Una nuvola di vapore mi uscii dalla bocca quando espirai, poi presi a sfregarmi le mani e le braccia scoperte per riscaldarmi. Avevo i brividi su tutto il corpo ed ero scossa da tremolii. Ma non mi importava. Continuavo a starmene sdraiata a fissare il cielo notturno coperto da nuvole grigie, che lo rendevano più scuro di quanto già fosse. In lontananza sentii un tonfo e uno sbuffo, ma non mi voltai per controllare chi fosse. Avrei solo dato conferma alla mia ipotesi. «Gesù Mabel! Devi smetterla di venire quassù in piena notte! Ci saranno massimo 2 gradi!» mi sgridò, con la voce stridula e stanca. Lo ignorai, rimanendo fissa verso le poche stelle che si potevano vedere. Sbuffò ancora, ancora e ancora, cercando forse di attirare la mia attenzione. Quando però capii che non avevo intenzione di dargli corda, si sdraiò accanto a me. Lo guardai con la coda dell'occhio, aspettando che dicesse la solita frase. «Qual è il tuo problema, Faith Mabel? Perché te ne stai quassù con questo freddo, tutta sola, oltretutto alle 3 del mattino?» disse e io lo mimai con le labbra, facendo un'espressione annoiata. I primi mesi quasi gli spaccavo la faccia quando osava pronunciare il mio primo nome, adesso invece non ci facevo neanche più caso. «E perché tu, Ashton Fletcher, ti ostini a venire qua a farmi sempre la stessa domanda pur sapendo che non ti darò mai retta?» ribattei, girando finalmente il viso per guardarlo negli occhi. Alzò le spalle e non rispose, lasciandomi libera di tornare a fissare il cielo. «Prima o poi le guardie si accorgeranno che non sei nella tua stanza, Mabel. E quando accadrà, cosa pensi che ti faranno?». «Non mi importa Ash. Smettila di fare la mamma iper protettiva. So a cosa vado incontro, ma non mi interessa. Perché non lo vuoi capire?» domandai, con la voce leggermente più alta. «E comunque, rischi tanto quanto me» aggiunsi. «Io ho il permesso di uscire quando voglio, tu no. Non ancora almeno. Cosa ti spinge a farlo?». «Stare quassù, a contare le stelle e ad aspettare l'alba, è l'unica cosa che mi fa sentire ancora libera». «Tu sei libera» ribatté. Feci per parlare ma lasciai perdere, stanca di dover affrontare per l'ennesima volta quell'argomento. Io non ero libera. Lui non era libero. Nessuno era libero. Eravamo rinchiusi dentro un manicomio perché ci definivano "malati", costantemente sorvegliati per paura che qualche istinto suicida, o omicida, ci possedesse. Ma lui comunque continuava a pensare che questa fosse libertà. Ripeteva sempre che c'era chi stava peggio, ma non capiva che peggio delle nostre ferite non c'era.
Mi voltai per guardarlo, accorgendomi però che Ashton non c'era. Scossi la testa e mi alzai, pulii la divisa e ritornai in camera.Un rumore forte mi svegliò bruscamente, dandomi il buongiorno come si deve. Impiegai qualche secondo a capire che stavano bussando. «Colazione tra 10 minuti Clarke! Se fai tardi non mangi, lo sai! Quindi muoviti!» mi urlò una guardia. «Sissignore» sospirai, non potendo perdere un'altra volta la colazione. Mi alzai goffamente, e altrettanto goffamente infilai la divisa. Mi lavai faccia e denti e mi precipitai- letteralmente- fuori dalla stanza per raggiungere la mensa.
«Hey, Mabel! Fermati!» urlò qualcuno. «Ashton, non ho tempo!». «Ma dove vai? Fermati!». «Davvero, non ho tempo!». Mi prese per il polso e mi costrinse a fermarmi. «La mensa è dall'altra parte» mi disse, trattenendo una risata. Spalancai gli occhi, incredula. «È lunedì mattina e io mi sono alzata circa due minuti fa. Perdonamela questa» cercai di arrampicarmi sugli specchi. «E domani sarà martedì mattina e dopodomani mercoledì mattina e tu continuerai ad essere un'imbranata ogni giorno» disse, lasciandosi uscire una risata. Gli diedi una pacca sul petto e mi voltai, andando in direzione- quella giusta stavolta- della mensa. «Che deliziosa pietanza crede che offrirà oggi il centro di disintossicazione di Blakeney, Mrs Clarke?» chiese Ashton, con un forte accento da inglese snob. «Oh, Mr Irwin, qualsiasi portata andrà bene per una cavernicola come me» risposi, imitando lo stesso accento. Scoppiammo a ridere, e pensai a come fosse possibile farlo in una situazione del genere.
Dopo aver preso da mangiare ci sedemmo al nostro tavolo e iniziammo a divorare i pancake. «Dio, questi cosi hanno la stessa consistenza di un sasso» si lamentò Ashton. «Saranno di ieri. O forse di una settimana fa. Chi lo sa. Comunque, se non li vuoi, posso sempre mangiarli io» bofonchiai con la bocca piena di cibo. Lui mi guardò con uno sguardo tra il "Ma sei una ragazza o un animale?" e il "Non te li darei neanche se fossero merda" e continuò a mangiare. Nel frattempo si erano uniti a noi anche Michael Clifford e Octavia Ilmiocognomeètroppodifficileperpoteresserericordato, entrambi con gli stessi capelli sbiaditi dall'ultima tinta fatta. «Avete qualche gruppo oggi?» chiese Michael per poi addentare una mela leggermente ammaccata. «Io sì» rispose Octavia entusiasta. Troppo entusiasta. «Io no, ma devo lavorare» disse Ashton. «Probabile» sbuffai io, disinteressata. Tutti mi guardarono storti. «Che c'è?» chiesi confusa e allo stesso tempo scocciata. «Mabel, questi gruppi ti fanno bene. Se vedono che partecipi e che hai dei miglioramenti ti danno un sacco di libertà. Possono farti uscire anche prima!» disse la mamma isterica, gesticolando fin troppo. Infatti, fece cadere la mia bottiglietta di succo. Gli lanciai un'occhiata che gli fece capire che avrebbe dovuto pulire lui. «Ashton ha ragione. Ogni tanto dovresti andarci. Non è così male, la dottoressa Finn è molto dolce e simpatica. E poi chi lo sa, potresti conoscere qualcuno!» aggiunse Octavia con il suo solito tono acuto e troppo esaltato per i miei gusti. «Dagli una possibilità» disse poi Michael. Ne avevo le palle piene di quel discorso, così annuii semplicemente. Loro tre continuarono a parlare di altri argomenti di cui mi fregava ben poco, e io rimasi zitta tutto il tempo. Stavo seriamente prendendo in considerazione di andare ad un gruppo di sostegno?
Scossi la testa, gesto che attirò l'attenzione su di me. Li guardai, aspettando che parlassero. «Tutto okay?» chiese Ashton. «Sì, sì» risposi, poco sicura. Fecero finta di niente e per questo gliene fui grata.
Mangiai l'ultimo boccone dei pancake-pietra e mi alzai dal tavolo, decisa a tornare in camera.CEEEEEAO POPOLO DI WATTPAD
Piacere, io sono Giada e sono tornata con un'ennesima storia yeyy
Spero di portarla a termine questa volta ahaha
Vorrei specificare che il luogo in cui si trovano i protagonisti NON È UN MANICOMIO MA UN CENTRO DI DISINTOSSICAZIONE!! So che ho scritto "manicomio" ma dal punto di vista di Mabel è proprio questo perciò
Mi scuso anche per questo primo capitolo pietoso ma giuro che i prossimi saranno decisamente migliori, questo serve solo per introdurre la storia!
AH E VORREI RINGRAZIARE LA MIA BFF CLARA AKA CHIARA CHE MI HA AIUTATO CON L'IDEA DI QUESTA FF PERCIÒ TE SE AMA
E nulla, spero vi piacerà! Alla prossima!
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5 wounds//Calum Hood
FanfictionLe porte della mensa si aprirono bruscamente e un ragazzo vi entrò dentro, scortato da due guardie armate che lo tenevano per i polsi già ammanettati. Tutti, compresa me, ci girammo nella sua direzione, spinti dalla curiosità. Quello che mi stupì fu...