Passione.

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Buonasera!
Volevo avvisarvi che la seconda parte del capitolo è nata come un flusso di coscienza(in inglese) di un'Elodie nella situazione che leggerete, anche se l'ho riadattato allo stile della storia, spero si senta comunque l'impronta originaria.
Hope you enjoy.

Mi accesi con mani tremanti una sigaretta e la portai velocemente alle labbra, aspirando. Era da quella mattina che lanciavo sguardi minatori a chiunque provasse a rivolgermi la parola e a lezione avevo persino discusso con Braga - non che fosse una novità.
La giornata era iniziata male, mi ero svegliata da sola nel letto e quella che sarebbe dovuta essere una tranquilla telefonata con mia madre si era trasformata in uno dei nostri soliti litigi che non fallivano mai nel lasciarmi agitata e irascibile per ore, a volte giorni. Nella mia mente si era formata un'insensata rabbia nei confronti di Lele, per non esserci stato dopo il litigio e per non aver capito che ci fosse qualcosa che non andava quando ci eravamo finalmente visti sul pullman. L'avevo allontanato per tutta la giornata, senza dargli una spiegazione. Non avevo voglia di parlare con nessuno e l'essere costretta a passare la giornata con tutti i ragazzi e fare lezione mi aveva solo innervosito maggiormente, mi sentivo una bomba pronta ad esplodere al minimo tocco.
Finii la sigaretta e rientrai in camera, dove trovai Lele sdraiato sul mio letto. Gli feci un cenno, ad indicare di averlo visto e andai in bagno, portando con me dei vestiti.
Quando ne uscii venti minuti dopo, vestita e truccata, Lele non si era mosso di un centimetro, in mia attesa. "Dobbiamo uscire?" Si accigliò nel vedermi prendere un paio di tacchi.
"Te non lo so, io sì."
Lele finalmente si mosse, accigliandosi e mettendosi seduto. "E dove vai?"
Chiusi gli occhi e respirai a fondo, mi sentivo lo stomaco chiuso in una morsa, divisa tra il desiderio di sfogare il nervosismo di quella giornata e la voglia di restare in hotel a fare l'amore con Lele fino a dimenticare il litigio con mia madre. La seconda era per me un'opzione totalmente nuova, dopo un giorno no ero abituata ad uscire con le amiche e dimenticare, letteralmente, gli avvenimenti della giornata, l'idea che ci fosse un'altra possibilità, più delicata, più sana mi sembrava assurda e mi faceva quasi paura, come se lasciare a Lele la possibilità di accarezzare le mie ferite e baciare via il dolore significasse dargli una carta da poter giocare contro di me. Mi ripetei ancora una volta che la mia mente era troppo corrotta per la purezza di Lele. "Esco con Anna, andiamo a ballare in centro."
"M putiv avvisa', pensavo che avremmo passato la serata insieme..." Il suo tono era cupo, appesantito dalla stanchezza di quei giorni.
"Come t'avvisavo? Oggi non abbiamo proprio parlato." Mi infilai il giubbino di pelle e mi guardai un'ultima volta allo specchio, da cui potei chiaramente vedere Lele irrigidirsi. Mi voltai per salutarlo, era meglio che lasciassi presto quella stanza.
"N'amma parlat? E di chi è la colpa?!"
Le sue parole, dette impulsivamente, ma piene di astio mi fecero ritrarre. Sentii la rabbia montare dentro di me. Avevo bisogno di uscire, immediatamente, eravamo entrambi troppo nervosi perché da quella discussione potesse nascere qualcosa di buono.
"Mia, Lele, è colpa mia!" Mi sbattei la porta alle spalle, prima che lui potesse rispondere. Sbuffai e sperai dentro di me di non trovarlo ancora nella mia stanza al mio ritorno, l'ultima cosa di cui avevo bisogno era un litigio in piena notte.

