Ritrovarsi

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Toma non era riuscito a resistere. Nonostante le sue promesse fin troppo belle per essere reali, dovette  andarsene, non per sua scelta.
I vari problemi legali lo costrinsero a  svolgere un certo numero di lavori sociali e di conseguenza dovette trasferirsi in un paesino di montagna,distante 320 km da Roma.
All'inizio fui a pezzi, specialmente il primo mese.
Ero abituata a lui, alla sua presenza, al suo profumo... La sua assenza in casa era sempre più angosciante.
Soffrivo molto di depressione, ma non lo davo a vedere. Dovevo essere forte, perché Toma non aveva nemmeno la forza di continuare a vivere.
Non avevo nessuno, soltanto me stessa.
Poi arrivò l'estate e smisi di autocommiserarmi.
Iniziai a ridurre gli antidepressivi e decisi che un ritorno alle origini fosse la scelta più sana per ricominciare a respirare.
A Toma avevo accennato qualcosa, ma non ne fu molto contento. Aveva una paura matta, paura che se la distanza fosse aumentata io mi sarei ancor più dimenticata di lui.
Gli spiegai che i chilometri non contano quando due persone sono vicine con il cuore, perciò iniziò a tranquillizzarsi.
Lo ammetto, questo mio ritorno faceva paura.
Non volevo incontrare determinate persone, mi correggo, non potevo incontrare determinate persone.
Se le avessi incontrate in queste mie condizioni mentali non mi sarei di certo contenuta, ma ciò non mi preoccupava più di tanto.
La mattina seguente ero già in partenza per Rocca, il mio paese natio.
Il viaggio fu lungo, ma ricco di speranza.
Ero estasiata dall'idea di rincontrare i miei vecchi amici.
Mi mancava il mare, l'odore della salsedine e l'alba.
Vi starete chiedendo: ma l'alba non è visibile da ogni parte del mondo?
Certamente, ma con emozioni diverse.

Present
A Roma vedevo l'Alba ogni domenica, ma potevo solo provare il piacere del relax.

Past
A Rocca avevo visto l'Alba molte volte, ma solo una volta mi fece emozionare.
Era notte fonda quando stavo per tornare a casa, ma Alec mi fermò e mi fece una richiesta assurda: <<Vieni a guardare l'alba con me!>>
Non esitai a dire di si.
Andammo giù al molo dove tutto il paese appariva solitario, ma dannatamente bello.
Si potevano notare due o tre pescatori che sistemavano la propria barca per la pesca mattutina.
Ci sdraiammo sulla grande passerella di legno ancora umidiccia e osservammo le poche stelle rimanenti.
<< Cosa ti piace delle stelle? >>
Sussurrò Alec.
<< Che sono incalcolabili, ma c'è sempre una stella che brilla più delle altre.>>
<< Sash, potresti essere tu quella stella.>>
<< In che senso potrei?>>
<< Che lo sei, ma non ti vorrei mai dare una tale certezza. >>
<< Tu sei strano.>>
<< Manca poco all'alba.>>
<< Non ho ancora compreso tutta questa voglia di guardarla insieme a me.>>
<< Perché mi andava, stanotte, stamattina mi andava.>>
Disse accendendosi una sigaretta.
<< Lasciami mezza.>>
<< Okay, Sash.>>
<< Ci siamo.>>
Sussurrò.
<< A cosa?>>
<< Guarda il cielo.>>
Mi voltai e vidi il cielo diventare la tavolozza di un pittore distratto.
Era di tante tonalità diverse: rosso, giallo, violetto e celeste chiarissimo.
<< A cosa pensi Sash?.>>
<< Penso che non ho mai visto un'alba così bella.>>
<< Dipende tutto da dove e con chi la guardi.>>
<< Non l'ho mai pensato. >>
<< Non fate mai caso alle cose che succedono ogni giorno.>>
I nostri occhi erano troppo vicini.
<< Parli proprio tu, stronzo.>>
<< Penso che sia ora di andare>>
<< Lo penso anch'io.>>

Present
Erano anni che non mi meravigliavo alla vista dell'alba.
Arrivata a Rocca andai subito da Mad, una delle poche amiche di cui mi fido, anzi forse l'unica.
Era cambiata persino lei.
Al posto dei normali capelli castani aveva dei lunghi rasta scuri e la sua pelle era decorata da splendidi Tattoo.
<< Hey ti vedo in forma!>>
<< Anche tu non scherzi! Rasta girl!>>
Sorridemmo.
Era da tanto, troppo tempo che non emettevo una risata sincera.
<< Andiamo a fare un giro, voglio vedere la mia stazione>>

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