler incrociarlo con il suo. "Julia voi non sapete niente, te l'ho già detto. In quegli anni di prigione sono successi degli avvenimenti che mi hanno cambiato, profondamente. "

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