Storia #8 - L'incoerenza della violenza

5 0 0
                                    

N.d.A., messa all'inizio perché Wattpad non supporta le note a piè di pagina (credo): questa storia parla di rapimenti e violenza a fin di bene. NON PROVATECI. La letteratura ha a volte un potere suggestivo, ma voi non osate provare a fare quanto qui descritto. Sbagliereste, e capirete perché. Inoltre, questa è una situazione puramente ideale. Nella vita reale, nulla di tutto ciò potrebbe accadere.

-Quindi... hai portato... uh... un po' di persone...
-È dovere di ogni maestro portare la sua classe in gita, non ti pare?
-Sì... sì... ma, intendo dire, perché? Non li potevi lasciare nella scuola con qualche scusa, o...
-Sono sotto la mia ala protettrice. Vuoi sapere come?
-Oh, sì, certo, tanto non sono per niente stanco di aver scritto sette storie nell'arco di una giornata, eh!- bofonchiò lo scrittore, fissando gli occhi giallognoli, come cercando una qualche via di fuga. -Però dopo questa giuro che vado a dormire...

I

Il ragazzo si sedette al suo posto. Gracile, timido, introverso. Ogni volta che i ragazzi uscivano per fare intervallo, o per tornare a casa, lui se ne stava in disparte, fissando l'asfalto, incamminandosi verso la casa in cui l'aspettavano genitori che non si erano mai visti.
I tredicenni che c'erano intorno ridevano e scherzavano, si davano pacche sulla schiena e poi scappavano via. E alcuni sghignazzavano, fissandolo.
Questa storia però non parla di lui. Parla di una banda di altri ragazzi, i pantaloni abbassati, il cavallo quasi tra le ginocchia. Berretti al rovescio, capelli tagliati fino a pochi centimetri, magliette firmate, felpe e catene. I classici sbarbatelli di quartiere, figli di una vita di immagini. Tra di loro, il nostro primo protagonista: era il capo della banda, più alto e muscoloso dei compagni, che si divertiva a copiare le verifiche e a ricattare i compagni. Il maestro certo lo sapeva, ma non poteva fare nulla. Era tuttavia l'ultimo anno delle scuole medie. Sapevano che non avrebbero potuto copiare all'esame finale, così come sapevano che servivano i voti ottenuti a forza per ottenere ciò che volevano dai genitori disinteressati.
Così corsero da lui.
Per tre anni, perfino i bulletti l'avevano lasciato in disparte, perfino loro avevano evitato di avvicinarsi con il loro lezzo della prima droga e del primo fumo. Ma ora era diverso. Serviva qualcuno di insospettabile, qualcuno che riuscisse a distrarre i maestri che li scrutavano per poter ottenere ciò che serviva loro. Lui era perfetto. Così solo, pieno di paure e di tristezza. Che ci sarebbe voluto a creare una paura ancora più grande delle altre che aveva, per costringerlo così all'obbedienza?

II

Il maestro si sedette alla cattedra, aprendo il registro e iniziando l'appello. Tutti uno dopo l'altro risposero, chi alzando la mano, chi annuendo mentre fissava il primo cellulare già pieno di app. Fu la volta del timido. Alzò prontamente la mano fasciata.
Il maestro iniziò la lezione, occasionalmente interrotto dalle barche a motore che correvano lungo il canale sotto la finestra. Aveva più volte cercato di convincere il preside a evitare di usare quelle classi, il canale che correva per chilometri fino a sfociare nella laguna veneta era sempre affollato di motobarche che correvano per giornate di divertimento, ma ovviamente lui se n'era infischiato.
-E così si eseguono le equazioni di secondo grado. Tutto chiaro?- concluse, voltandosi verso la classe. Ovviamente, solo in pochi annuirono, la maggior parte segretamente si scambiava carte da gioco, o si raccontava sottovoce di quanto i suoi genitori fossero idioti.
Il maestro sospirò. Che poteva farci, in fondo? Nulla. Aveva già provato più e più volte a fermarli, ovviamente sempre senza successo. Alla fine era del tutto inutile. Certo, si poteva provare a influenzare i voti... ma le verifiche erano sempre perfette, e se venivano trovati con cellulari o a copiare, subito i genitori accorrevano dal preside, e il preside contando i suoi soldi redarguiva pesantemente il maestro. Era la classe migliore della scuola, in fondo. A che serviva peggiorare la loro reputazione?
La campanella suonò. I ragazzini subito corsero all'esterno della classe, cercando di raggiungere il prima possibile la zona del cancello vicina al bosco, dove i malintenzionati potevano vendere loro le cose peggiori che portavano. Gli unici che non scattavano erano i più intelligenti, e ovviamente il ragazzo timido. Ma questa volta, anche la Banda era rimasta. Subito aveva circondato il bambino, iniziando a fare domande, incredibilmente gentili nel loro porsi.
Il maestro accennò un sorriso, contemporaneamente colpito e preoccupato. Raccolse le sue cose, il più lentamente possibile. Lasciò l'aula, quasi strisciando i piedi, sperando che l'attrito lo fermasse.
Un coltello strisciò lentamente sulle bende della mano.

Dodici Dialoghi di Uomini e MostriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora