Storia #1 - Il tesoro del tunnel di seta

35 1 0
                                    

I

Ticchettii. Ticchettii rapidi, ma incerti, come quelli che fanno le prime gocce di pioggia. Eppure sempre più rapidi, come se l'emanatore imparasse a velocità sorprendente, e si migliorasse di volta in volta. Avanzava, e retrocedeva per correggere un piccolo sbaglio.
La casa era buia, immersa nel silenzio del vento impetuoso, che sovrastava ogni cosa, rendendola debole e ignota, perfetto clima per una sera del genere. Il salotto giaceva, totalmente in quiete, se non per lo sbattere delle persiane e dei rametti ondeggianti tra le onde eteree, così inermi da passarci attraverso, così potenti da strapparli al loro albero per far danzare loro l'ultimo valzer prima di cadere, bruni, e morti. La porta verso la cantina era aperta. Un artiglio tirò un filo, facendo sollevare dalla cucina una caraffa, che si riversò in una tazza. Un altro filo, e la fiamma si spense. Un terzo, e la tazza scivolò lentamente nel seminterrato, atterrando di fianco all'essere, che non la degnò di uno sguardo. La caffeina la rendeva ubriaca.
Il ticchettio si arrestò. Così, sospeso in aria. La pioggia di ossa contro la tastiera, di cui ogni tasto era ricoperto da una lamina metallica, si fermò. L'essere abominevole infilò il dito di scimmia lungo il suo artiglio acuminato, e lo usò per scorrere la mail. Saltò i convenevoli, le interessava solo di non aver dimenticato nulla. Scrisse solo poche altre righe in fondo alla pagina.
"Fai di questa storia ciò che vuoi. Non so, rendila un racconto, una poesia, un fumetto, un film. Ora è tutto nelle tue mani. La cosa più orribile che possa fare per quella persona, è lasciare che il tempo ne corroda la memoria. Fai qualcosa per renderlo eterno. Qualsiasi cosa. Anche perché, finché c'è internet, lui ci sarà. Anche se la memoria degli uomini svanirà. Finché c'è internet, la sua storia, la mia storia non verrà mai dimenticata."
Devo ancora capire perché nelle mail non c'è la conferma dell'invio. Basta premere "invia", e la mail è inviata. Non la si può fermare, non si può richiamare il postino cibernetico, lui è già sparito. Soffermarsi serve per ragionare, pensare, fa usare il cervello, nonostante sia una noia. E poi, le avrebbe tolto il dispiacere di scrivere una seconda mail, di lì a breve. Ma forse è meglio così, non facciamo spoiler. Ci vuole un cornetto di cialda, per poter assaporare la marmellata.

II

Gli occhi neri baluginarono nella mattina estiva, nascosti dalla fronde dei pini verdeggianti di nuovi e freschi aghi, capaci di nascondere perfino un corpo senza armonia come il suo. Il povero capriolo paralizzato non poteva fare altro che fissare il vuoto, mentre gli artigli nerastri tranciavano la carne e le ossa, squartandoli in un gesto con la facilità che nemmeno la più affilata della mannaie può avere. L'essere terrificante preparò la buca, non voleva che nessuno trovasse le ossa spolpate e succhiate, avrebbero solo alzato sospetti. E il midollo l'aveva ormai stufata, non ne poteva più. Al diavolo la segretezza! Senza un po' di rischio, una vita procede bigia e monotona, e dopo un po' crolla sotto il peso della sua stessa infelicità!
Un ramo spezzato la riportò alla realtà della sua vita in incognito.
I sensi della bestia si acuminarono di colpo, come un cacciatore che abbia sentito avvicinarsi l'orso. Gli occhi cristallini si voltarono verso la creatura, sperando in una povera bestia inerme al suo veleno. Non era così.
Che ci faceva un essere umano in un bosco sperduto del Trentino? E si capiva che non era di qui! Era troppo grasso, i polpacci oscillavano senza ritegno al di sotto dei pantaloncini, e il sudore colava copioso da sotto il cappello di paglia, per non parlare del libretto su cui scriveva freneticamente, e da cui non alzava mai gli occhi. Il mostro non aveva mai mangiato un essere umano. Aveva paura di toccare la carne di una creatura intelligente quanto lei, se non di più. Ma avrebbe comunque fatto una cena deliziosa.
Il ragazzo non si accorse di nulla. La bestia si avvicinò, usando la peluria delle zampe per avvicinarsi silente. Aprì le braccia attorno a lui, come a voler bloccare una sua possibile fuga. La bocca si aprì, e poi la mascella, con un rumore di ossa spezzate. Ma l'umano non lo sentì. Aveva iniziato a parlare, no, a declamare. L'umano era un poeta, un ragazzo sui venticinque anni, e aveva appena scritto una poesia sulla natura. Una poesia vibrante di sensazioni, di coraggio, di intensità d'animo, e di accuse verso compagni che cercavano solo la comodità nella propria vita, e per questo condannavano la vita degli altri a seccarsi e perire.
Le zanne si bloccarono a pochi millimetri dal collo. La creatura era come fossilizzata, colpita nel cuore dalla soave armonia di quelle parole che sembravano accostate a caso, prive di senso ma insieme congiunte in una danza leggendaria, capace di spiegare quanto di attirare attenzione. Era la prima volta che il cuore umano vinceva sull'istinto della belva. Era la prima volta che la creatura rinunciava a porre fine alla vita del suo cibo. Era la prima volta che l'alito bollente della bestia, sempre represso per non farsi scoprire, si posava su qualcosa di vivo, e che questo qualcosa si voltasse ad osservarla.
L'umano fece un passo indietro. Gli occhiali da sole di alzarono verso gli occhi cristallini, mostrando all'essere sbalordito i suoi occhi, brillanti di sentimento. La fissava. Ma non aveva disgusto, né paura... solo... curiosità. La curiosità, che aveva spinto l'uomo a essere ciò che era, e che l'aveva portato sulla strada della distruzione, per la brama di sapere. Ma la sua curiosità era innocente, volta solo a scoprire ciò che può essere osservato, senza bisogno di distruggerlo per sapere sempre di più.
Poche parole sgorgarono dalla bocca di quel bizzarro ragazzo: -Rispondimi solo agitando la testa, ok?
La creatura annuì.
-Sei reale?
La creatura annuì.
-Bene, allora la birra non c'entra niente... dunque... con chi ho il piacere di parlare, madame aracnide?- chiese di nuovo, levandosi il cappello e inchinandosi al suo cospetto.
La creatura emise un risolino. -Sono almeno cinquant'anni che la gente non si esprime così, sai? E comunque preferisco il termine "dridder".
-Se è per questo, saranno millenni che un uomo vede una ragazza ragno. Potrei almeno chiederti di... sai com'è... metterti qualcosa addosso?
-In... che senso, scusa?

Dodici Dialoghi di Uomini e MostriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora