Storia #4 - Il rettilario delle consolazioni

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-Quindi... sei straniero?- chiese il poeta, guardando il suo interlocutore.
-Non solo, sono anche... come posso dirti... extra...
-Sì, tranquillo, non serve che mi spieghi. Plitia mi ha già dato delle informazioni sui nostri amici mostri che ho incontrato a queste terme.
-Quindi sai già che sono alieni?
-Ovvio, per chi mi prendi? E so anche che ben poche specie di semi-umani, come le lamia, sono originarie di questo pianeta. Si potrebbe dire che quello che sembra più umano è il mostro, e viceversa, nel tuo caso.
-Già... ma il mio pianeta è molto simile al vostro, sia come sviluppo che come configurazione politica. Quindi, sì, io sono più umano della vermicella che mi striscia a fianco.
-Capisco... quindi... vuoi raccontarmi la tua storia?
-Se ti va di ascoltarla- rispose lui, stringendosi nelle spalle.

I

I vagiti di un bambino scossero le vetrate piombate della villa, facendo accorrere un uomo stretto nei suoi vestiti eleganti, perfetto nella sua postura e nel suo portamento. Questi appoggiò le sue mani sulle cameriere, scostandole, per gettare uno sguardo al letto della moglie, esausta. Gli occhi del piccolo e del padre si incrociarono per la prima volta. Purtroppo, anche per l'ultima. Il bambino alzò il suo esile braccino, come a voler trattenere l'uomo presso di sé, ma lui si limitò a sbuffare, per poi voltargli le spalle, ed incamminarsi fuori dalla camera. La madre invece lo abbandonò tra le mani della nutrice, mentre allungava la mano verso la sua veste, e si faceva forza per alzarsi.
Una folta oscurità avvolse il piccolo. Appena nato, appena solo.

II

I vagiti di una bambina fecero rizzare le code degli uomini-serpente attorno alla capanna, mentre la lamia, la donna-serpente di terra, all'interno sorrideva, osservando le lacrime della nascitura. La coda del padre si avvolse attorno alla moglie, mentre la sua mano calava ad accarezzare la guancia della piccola. Tuttavia, essa cadde subito dopo, andando a raggiungere una pozza di liquido rossastro. Lo stesso successe per la madre, che si accasciò di schiena, facendo cadere la piccola nella polvere. Tutto attorno a lei, schiamazzi e grida, carne lacerata dei bracconieri, e scariche elettriche per stordire i sopravvissuti del villaggio. La piccola strisciò debolmente, per avvolgersi attorno al braccio della madre, ancora pulsante di lieve calore. Ma i bracconieri non ebbero pietà.
Poco dopo, la piccola correva in una gabbietta su un camion, avvolta attorno al braccio mozzato della madre, incurante del liquido rossastro che si spandeva lentamente attorno alla sua coda, né del paesaggio centrafricano che non avrebbe più rivisto. Appena nata, appena sola.

III

-Quindi... ciò che ho richiesto è qui?- chiese il bambino, spalancando il doppio battente della porta pesante di intarsi.
-Esattamente- rispose la madre, agitando il proprio ventaglio. -L'abbiamo trovata in un mercato di schiavi. Un po' di cure mediche, di vaccini e di trapianti, ed ecco qui la tua personale animaletta da compagnia.
Il bambino si avvicinò alla teca, premendo il proprio palmo contro il vetro che correva per tutta la stanza, lasciando spazio solo per un piccolo atrio, abbastanza per impostare un piccolo studio. All'interno, un immenso rettilario, grande almeno quanto un salone di esposizione per auto, arricchito di alberi nascituri, sassi scintillanti e lampade per mantenere la temperatura stabile.
-Molto interessante madre...- rispose il bambino, voltandosi verso di lei. -Ora concludiamo l'affare.
-Molto bene- rispose lei, facendo cadere una chiave pesantissima nelle sue manine. -Questa stanza è completamente insonorizzata e priva di qualsiasi metodo per ottenere informazioni dall'esterno, era un salone per incontri importanti che non usiamo più in famiglia dopotutto. Tuttavia, non voglio che tu mi deluda.
-Allora non lo fare neppure tu- rispose il bambino, gettando via la chiave. -Hans & Kruger, all'incirca di due secoli fa. Questa chiave è per il cancello del giardino, o per qualche altro rudere di questa villa. Quella porta non ha più di cinquant'anni. Dov'è la vera chiave?
-Hai passato la prova- ridacchiò la donna, facendo scivolare nelle sue mani la vera chiave della stanza. -Ora so che mi posso fidare.
-Io però non so se fidarmi di te- concluse lui, sbattendola fuori, e chiudendo accuratamente. -Dunque, dov'è la mia lamia?- chiese, fissando il rettilario.
Per tutta risposta, una ragazza ancora bendata uscì da sotto un sasso, stringendo a sé i propri capelli per nascondere la propria nudità, con un velo di imbarazzo sul volto.
-Oh... sei davvero imbarazzata?- chiese il bambino, avvicinandosi. -Ma sei un animale, come puoi esserlo? Ah, non importa. So che non sai parlare. Forse è meglio così.
La lamia soffiò contro di lui, nascondendosi dietro un arbusto, cercando qualcosa per coprirsi rudimentalmente.
-Non ti preoccupare, sono un gentiluomo- rispose lui, togliendosi la giacca del suo vestito elegante, e cerando un apertura nel vetro. -Oh, ma dimenticavo, tu sei solo un animale- continuò, rivestendosi. -Non so se hai capito, ma tu non sei altro che uno strumento per farmi divertire. Non hai un cervello, non hai sentimenti, solo istinti. Non devo avere passione per te. E soprattutto, non ti pensare al mio stesso livello, o peggio mia... amica...- continuò, sottolineando con un fremito l'ultima parola.
La lamia non lo stette nemmeno ad ascoltare, semplicemente intrecciando le sterpi che trovava per farsi un rudimentale corpetto.
-Ti chiedi perché parli così? Beh, io ho otto anni, ma ho la mentalità di un ventenne almeno. Sono cresciuto molto precocemente, i miei genitori mi ci hanno costretto. Meglio così no? Devo essere parte integrante di una famiglia che ha il controllo di tutto lo stato. E non ho certo bisogno di persone vicine a me che facciano facciata per succhiarmi ciò che possiedo.
La lamia si avvicinò, fronteggiandolo con occhi truci. Di sicuro non le importava niente, in fondo in fondo non ci aveva neppure capito niente. Però sapeva che, dietro quella maschera di serietà, quel bambino era molto più forte che serio. Avrebbe dovuto solo trovare il punto giusto per far cadere la sua parete di cemento che usava per essere ciò che si voleva lui fosse. E il suo istinto l'avrebbe portata a quel punto, ne era certa.

Dodici Dialoghi di Uomini e MostriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora