Perché piangi?

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Era sera, verso le otto e un quarto, quando Gennaro tornava a casa dalle lezioni di chitarra.
Passava sempre per quella strada, dato che era la via più veloce per arrivare a casa.
Solitamente aveva le cuffie nelle orecchie e la musica al massimo, per isolarsi dal mondo e dimenticarsi di tutto per un momento.
Ma quella sera per sfortuna (o fortuna) le aveva dimenticate da qualche parte, così gli toccò fare il tragitto a piedi ascoltando solo il rumore dei suoi pensieri.
Ad un certo punto sentì qualcuno singhiozzare.
Si fermò un attimo e ragionò su quello che avrebbe dovuto fare.
Fregarsene e continuare a camminare o voltare l'angolo e aiutare questa persona?
Nonostante il suo altissimo livello di egoismo lo tentava di fare finta di niente, non aveva voglia di tornare a casa, perché avrebbe sentito solo insulti e scenate.
Decise di scoprire da dove provenisse quel pianto soffocato, così girò l'angolo, e trovò una figura rannicchiata contro il muro.
Nonostante fosse buio, riuscì a capire che era un ragazzo, con il naso tra le ginocchia e le mani sopra la nuca.
Avvicinandosi, il ragazzo si accorse della presenza di Gennaro, il quale si fermò aspettando la reazione dell'altro.
Quest'ultimo alzò la testa, guardò per pochi secondi Gennaro e tornò alla posizione precedente.
Gennaro non sapeva bene chi fosse quel ragazzo, l'aveva visto qualche volta per i corridoi ma non conosceva neppure il suo nome.
Decise di sedersi accanto a lui e circondargli le spalle con un braccio.
"Perché piangi?" gli chiese sussurrando.
"Perché ti interessa? Non sai neanche come mi chiamo."
"Beh allora presentiamoci. Io sono Gennaro, tu?"
"Alex." Rispose secco abbassando di nuovo la testa.
Ci furono pochi secondi di silenzio.
"Ne vuoi parlare?" Chiese Gennaro, alzando un po' la voce rispetto a prima.
Non ottenne risposta.
Sospirò rassegnato, poi chiese
"Posso fare qualcosa per te?"
"Puoi far resuscitare mia madre?"
Alex si girò verso di lui e lo guardo fisso, con gli occhi rossi e gonfi.
Gennaro era sorpreso, non si aspettava una domanda del genere.
Alzò le sopracciglia, poi serrò le labbra e abbassò leggermente lo sguardo.
"Allora baciami."
Gennaro era ancora più sorpreso di prima, ma non poteva dire di no a una persona che stava soffrendo così tanto, quindi lo accontentò.
Gli prese il mento con il pollice, e avvicinò il viso di Alex al suo, poi lo baciò.
Fu un bacio lungo e triste.
Alex piangeva, piangeva e non smetteva.
Si staccarono lentamente.
Gennaro vide il viso del ragazzo rigato da numerose lacrime, così gli sorrise e lo strinse nelle sue braccia.
Lo abbracció forte, così forte che Alex si sentiva al sicuro.
Ad un tratto Alex si alzò e così anche Gennaro.
"Grazie, davvero." Gli sussurrò mentre lo abbracciava, e prima che Gennaro potesse rispondere Alex era già corso via.
Ognuno tornò a casa sua.
Alex dopo qualche giorno si trasferì con suo padre e i suoi fratelli in una città lontana, per dimenticare il passato e ricominciare a vivere.
Non si rividero più.
Non sapevano come contattarsi, non sapevano neanche i rispettivi cognomi.
Semplicemente vivevano l'uno nella memoria dell'altro.

Ma il caso volle che un giorno Gennaro si stancó della sua famiglia, e scappò.
Scelse una città a caso sulla cartina dell'Italia.
Il caso volle che in quella città, anni prima, si trasferí una famiglia che aveva appena perso la madre.
E il caso volle che quando i due ragazzi si trovarono uno di fronte all'altro, rimasero lì a guardarsi negli occhi.
Senza dire una parola.

Darkness In Your Mind||Gennex OSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora