Storia #7 - Meno dighe, più bighe

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-E voi siete...?
-Dei tizi con dei blocchi di metallo sul corpo- commentò l'umano, lasciando che la gamba di ferro sprofondasse nell'acqua. -E tu?
-Beh, io sono uno scrittore... un'artista dell'inchiostro, no?
-Ah, artista... e dire che da quando ho incontrato questo essere immondo che mi accompagna pensavo di non usare più questa parola.
-Oh... sembra il momento di una storia interessante, dunque!

I

Giorno 1

Diario di viaggio di un critico d'arte.
Sono passati dodici giorni da quando il signor Z. è venuto a darmi le istruzioni del lavoro che devo fare. Ho avuto tempo di organizzare la mia squadra, e di arruolare un paio di speleologi. Non c'è nulla che ci può fermare ora.

Giorno 2

Contrariamente a come avevo scelto in precedenza, riempirò questo diario in dettaglio. L'oscurità non mi è mai piaciuta, figuriamoci addentrarsi in un cunicolo buio! In ogni caso, il lavoro che il signor Z. mi ha chiesto di fare è molto semplice: entrare in un cunicolo scoperto di recente in un'area appena ristrutturata di Pompei. Per qualche ragione, il team del signor Z. non ha fatto parola della notizia con i giornali, né ha avuto il permesso di mostrare il passaggio all'infuori di me. Mi sembra ovvio il motivo tuttavia: tombaroli. Ho creato una squadra di tombaroli.

Giorno 3

Un completo disastro! Ecco che cosa ho creato, solo un completo disastro! La gente con cui viaggiavo è morta come abbiamo messo piede nel passaggio, che ci ha inglobato come una conchiglia fa con la sua perla. Sto procedendo da solo nel lungo cunicolo, gli zaini di tutti i miei compagni sul carrello con cui avremmo dovuto portare via gli oggetti di valore. Riuscirò a fuggire da questo luogo? Riuscirò a lasciarmi dietro il lezzo di sangue e morte?

Giorno 4

Una frana mi ha bloccato la gamba. Sono perduto. A chiunque legga questo libretto, scappa! Non ti addentrare in questi cunicoli, non ne uscirai vivo! C'è qualcosa... qualcosa che non vuole essere disturbato. Il mio unico pentimento, oramai... è non avere mai visto l'arte che di sicuro si cela qui.

II

Il mondo si aprì ad arco sopra gli occhi del critico, mentre una goccia d'acqua gli cadeva sulla fronte. Umidità, pace e fame. Furono questi i sentimenti che lo colsero al risveglio, mentre si forzava ad alzarsi. Fame, perché sembrava che non mangiasse da giorni. Umidità, per l'acqua che colava sul suo viso. Pace, perché la sua gamba non lanciava segnali di dolore.
Tutt'altro, sentiva come il bisogno di grattarsela, come se centinaia di termiti ci avessero fatto il nido. Ma non erano termiti. Era semplicemente la sindrome dell'arto fantasma.
Come stupito, il critico fissò la sua gamba sinistra, riluccicante di metallo dal ginocchio in giù. Sforzandosi di mentire a sé stesso, alzò la gamba, constatando la leggerezza del metallo, e toccandola più volte. Non ci riuscì. Era proprio una gamba di metallo.
Il critico, passato lo stupore, finalmente alzò lo sguardo da sé stesso, concentrandolo sull'ambiente. Si trovava in una nicchia di roccia, disteso sopra la polvere nerastra di qualche residuo di carbone, su cui era stata stesa una stuoia. La luce era diffusa, proveniente da una parete trasparente e riluccicante. Si rese anche conto che faceva un caldo boia, e che l'ossigeno sembrava mancare.
Poi finalmente capì.
-Che ci faccio sotto il Vesuvio...?- sussurrò, guardandosi intorno.
-Vivi- rispose la voce del suo salvatore.
Il critico si rese infine conto dei suoni. Metallo contro metallo, colpi che sembravano di un battipanni contro una ringhiera, e ancora metallo contro metallo.
Capendo di non riuscire ad alzarsi, il critico strisciò a fatica sul pavimento, la gamba morta più utile di quanto si fosse aspettato, raggiungendo infine il varco.
E rimanendo allibito, di nuovo.
Lì, tra uno spruzzo di fiamme e un riflesso di metallo, un nano dotato di una coda piatta, e grossi artigli attaccati sulle braccia, lavorava incessantemente su un blocco di metallo riscaldato. Le sue mani tozze, dotate solo di due dita che usava per manovrare i movimenti degli strumenti montati sugli uncini, la bocca sottile e dai denti acuminati, il pelo ispido e del tutto inumano, la pelle macchiata di grossi tumori benigni.
-Efesto...- sussurrò il critico, allibito.
-No- rispose lui, continuando il suo lavoro.
-Ma allora... cosa sei?- chiese il critico, osservandolo.
-Castoro- rispose di nuovo l'essere, colpendo con la coda il lato del cubotto di metallo a cui stava lavorando.
-Oh... e la tua diga dov'è...?- chiese il critico, non credendo alle sue parole.
-Eruzione. Plinio- rispose lui, colpendo di nuovo.
-Cioè... tu c'eri quando Pompei...
-Zitto- rispose lui, tirando una leva, e lasciando che l'acqua fluisse sul blocco, raffreddandolo istantaneamente. -Lavoro.
Il critico lo osservò avvicinarsi, minaccioso. Cercò quasi di indietreggiare, ma il mostro fu più svelto, afferrandolo e sollevandolo.
-Gamba. Bene- continuò il castoro, esaminandolo.
-Sei tu che mi hai salvato...? E che... mi hai costruito la gamba...?
-Zitto- ripeté il castoro, lasciandolo cadere in piedi. -Riposo.
-Devo riposare...? Ma... almeno spiegami chi sei!
-Artista- rispose lui.

Dodici Dialoghi di Uomini e MostriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora