Capitolo 14

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"Senti la voce?" chiese Richard all'amico, continuando a mantenere le orecchie aperte e attaccate alle sbarre. "Niente." L'altro imprecò sommessamente. "Tra poco verranno ad aprirci. A quel punto dovremo per forza vederla, nel frattempo ricordati del nostro piano." Richard si scostò dalle sbarre, annuendo. Erano rimasti di sasso quando, giorni fa, due delle guardie avevano trascinato li dentro una donna in lacrime e spaventata, rinchiudendola in una delle celli in fondo al corridoio. Non un giorno, da quando era stata rinchiusa, aveva smesso di piangere chiamando a gran voce il nome, scoperto in seguito, di suo figlio. La consapevolezza di quanto fosse realmente crudele quell'uomo, al punto da rinchiudere una donna lì dentro, lo faceva infuriare ma anche terrorizzare al pensiero di cosa stesse subendo la sua famiglia. Il suono di passi avvicinarsi, lo interruppe dai suoi pensieri macabri. Ricambiò l'occhiata d'intesa dell'amico. Da tempo, ogni qual volta li facevano uscire per ripulirli, riuscivano a prendere qualcosa dal tavolo delle guardie. Era ormai diventato il loro hobby principale, pianificare il tutto fino al giorno prescelto. Arrivò un omone davanti alle loro sbarre. "E' arrivato il momento di darsi una bella pulita, Vostra Grazia." Lo beffeggiò. Richard non si diede neanche la pena di rispondergli e varcò l'uomo insieme a Pierrik, unendosi alla fila che si stava creando di prigionieri. Mentre i soldati, imperiosi, incitavano a camminare, un rumore in fondo al corridoio attirò lo sguardo di Richard. "Cosa succede?" Chiese Pierrik, dietro di lui. L'altro attese un attimo, prima di rispondere. "Nulla, credevo di aver sentito qualcosa. Ma forse mi sono sbagliato." Si avvicinavano sempre di più al tavolo e la tensione aumentava. Erano consapevoli del rischio che correvano, ma arrivati a quel punto valeva la pena di rischiare se fossero riusciti a riempirsi, seppur poco, lo stomaco. Diede un'altra occhiata a Pierrik per confermare che era pronto. Quest'ultimo avrebbe cercato di ottenere l'attenzione su di sé, fingendosi un malore, dando modo a lui di prendere qualcosa dal tavolo senza dare nell'occhio. Ormai erano a pochi passi dal loro obiettivo e i due si prepararono. Pierrik improvvisamente s'inginocchia a terra, cogliendo di sorpresa la guardia vicina. Quest'ultima si avvicina, sospettoso. "Cosa, sta..." La sua voce fu sovrastata da un urlo disperato. Di donna. Veniva dal fondo del corridoio dove una delle guardie stava, in pratica, trascinando fuori una donna che cercava di divincolarsi come poteva. "Lasciatemi!" urlava muovendo le braccia e le gambe, affinché l'uomo mollasse la presa. La guardia però non voleva mollare la presa. "Stai ferma." Gli gridò. Ma lei non lo ascoltò, continuando a divincolarsi e a gridare. Ben presto l'attenzione fu tutta concentrata sul duo e anche se per Richard sarebbe stata un'occasione d'oro, in quel momento la fame era l'ultimo dei suoi pensieri. La guarda riuscì a trascinare la donna di qualche passo, ma con grosse difficoltà, avvicinandosi alla fila dei prigionieri. Molti di loro distolsero lo sguardo, consapevoli di non poter far nulla, altri ancora lanciavano sguardi di commiserazione. Richard sentiva la tensione in tutto il corpo e, senza rendersene conto, fece un passo fuori dalla fila. Pierrik afferrò il suo braccio, trattenendolo in una morsa implacabile. "Non farlo." Fu un bisbiglio ma fu sufficiente a penetrargli in testa, consapevole di non poter fare nulla. La sua tensione aumento ancora di più. "Adesso basta, stai buona e seguimi." Gridò la guardia alla donna. Quest'ultima agitò la testa in segno di diniego. "Non verrò con voi. Lasciatami andare! Avete abbandonato mio figlio, chissà dove, portandomi qui. Devo trovarlo e sapere che sta bene, vi scongiuro." Si gettò sul petto di una guardia, disperata, afferrandogli il bavero. L'altro imprecò. "Stai al tuo posto." Gli urlò per poi colpirla in viso. Questo fu troppo per Richard. Sentì a mal appena la voce di Pierrik chiamarlo mentre lui correva verso la guardia che aveva colpito la donna. Si ritrovò a saltare sul corpo dell'uomo, cadendo entrambi a terra, con Richard sopra di lui a colpirlo sul viso a pugni stretti. Dopo il primo momento di sorpresa, le guardie raggiunsero i due togliendogli di dosso Richard. Lo tennero inginocchiato a terra, poiché l'uomo sembrava aver riacquistato le energie perdute e sembrava pronto a uccidere chiunque. La guardia, sanguinante, si sollevò con l'aiuto del collega per poi toccarsi il viso con la mano, gemendo dal dolore. Non appena vide la mano sanguinante, lanciò uno sguardo furioso a Richard, ricambiato da quest'ultimo. "Come hai osato?" Bisbiglio, inizialmente, l'uomo. Tutti i prigionieri fissavano la scena, inorriditi e spaventati. Pierrik, amareggiato, dovette stare a guardare, non potendo far nulla, in quel caso, per l'amico. La donna fissava la scena con gli occhi sgranati e impauriti, con le mani alle labbra. Richard continuò a fissarlo, non fiatando. "Come hai osato!" Urlò per poi dargli un pugno in pieno volto. Richard non cadde a terra, perché sostenuto dalle guardie ma sentì benissimo la parte colpita pulsare, seguita poco dopo dal sapore metallico del sangue. Lo colpì ancora e ancora, fino a che non riuscì quasi più a percepire i colpi. Gli mancava il respiro, ma per nessuna ragione al mondo avrebbe permesso a loro di sentir un suo solo lamento. Trattenne ammala pena un gemito quando l'uomo, sanguinante come lui, gli afferrò la capigliatura inclinandogli la testa verso il suo viso. "Forse non siamo stati abbastanza chiari." Cominciò la guardia, sotto lo sguardo di tutti. "Se sei qui è perché non sei più nessuno. Non hai più nessuno, dimentica ciò che eri e comincia a ficcarti in testa la verità del perché sei ancora vivo." Il suo sguardo non tralasciava alcuna pietà mentre ogni sua parola entrava nella mente di Richard. "Sei solo una pedina sulla scacchiera, manovrata dal Duca Lucien. Sarà una questione di tempo, prima che ci ordini di falla finita con te." Gli si avvicinò, fino a fargli sentire l'odore del suo sangue. "e quel giorno non sarà mai troppo presto, per me." Improvvisamente mollò la presa. "Lasciatolo andare e occupiamoci della donna." Lo mollarono come un sacco di patate e Richard finì disteso a terra, con un gemito di dolore. "No, vi prego, vi scongiuro, lasciatemi andare. Non dirò niente, per favore." Cercò di persuaderli la donna, disperata mentre gli uomini si avvicinavano a lei. "Sai troppe cose adesso e comunque poco importa. Servi per qualcos'altro." Richard sentì a mal appena la voce della donna, ma ogni suo grido gli squarciava il petto. "Andate tutti nelle vostre celle. Ci avete tolto del tempo prezioso e di certo non ne useremo altro per le vostre abluzioni. E portate via ciò che rimane di quell'uomo." Sputò una guardia, riferendosi a Richard ancora disteso a terra. Pierrik gli andò incontro immediatamente. "Ti sei cacciato in un brutto guaio, amico mio, più brutto di quanto non fosse già." Lo sostenne con un braccio, affinché si sollevasse in ginocchio. Lo sguardo di Richard, anche se appannato, ricadde sulla donna trascinata via dalle guardie. "Dobbiamo aiutarla." Bisbiglio. L'altro scosse con decisione la testa. "Mi dispiace Richard, ma non possiamo fare niente per lei." "Ma non possiamo lasciarla che quei uomini..." Non riuscì a terminare la frase. Quella donna era abbastanza giovane da poter essere sua sorella Crystal. Gli tremarono le mani e gli venne la nausea al solo pensiero di ciò che le avrebbero fatto. "Maledizione, non possiamo lasciarla al suo destino." Cercò d'imporsi, sollevandosi con gambe traballanti. Pierrik, in quel momento con più forza dei due, lo tenne fermo sul posto e lo fisso con sguardo deciso. "Ascoltami! Qui il destino non c'entra per niente. Si tratta di sopravvivenza. Non pensare minimamente che ti lasceranno vivo per la seconda volta." Distolse lo sguardo dal suo, nel momento che un altro grido straziante risuonò per il corridoio. "Se non vuoi farlo per te, fallo per la tua famiglia." Richard lo guardò, riflettendo sulle sue parole. "Ciò vuol dire, che per salvare una vita, dovrò rinunciarne ad un'altra? Questo è incoerente." Pronunciò, amareggiato. Pierrik si mosse verso la loro cella, mentre le guardie ridavano l'ordine, senza dargli più attenzione. "La vita sa essere incoerente e ingiusta. Prima lo imparerai e più facile sarà per te sopravvivere." Richard sentì rimbombare le sue parole per un tempo che parve infinito. Per la prima volta, si rese conto, tutte le parole del padre sulla bontà, lealtà e giustizia, credute giuste, in ogni situazione adesso perdevano il loro valore. Rendendole nulle. E senza rendersene conto, passo dopo passo, si diresse verso la sua cella ma continuando a essere consapevole delle urla di disperazione provenienti da colei che implorano aiuto. La mascella dolorante e le mani strette a pugno, erano l'unica cosa dimostrante di quanto il desiderio di soccorrere la donna, fosse radicale in lui. Ma se voleva salvare la sua famiglia, avrebbe dovuto rinunciare ai suoi principi, e questo voleva dire anche rinunciare ad una vita. Mentre le sbarre lo chiudevano dentro la cella, l'ultimo urlo disperato della donna entrò nella sue testa, diventando parte di lui. "Perché?"

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