Era quasi l'una, giusto in tempo per il coprifuoco, quando misi piede nell'hotel.
Sentivo il bisogno di mandare via quella nebbia di rabbia e tristezza che mi offuscava la mente, avevo voglio di correre tra le braccia di Lele e lasciare che mi coccolasse per tutta la notte.
Mi sentivo in colpa per averlo allontanato e non essere riuscita ad aprirmi con lui, arrivando persino ad arrabbiarmi per colpe che di sicuro non erano sue. Era sempre stato difficile per me confinare la mia rabbia e quando, come quella mattina, la mia mente si colorava di rosso, dimenticavo quanto mi facesse stare bene essere gentile - o almeno giusta - con chi amassi, ma passare la serata lontana da Lele, mischiando al mio sangue alcol e risate forzate, mi aveva fatto capire quanto fossi stata stupida a decidere di allontanarmi da quelle meravigliose labbra per ore.
Stavo per salire le scale, quando sentii la voce di Lele e un sorriso mi si aprì sul viso, mentre un pensiero si fece velocemente spazio nella mia mente: mi aveva aspettato sveglio.
Seguii la sua voce fino ai divanetti del bar e ciò che mi si parò davanti mi lasciò interdetta, mentre una strana morsa mi attanagliava lo stomaco.
Lele era seduto su uno dei divanetti e sulle sue gambe c'era una ragazza, un braccio di Lele le permetteva di mettersi più comoda su di lui e insieme ridevano, chiaramente divertiti da qualcosa che io non potevo sentire.
Lele aveva un gran sorriso e la mia mente ricordò subito il modo in cui io l'avevo lasciato quella sera, lo sguardo stanco, le sopracciglia aggrottate, l'espressione tesa.
Mi girava un po' la testa, forse per l'alcol, forse per quello che stavo osservando, potevo sentire chiaramente nella mia bocca il sapore degli ultimi drink e sentii l'impellente voglia di far sentire quello stesso sapore a Lele, mentre gli ricordavo quanto bella fosse la sensazione della mia pelle calda sotto al suo tocco.
Lo sguardo di Lele si posò finalmente su di me, sui miei occhi che oscillavano tra il suo viso e la mano con cui accarezzava il braccio della ragazza seduta sulle sue gambe.
"Elo!" Con quello stesso braccio si allungò verso di me, mentre la ragazza, vedendomi per la prima volta, si alzò, lasciandosi poi cadere su una delle altre poltroncine.
"Buonasera." Ringraziai la mia voce per suonare fredda e distaccata, non lasciando trasparire le sensazioni confuse -gelosia, sussurrò una voce della mia testa - che stavo provando in quel momento.
La ragazza, con un gran sorriso e una voce decisa, che detestai immediatamente, ricambiò il mio saluto.
Lele mi prese per mano, trascinandomi tra le sue braccia e io glielo lasciai fare, sarebbe stato stupido allontanarmi, quando avevo passato tutta la serata a sentire la mancanza del suo tocco, del suo odore.
Lele non mi chiese dove fossi stata e, se su di me si poteva sentire un vago odore d'alcol, non vi accennò. Gli fui grata per quella nuova, piccola accortezza, ma nella mia mente continuavo a chiedermi chi fosse quella ragazza e perché l'avessi trovata seduta su di lui. Non glielo chiesi, sapevo che se lo avessi fatto, sarebbe stata evidente la mia gelosia e non volevo dargli quella piccola vittoria.
"Elo, questa è Sara, una mia amica, lei e Alberto -te lo ricordi, Meek? C'e parlat a telefono la settimana scorsa-", ad un mio cenno d'assenzo, Lele sorrise, "mi hanno fatto una sorpresa e restano qua un paio di giorni!"
A queste parole un ragazzo che avevo visto in diverse foto sul telefono di Lele si avvicinò a noi, con una birra in mano.
"Ma buonasera, è arrivata pure Elodie!"
Sorrisi ad Alberto, che prese posto accanto a noi.
Una mano di Lele scivolò sulle mie gambe, come a volermi coprire la pelle lasciata scoperta dal mio vestito blu. Quel suo gesto, dettato da un'istintiva gelosia, fece risvegliare in me la voglia di baciarlo, ma, probabilmente ancora irritata dall'immagine delle sue mani sul corpo di un'altra, mi trattenni.
Nonostante fosse così tardi, Lele era tremendamente attivo, risvegliato dalla presenza dei suoi amici e questa sua vitalità sembrava cozzare con i miei pensieri confusi e i miei gesti lenti.
Mentre i tre ragazzi riprendevano a chiacchierare, io appoggiai la testa sulla spalla di Lele, respirando profondamente il suo odore, di cui quel giorno mi ero privata per motivi che in quel momento mi sembravano più che futili.
Iniziai a lasciargli dei baci lenti sul collo, quasi senza spostare le labbra dal punto in cui le avevo appoggiate la prima volta. Improvvisamente, mi sentii gelosa di ogni donna su cui avesse mai posato lo sguardo o -nonostante preferissi non pensare a questo caso - qualcosa più di un semplice sguardo. Avevo voglia di fargli dimenticare il sapore di qualsiasi altra donna e di lasciare che la sua mente e i suoi sensi si riempissero solo del mio.
"Comunque, Elodie, io lo sapevo che eri bella, ma da vicino... e brav a Lele!"
Mi voltai verso Alberto, che, purtroppo o per fortuna, aveva interrotto i miei pensieri, e con un sorriso lo ringraziai, divertita dalle mani di Lele che si stringevano su di me, come a segnare, per l'ennesima volta, il territorio.
Scossi il capo lentamente, mentre Sara allontanava l'attenzione da me, chiedendo se il giorno dopo avessimo lezione.
Approfittai di questa distrazione per posare nuovamente le labbra sul collo di Lele, prima di sussurrargli piano "Sono tua, sono solo tua.", continuando a lasciargli dei piccoli baci e sussurrandoglielo sempre più spesso.
Potevo chiaramente sentire l'attenzione di Lele allontanarsi dai suoi amici ad ogni mio bacio, lo sentivo dalla sua mano sul fianco che mi stringeva di più a lui e da quella sulla mia coscia, che mi accarezzava la pelle in piccoli cerchi, lo sentivo dal suo respiro che, ad ogni mio bacio, si bloccava per qualche secondo, lo sentivo dal fatto che avesse smesso di parlare, annuendo solo di tanto in tanto.
Quando, dopo quasi dieci minuti, Lele era ancora lì, tremendamente frustrato, ma senza il coraggio di salutare i suoi amici che avevano viaggiato per tre ore, per vederlo dopo più di un mese, mi decisi ad alzarmi sulle mie gambe che sembravano molto più ferme rispetto al mio rientro in hotel. "Lele, sono stanca, andiamo a letto?"
Prima che avessi il tempo di finire la frase, Lele era già scattato in piedi, dando la buonanotte ai suoi amici e raggiungendo a passo svelto le scale.
Ringraziai infinitamente Chiara per essere andata a dormire da Arianna quella sera, perché, mentre Lele mi spingeva sul letto, riappropriandosi finalmente delle mie labbra, non avevo dubbi che tutto quello che avrei sentito per le prossime ore sarebbe stata la sua pelle nuda sulla mia che mi faceva dimenticare, nel modo più giusto, ogni momento di rabbia di quella giornata.

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