La luce fioca infastidì le palpebre chiuse della bambina che giaceva incosciente sul pavimento, il lieve fastidio fece in modo che riprese lentamente conoscenza.
Aprì gli occhi e si accorse subito di essere in un luogo nuovo e sconosciuto, perciò presa dal terrore spalancò gli occhi e alzò velocemente la testa provocando un leggero giramento che le durò per qualche secondo.
Dopodiché sbattè più volte le palpebre per snebbiare l'alone blu che stava al centro di qualsiasi cosa su cui poneva lo sguardo. Una volta recuperata una visione limpida e chiara, realizzò nuovamente di trovarsi in un posto mai visto prima, in una stanzetta oscura dove l'unica luce viva erano i raggi di sole che penetravano da una piccola finestrina a bilico.
Si guardò attorno confusa, non ricordava di esserci arrivata di sua spontanea volontà, né di aver varcato in modo consono la porta di fronte a lei.
Dal leggero freddo che sentì sulle dita dei piedi si accorse di essere scalza, infatti non portava più le sue calze nere addosso, né lo zainetto di scuola. Cercò di capire dove si trovasse girando lo sguardo ovunque nonostante la stanza fosse poco illuminata, finché d'un tratto udì il rumore di una maniglia arrugginita agitarsi. Si voltò verso la direzione da cui provenì il rumore e accompagnò con timore il movimento della maniglia che si abbassava, con un nodo alla gola attese con ansia l'apertura di quella porta.
Quando questa si aprì lemme lemme emettendo un lieve gemito angosciante, la pelle chiara della piccola si rivestì di brividi. Una figura alta e tetra stava in piedi alle spalle un luminoso arco di luce che lo faceva apparire divinamente spaventoso, Meredith rimase incantata a fissare con titubanza quell'uomo senza dir nulla.
L'ombra dell'uomo distesa sul pavimento eclissava il piccolo corpo minuto della bambina al centro della stanza, lei lo guardava e si sentiva oppressa e schiacciata da quella sagoma scura.
E mentre ammirava la corporatura alta e snella dell'uomo con curiosità e rassegnazione, l'occhio le cadde alla porta dietro di lui completamente spalancata.
Avrebbe potuto fare uno scatto evitando di farsi prendere e scappare via senza neppure domandarsi dove fosse e che cosa si facesse lì, quello lo avrebbe meditato durante la fuga.
Ma l'uomo lesse il pensiero della piccola mediante il suo sguardo lesto e pensieroso.
Meredith guardò dritto in faccia per qualche secondo l'uomo, nel mentre iniziava a posizionare la gamba in una posa adatta per uno scatto veloce, poi senza esitare si fiondò fuori da quella porta sfiorandolo di un pelo.L'uomo non fece nulla per fermare la bambina in fuga e questo la terrorizzò ancor di più, uscita dalla stanza si trovò al centro di un corridoio con due direzioni.
Meredith guardò entrambe le vie e prese quella che portava dritta a una porta da cui sotto fioriva la luce, alla vista di quello spago luminoso prese una bella rincorsa e con la gioia negli occhi si schiantò contro la porta con tutto il suo peso.
Portò la mano sulla maniglia e senza attendere nulla l'abbassò, ma il verso metallico e petulante strappò in due il suo cuore.Continuò ad abbassare la maniglia pur sapendo che quell'azione fosse vana, la porta era chiusa e nella serratura non era presente la chiave.
Disperata e impaurita per le conseguenze del suo gesto, si accovacciò su se stessa e cominciò a piangere.
In tutto questo, l'uomo, che aveva assistito al tentativo di fuga della piccola, le si avvicinò con passo lento e silenzioso.
«Shh...»Si chinò e la raccolse in un abbraccio.
«Non piangere» disse con tono dolce e sereno.
«Voglio andare a casa» Rispose con la voce strozzata dalla tristezza, seguita da continui singhiozzi.
I suoi occhi erano rossi e torridi di lacrime. «Ma tu sei già a casa, Meredith»
Disse dolcemente affondando le sue dita tra i capelli che ornavano il volto sconvolto e sorpreso della bambina, la quale sentendo il suo nome pronunciato da lui, rimase di pietra. L'uomo sollevò in braccio la bambina e la riportò nella stanza da cui era scappata, e durante la breve camminata, Meredith pensò a cosa sarebbe potuto accadere se si fosse dimenata tra le sue braccia, tuttavia la paura di scoprirlo venne nutrita dalla corporatura di colui che la teneva in braccio. Egli anche se esile, non avrebbe avuto problemi nel farle del male.
Riportata nella stanza la posò delicatamente a terra come qualcosa di prezioso e fragile, poi si alzò e si avviò verso la porta chiudendola a chiave, lasciando Meredith in compagnia della sua paura.Aveva appena fallito in un atto di fuga, ma era decisa a provarci un'altra volta.
Cominciò a cercare una via di uscita scorrendo i palmi delle mani sulle pareti sperando di trovare la mattonella giusta che avrebbe aperto un passaggio segreto o delle scale a chiocciola sotterranee, proprio come nei film di avventura che si guardava il Sabato.
Ma purtroppo dopo aver passato le mani su ogni angolo delle pareti, Meredith non trovò nulla se non piccole crepe, tutto ciò che ricavò dalla ricerca fu un paio di mani sporche di polvere e qualche piccola soddisfazione per aver passato le mani su quelle mura lisce e fresche.
Alzò gli occhi ai raggi di sole che varcavano dalla finestrella a bilico e pensò di usare la sua voce per chiedere auto.«Aiuto! C'è qualcuno?»
Dopo la prima chiamata restò per un breve paio di secondi in silenzio per accertarsi che l'uomo non l'avesse sentita, dopodiché riprese.
«Aiuto! Aiutatemi!»
Dopo numerose chiamate di soccorso si rese conto che l'unica voce a rispondere era il suo stesso eco, ma naturalmente affinché la finestrina era chiusa nessuno poteva sertirla.
Disperata e preda alle fauci del panico, si mise di fronte alla porta e iniziò in lacrime a implorare.«Voglio andare a casa! Apri la porta per favore ho paura!»
Sferrò pugni e calci contro la porta «Ti scongiuro voglio andare a casa!»
Dopo un po' finalmente sentì qualcuno avvicinarsi alla porta, ed entusiasta pensò che l'uomo l'avesse ascoltata, ma la visione di libertà che ebbe per attimi le svanì davanti dopo che sentì la voce dell'uomo seguita da tre percosse sulla porta.«Smettila!»
Quei colpi fecero sobbalzare la bambina, che terrorizzata indietreggiò fino a rifugiarsi nell'angolo della stanzetta.
Vedeva ancora la sua ombra da sotto la porta ma dopo pochi secondi si allontanò.
Continuò a singhiozzare, era come se la paura la stesse divorando da dentro come un ratto che rosica un tozzo di formaggio. Il suo petto sobbalzava a ogni singhiozzo che tentava di trattenere, cercò di non scoppiare a piangere e anche se voleva ancora chiamare aiuto tenne la bocca chiusa.
Mentre respirava con affanno udì da lontano una sequenza di passi, un tonfo dopo l'altro si avvicinava sempre di più verso la porta.
Spaventata dall'idea che quell'uomo fosse tornato per farle del male, raccolse le ginocchia al petto e attese l'entrata dell'uomo con timore.La chiave entrò nella serratura della porta, la maniglia si abbassò e con una leggera spinta di mano l'uomo spalancò la porta gettando luce nella stanza.
Meredith lo guardò incuriosita dal cuscino che reggeva in mano e dalla copertina che teneva piegata sulla spalla destra, entrambi gli oggetti li gettò ai piedi scalzi della bambina e senza dire nulla si avviò verso la porta.
«Posso andare a casa?»
Chiese Meredith prima che l'uomo varcasse l'uscio della porta, ovviamente non era sorpreso da quelle parole ma non sapeva come rispondere. Restò di spalle contro la luce del corridoio lasciando per qualche secondo Meredith sospesa senza risposta, poi si voltò e la bimba ora che aveva la sua attenzione cercò di apparire il più compassionevole possibile, intrecciando le dita come in preghiera e intenerendo gli occhi.
L'uomo rispose con la stessa risposta di prima, usando stesso tono e sfumatura.Poi si voltò e chiuse la porta.
Meredith ne aveva ricevuti molti da sua madre di "no", ma il "no" pronunciato da quell'uomo senza nome era diverso da tutti gli altri, quella risposta negativa era come una freccia inaspettata scoccata dalla sua lingua e adesso l'era rimasta conficcata nel cuore.
Piangere con le ginocchia raccolte al petto e sperare, erano le uniche cose che poteva fare in quel momento in quella stanza morta e vuota. Presto il sole sarebbe calato assieme ai suoi raggi che tutt'ora tenevano in vita la stanza.
Meredith guardò la coperta e il cuscino che quell'uomo le aveva lasciato e realizzò la loro utilità, quella notte l'avrebbe passata là.
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seVen Years
غموض / إثارةÈ il 12 aprile del 2007, quando Meredith Ford viene rapita da un misterioso uomo di nome Allan White. la sua prigionia durerà per sette lunghi anni e questa, se hai il piacere di leggerla e patire insieme alla vittima, è la sua storia... 🚫VI PREGO...