Capitolo 1

976 38 6
                                    

Londra, Dicembre 2016. Notte fonda. Pochi gradi centigradi.

La pioggia batteva incessante sulle finestre di una stretta stradina della periferia nord est, producendo un ticchettio ipnotico quanto inquietante.
Il tempo era stato sereno per tutta la settimana, evento raro in quella città sempre maledettamente nuvolosa, ma proprio quel giorno, venerdì, il sole aveva deciso di sparire tra le nuvole nere.
Emma aveva passato una normale serata in un pub nei pressi di Leicester Square, insieme ad alcuni colleghi di università conosciuti da poco; stava giusto iniziando ad ambientarsi in città, essendo arrivata da due settimane. Sarebbe rimasta in quella trappola di nuvole, rimpiangendo un po' la sua Italia, per ancora sei mesi: il tempo stabilito dall'organizzazione dell'Erasmus grazie alla quale era partita, non senza fatica.

"Avrei proprio dovuto affittare un appartamento al centro" ripeteva tra sé e sé, mentre la pioggia che cadeva dalle grondaie le inzuppava i lisci capelli castani più di quanto non lo fossero già, fingendo di non ricordare i problemi economici che non le avevano permesso di cercare un accomodamento migliore di un tugurio in periferia.
Non era stata una giornata positiva: a partire da quello stesso mattino in metropolitana, in cui aveva sfiorato una violenta lite con un ragazzetto dalle intenzioni poco chiare e dalle mani piuttosto lunghe, per finire con l'esatto momento in cui, senza ombrello, si era ritrovata brilla, coi tacchi e completamente bagnata a dover ricordare la strada di casa, che puntualmente dimenticava; e quando finalmente si era decisa ad impostare il navigatore di Google Maps, sperando di avere abbastanza linea per trovare il tragitto migliore da fare a piedi, scoprì con orrore di avere la batteria scarica. Tipico.

"Ottimo, davvero, complimenti a me" sbuffò, pentendosi di non aver accettato il passaggio da quel ragazzo non troppo raccomandabile di Old Street, facendo finta che non le fosse arrivata all'orecchio una proposta indecente.
Dopo aver sbuffato di nuovo, decise di placare momentaneamente la sua frenetica corsa verso casa per ripararsi all'entrata della metropolitana. I treni avevano finito le corse da poco, per poi ricominciare il loro continuo via vai al mattino.
Per la terza volta in due settimane Emma si era persa nel cuore della City; si sedette sulla panchina al coperto, attorniata dalle belle (e asciutte) donne dei cartelli pubblicitari, mentre con un rapido movimento diede sollievo ai piedi sollevando i talloni dalle scarpette.
Il silenzio regnava sovrano laggiù.
Non c'erano i pendolari che parlavano di lavoro al telefono, non c'erano gli skater ad intralciare il passaggio sulle scale, non c'erano le orde di turisti e i fastidiosi flash delle loro fotocamere. C'era solo lei, accompagnata dal suono del suo respiro affannato, dallo scrosciare della pioggia e dall'odore di asfalto bagnato.
Prese un bel respiro, una boccata di Londra, e si rialzò.
Come un'epifania, improvvisamente si rese conto della zona in cui era finita; non era poi così lontana! Tolse definitivamente le scarpe e si incamminò tra le fresche pozzanghere.
Dopo un quarto d'ora di cammino sarebbe arrivata a casa, la tanto agognata meta, per sprofondare nel letto che stava tanto desiderando...
Ma forse la notte non era ancora finita per lei.

Guardami negli occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora