Casa.

2.5K 88 31
                                    

Volevo ringraziare chi, sul gruppo di facebook, ha parlato -decisamente bene- della mia storia. Vi ho letto in silenzio e mi avete strappato più di un sorriso.
Grazie.

Quel pomeriggio c'era stata la registrazione dell'ultima sfida a squadre, dalla settimana seguente saremmo entrati finalmente nel vivo della corsa al serale. Alle sei eravamo tornati in hotel e, prevedendo già i giorni pieni di lavoro che sarebbero partiti dall'indomani, avevo convinto Lele a prenderci una serata solo per noi.
Stavamo passeggiando per le strade di Roma e, se mio padre quel pomeriggio mi aveva avvisato che avrebbe incontrato degli amici in un ristorante a pochi metri da dove avevo convinto Lele a passare la serata, non ne feci menzione con lui.
Dopo aver fatto foto e autografi ad alcuni ragazzi che, avendoci riconosciuti, ci avevano fermato, presi la mano di Lele nella mia e lo trascinai ad un bar a pochi passi da noi.
"Amo', ma si sicur che ti vuoi mettere fuori?"
Presi posto ad uno dei tavolini liberi e feci segno a Lele di sedersi accanto a me. "Dài, sì, per una sera in cui usciamo dall'hotel, ti vuoi chiudere in un bar?"
Con un sospiro divertito, Lele si convinse a cedere alla mia richiesta, riprendendo subito la mia mano nella sua, come se l'idea di separarsene per più di dieci minuti fosse inconcepibile.
Ordinammo due caffè e quando, dopo un quarto d'ora dal nostro arrivo al bar, vidi mio padre uscire dal ristorante di fronte per fumare una sigaretta, portai velocemente lo sguardo su Lele, fingendo di non aver visto nulla, il cuore che mi batteva furiosamente.
Non sapevo perché, ma negli ultimi giorni avevo sentito sempre più forte il bisogno di ufficializzare il nostro rapporto e le continue battutine di mio padre, ogni qual volta gli comunicassi di essere in compagnia di Lele, mi avevano portato a decidere di farli incontrare e rendere ancor più ovvio agli occhi di mio padre ciò che ci fosse tra noi. Organizzare un incontro mi era sembrato troppo formale e sapevo già che l'ansia avrebbe mangiato vivi sia me che Lele, così, quando mio padre mi aveva comunicato che sarebbe venuto a Roma quella sera, mi ero detta che sarebbe potuta essere l'occasione perfetta per rendere quell'incontro casuale agli occhi di entrambi.
Quando mi sentii chiamare dalla voce di mio padre, mi finsi sorpresa e lo guardai attraversare la strada e venirci in contro con gli occhi sgranati.
"Papà! Che ci fai qui?"
La prima parola fece irrigidire subito Lele, lo sentii provare a ritrarre la mano dal tavolo che però io bloccai prontamente intrecciando le mie dita alle sue.
Mi costrinsi a non guardare nella sua direzione, convinta dell'espressione terrorizzata che dovesse avere in quel momento.
"Didì!", mio padre ci aveva raggiunto e, prima che potessimo aprir bocca, si accomodò al nostro tavolo, con il suo solito sorriso caloroso. "Non t'avevo detto che stavo qua? Me pare de sì."
Sorrisi a mio padre, sperando che il mio sorriso non sembrasse colpevole. "No, non l'avevo mica capito!"
Dalla presa di Lele che si era stretta sulla mia mano, mi resi conto di quanto le mie parole dovessero suonare false a lui, che aveva la capacità di scoprire ogni mia piccola bugia dai minimi cambiamenti della mia voce.
La tensione delle nostre mani strette sul tavolo dovette attirare l'attenzione di mio padre che, senza smettere di sorridere, si rivolse a Lele. "Finalmente ci conosciamo!"
Mi decisi a liberare la mano di Lele, che corse a stringere con forza quella di mio padre. "E' un piacere, signor Di..."
"Roberto.", lo interruppe subito mio padre. "Vi stavate a fa' una seratina romantica, vi ho interrotti?"
Aprii la bocca, mentre sentivo le mie guance andare a fuoco. Ovviamente, mio padre aveva già capito tutto.
La mia voce e quella di Lele si fusero in una serie di dinieghi che fecero scoppiare a ridere quell'uomo che da sempre si divertiva a mettermi in imbarazzo.
"Ah, no? Allora nun ve dispiace se resto qua un altro po', prendo un caffè co' voi?"
Conoscevo mio padre troppo bene per non capire che ci stesse prendendo in giro e quando si voltò verso di me, facendomi l'occhiolino, ne ebbi la conferma.
"Assolutamente, le chiamo il cameriere per ordinare?"
Bloccai per un polso Lele, che si stava già alzando, nell'ansia di compiacere mio padre. "Lascialo stare, Le', deve tornare alla cena co' gli amici, no?"
Mio padre mi lanciò una sguardo furbo da dietro gli occhiali. "Ah, ma quindi te l'avevo detto che ero a cena co' loro?"
Mi sentii arrossire nuovamente e mi voltai istintivamente verso Lele, che, nonostante l'evidente ansia, aveva un sorriso divertito sul viso.
"Ah, lo sapevi?"
Mio padre annuì, rincarando la dose. "Mi sa che c'ha messi in trappola, questa bambina."
Nonostante mi sentissi braccata, non potei non sorridere della complicità che si era subito creata tra questi due uomini che, per motivi diversi, erano così importanti nella mia vita. "Papà, vattene a cena, prima che ti diano per disperso."
"E prima che questo bel ragazzo s'arrabbi, eh!" Mio padre mi lanciò uno sguardo divertito, alzandosi e stringendo nuovamente la mano a Lele. "Sei consapevole del guaio in cui ti stai cacciando con questa qua?"
Vidi Lele annuire con convinzione. "Mi sa che ormai non posso più tirarmi indietro."
Osservai mio padre andare via, con aria compiaciuta, e con un sorriso mi voltai verso Lele.
Il cipiglio sul suo viso era un misto di divertimento e rimprovero. "Me lo potevi dire che me lo volevi far conoscere."
"Io? Ma ci siamo incontrati per caso!"
Alla sua espressione scocciata, scoppiai a ridere e gli schioccai un bacio sulle labbra. "Però gli sei piaciuto, amo'!"

"Uajù, ci vediamo stasera, vi avviso quann torn, così non vi potete lamentare!"
Grugnii assonnata alle parole di Gabri, che uscì chiudendosi la porta alle spalle, e mi rigirai nel letto.
Un braccio di Lele fece aderire ancora di più i nostri corpi e le sue labbra si posarono tra i miei capelli, lasciandovi un bacio. Quei gesti erano ormai instintivi, non avevo dubbi che anche lui fosse in dormiveglia.
Mi accoccolai tra le sue braccia e mi riaddormentai in pochi secondi.
Fui svegliata quasi un'ora dopo dalla vibrazione di un telefono, che continuò incessante, finché non mi decisi, ancora con gli occhi serrati, a prenderlo e rispondere alla seconda chiamata in arrivo nel giro di un minuto, convinta che solo Gabriele potesse essere così crudeli da chiamarci alle nove di domenica mattina dopo averci salutati poco più di un'ora prima.
"Pronto?" La mia voce impastata dal sonno lasciava trasparire tutto il disappunto per essere stata svegliata.
"Ehm, pronto? Cercavo Lele."
Spalancai gli occhi nel sentire una voce femminile che avevo sentito solo due volte prima, mentre Lele videochiamava la sua famiglia. "Cos...? Sì, io... subito, un attimo, scusi." La mia voce strascicata era diventata improvvisamente molto sveglia, ma nonostante questo non riuscivo a non farfugliare, mentre spingevo Lele, provando a svegliarlo. L'unica reazione che ottenni da lui fu di farlo voltare dall'altro lato, portandosi un braccio sul viso.
La madre di Lele mi fece desistere dai miei inutili tentativi di fargli aprire gli occhi. "Se è impegnato posso richiamare dopo."
"No, lui... non è impegnato, sta dormendo, ecco." Optai per la verità, capendo di aver già fatto una pessima figura e che, se avessi provato ad inventare qualcosa, avrei soltanto peggiorato la situazione.
"Ah, va bene, Elodie, tranquilla, so quanto sia difficile svegliarlo." La madre di Lele scoppiò a ridere e io mi chiesi come facesse a sapere che ero io al telefono. "Torna pure a riposare, tesoro, e scusami se ti ho svegliato!"
"Io... si figuri."
Attaccai il telefono e lo posai sul comodino. La dolcezza della madre di Lele, nonostante avessi appena implicitamente dichiarato di star dormendo con suo figlio, mi aveva lasciato piacevolmente sorpresa e tremendamente imbarazzata.
Ripresami dallo stato di trance in cui gli ultimi due minuti mi avevano lasciato, mi misi a cavalcioni su Lele e cominciai a tirargli dei pugni leggeri sul braccio. "Svegliati! Svegliati subito, coglione!"
Dopo qualche secondo, Lele aprì gli occhi con un lamento e afferrò i miei polsi, trascinando sul suo petto. "Oh, ma t par 'o cas? Invece di svegliarmi con un po' di dolcezza!"
Gli lasciai una scia di baci fino alle labbra e, quando i miei occhi furono all'altezza dei suoi, gli rivolsi un sorriso sarcastico. "Amore, lo sai, per colpa del tuo sonno, con chi ho appena parlato a telefono? No? Non lo sai? Con tua madre!"
Lo sguardo di panico sul viso di Lele durò appena qualche secondo, perché subito si aprì in un sorriso, stringendomi tra le sue braccia. "Buon! Era pure ora che lo sapesse!"
"Ma sei scemo? Le ho dovuto dire che stavi a dormi', praticamente le ho detto che stanotte avemo fatto sesso e te dici 'buono'?!"
Lele strizzò gli occhi, premendo le sue labbra sulle mie. "Perché sei così rumorosa di prima mattina? È così bello quando mi baci in silenzio."
Gli diedi un pizzico sul braccio, prima di cedere a quelle labbra tentatrici, improvvisamente consapevole di quanto fossero vicine.
Continuammo a coccolarci in quella fredda mattina di inizio marzo, incapaci di pensare a qualcosa che andasse oltre i nostri corpi.
"Mi piace svegliarmi così." Sussurrai sulla sua bocca.
"Con mia madre che mi chiama?"
Scossi il capo, ridendo. "Con ore intere per fare l'amore."
Le mani di Lele mi accarezzarono i fianchi, con la solita decisione mista a delicatezza che gli avevo visto usare solo per i suoi strumenti musicali. "Ah, siamo già oltre? Io pensavo ci saremmo alzati per andare a fare colazione!"
Inarcai le sopracciglia staccandomi dal suo corpo. "Ah, sì? Vuoi anna' a fa' colazione? E andiamo!"
Lele scoppiò a ridere, prendendomi per mano e facendomi ricadere sul letto, prima di sovrastarmi col suo corpo. "Tu non ti muovi da qua."
Una sua mano mi accarezzò piano il viso e tutto di lui sembrò compiere quella stessa carezza, mentre in silenzio mi osservava.
Nei suoi occhi c'era pace, solo così avrei potuto descrivere la serenità di quelle iridi quando si posarono su di me. Nonostante l'avessi appena svegliato nel peggiore dei modi, la sua espressione era completamente rilassata, un sorriso dolce sul viso a pochi centimetri da me, facendosi beffe dell'idea di passare a discutere dei momenti che avremmo potuto passare in modo molto più piacevole.
Lele mi guardava in un modo che mi faceva sentire a casa, mi faceva sentire libera, ma protetta, mi faceva sentire bella -anche esteriormente, di sicuro, ma soprattutto mi faceva sentire bella dentro, una persona bella.
"Ti amo."
Me lo sussurrò piano, con la sua solita delicatezza, come se avesse ascoltato ogni mio singolo pensiero e ne fosse rimasta affascinato.
Non riuscii a fermare il mio viso che si aprì in un sorriso, mentre sentivo gli occhi inumidirsi.
"Ti amo." Gli dissi sicura, prima di chiudere lo spazio tra le nostre labbra, sentendomi bene come non facevo da anni, come solo quel ragazzo - quell'uomo - riusciva a farmi sentire. Sentendomi felice.

Scopri l'anima.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora