Capitolo 5

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La pioggia era finita , aveva lasciato il posto a un pallido sole , i cui raggi illuminavano il paesaggio circostante. Era una giornata di fuyu , inverno , mese ichigatsu , gennaio , del giorno 17.

Faceva molto freddo , Kanze uscendo dal riparo del tempietto diroccato si strinse lo yukata sopra il kimono .

All'alba era caduta qualche fiocco di neve , che tuttavia non aveva intaccato. La brina ricopriva i prati circostanti e sulle poche pozzanghere che non si erano ancora trasformate in fango, resisteva una piccola sottile striscia di ghiaccio. Il samurai con le sue lunghe falcate riprendeva la strada per la capitale del daimyo Himeji, prese dal tascapane delle palline di riso rimaste, le ultime , le consumò mentre camminava per la strada

Raggiunto il passo di montagna che portava alla capitale , lo sguardo abbracciava l'intera città e a Kanze venne in mente la prima volta in cui l'aveva vista . Allora come adesso la sua reazione fu identica, restò senza fiato, e contemplò il panorama.
Himeji era incanstonata in una insenatura tra le colline affacciate sulla baia . La città si dispiegava attraverso la stretta vallata sottostante , il mare azzurro a sud, e le colline scoscese a nord. A di là di esse , in lontananza , si scorgeva il monte Fuji-san : il suo maestovo profilo innevato dominava l'orizzonte .
La città dava l'impressione di crescere a vista d'occhio , i mercanti di legno e di pietre si stavano arricchendo perché le nuove case sarebbero state costruite con tetti di legno e non più di paglia, perché quest'ultima era più infiammabile,

Quel giorno era festa ,nella piazza del mercato al quartiere Shikamaka i banchi di cibo erano disposti nella piazza , vendendo porzioni di cibo , dolci e saké ai passanti , come altri mercanti di tutti i generi, vendevano altre merci. Molte famiglie portavano i loro bambini a passeggio . Un kami-shibai , un cantastorie che usava le marionette di carta , dentro una scatola di cartone , attirava l'attenzione di molti di loro , che osservavano estasiasti la battaglia tra il samurai e l'orco.

"" restituisci il tesoro "" esclamò fiero il samurai .
"" giammai ! "" replicò l'orco cattivo
"" va bene , io ti ho avvertito ! brandirò la mia katana Ammazza Orchi e ti ucciderò ! ""
"" ahi! Ahi!" Ahai!, Itai! Itai ! fai male ! , fai male! "" gridò l'orco .

E i bambini ridevano spensierati mentre mangiavano tante piccole sembei , gallette di riso, l'equivalente del biglietto per assistere allo spettacolo .

Anche Kanze si fermò a guardare le marionette , scrutando anche tutte le bambine sedute , ormai per lui era un'abitudine dopo anni di ricerca.

Il cantastorie manovrava le marionette , mentre raccontava le storie di guerrieri , miti e mostri.
I bambini osservavano rapiti ,

Non vide nessuna bambina che assomigliasse anche lontanamente alla piccola Suisen , sconsolato si allontanò, e si diresse a cercare una locanda per sistemarsi per la notte di alcuni giorni .
Ne vide una , vi entrò e accordandosi con il padrone , prevedeva che lui oltre alla stanza per dormire avrebbe potuto consumare un pasto al mattino e uno alla sera . Kanze accettò di buon grado.

Suisen 

 E' tardi. 

La casa dorme e tace. Si sentono solo, a tratti, i lamenti delle vecchie travi,
Suisen appoggia con cura il Kimono che sta ricamando con dei piccoli fiori per coprire delle lacerazioni che si aprono nella seta come ferite e con un lieve soffio spegne la candela.
Come ogni sera, si prepara per la notte alla luce della luna che entra dalla finestra e gioca con le ombre che fa sulle pareti e sul tatami.
E' uno dei pochi momenti in cui le è concesso di ricordarsi di essere una bambina.

Tutte le sere, sdraiata sul suo vecchio e logoro futon, appena chiude gli occhi rivede i volti di quegli uomini cattivi che l'hanno strappata dalla sua casa, dalla sua famiglia....dalla sua vita. Dalla sua mamma.
La sua dolce hahaue. Lacrime di nostalgia le solcano il viso e si addormenta cullata da ricordi che si fanno sempre più lontani, ma non per questo meno presenti.

Piccolo Fiore sogna.
Sogna di correre tra le stanze del palazzo della sua famiglia. Sogna la voce della mamma che la consola quando si fa male e sogna la voce del padre che le parla del mondo e della vita. Sogna del possente samurai che la faceva sentire protetta.
"Mondai arimasen, nessun problema, piccolo fiore" le diceva....

Il sole entra dalla finestra e bacia le palpegre di Suisen.
Lei apre gli occhi e lo splendido palazzo si trasforma nella piccola, spoglia stanza a lei riservata nella casa del ricco mercante che l'ha comprata per farne una serva.
Nelle orecchie già risuonano le grida della padrona di casa
Piccola sfaccendata, dove sei? Bisogna accendere il fuoco per la colazione! Pulire la casa! Fare il bucato! Fare la spesa che oggi vengono ospiti!
Devi! Devi! ...Fare! Fare!...

La bambina si chiude le orecchie con la mano e mormora "mondai arimasen, piccolo fiore". Si lava e si veste in fretta "mondai arimasen". Scende le scale di corsa"mondai arimasen". Si inchina davanti alla moglie del mercante con un sorriso
Mondai arimasen, signora.
Questa sera i vostri onorevoli ospiti torneranno a casa loro soddisfatti.

La padrona si calma e Sunsei inizia la sua faticosa giornata accendendo il fuoco e ripetendo in cuor suo "mondai arimasen, piccolo fiore".
Lo ripete come un mantra, per farsi forza e continuare a sorridere.  

 

Suisen piccolo fioreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora