*Attenzione: i comportamenti dei personaggi descritti nella fan fiction non sono assolutamente da imitare: quello che fanno e pensano spesso è sbagliato. Con questo mio scritto pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo*
Take her home.Non ricordo bene cosa mi fece svegliare quella mattina, fatto sta che non appena mi alzai dal letto fui colta da un capogiro imprevisto e fui costretta a risedermi sul materasso morbido. Osservai la stanza e mi accorsi che nulla era cambiato rispetto al giorno prima, solo un vestito nero e piuttosto scollato poggiato sulla mia poltrona, ai piedi della quale c'erano anche dei vertiginosi tacchi.
Improvvisamente ricordai di averli infilati la sera precedente.
Cercai di riportare alla mente le immagini di quella festa a cui mi aveva invitata Louis ma l'ultima cosa che ricordavo erano diverse bottiglie di alcol, vuote. Ricordavo Eleanor, ricordavo quanto Harry fosse stato geloso, ricordavo che aveva iniziato Niall a farmi bere. Mi maledissi mentalmente per aver accettato qualunque cosa il biondino mi avesse offerto, considerando che avevo iniziato a bere a digiuno e che, oltretutto, non sapevo che gradazione avesse ciò che mi aveva fatto ingerire.
Scossi la testa ma lo feci con troppa forza e sentii una fitta piuttosto dolorosa alla nuca, dovevano essere gli effetti della sbornia. Non mi ero mai ubriacata prima, ero sempre stata piuttosto brava a reggere l'alcol, quindi, ero nuova anche a quel genere di cose. Chissà quanto avevo dovuto bere per riuscire a dimenticare tutta la serata, considerato che, in genere, dopo numerose bottiglie neanche mi girava la testa.
Ma la domanda era una.
Come ero tornata a casa?
Mi precipitai verso la pochette che avevo portato la sera prima, anch'essa appoggiata sul divano e la aprii alla ricerca del cellulare. Lo trovai e lo sbloccai, leggendo immediatamente:
5 chiamate perse da Harry.
2 chiamate perse da Louis.
1 chiamata persa da Zayn.
1 messaggio da Harry.
Lo aprii.
Chiamami appena ti svegli.
Rabbrividii per la freddezza di quel messaggio. E poi, perché mi aveva chiamata tutta quella gente nel giro di una notte? Decisi di fare una doccia fredda prima di ricollegarmi al mondo reale, giusto per levarmi di dosso la sbronza e per cercare di farmi tornare alla mente qualcosa riguardo la sera precedente.
Stetti sotto l'acqua un'ora, mi piaceva rilassarmi sotto la doccia e quella mattina ne avevo tremendamente bisogno. Infine, quando uscii mi misi una felpa ed un paio di jeans, giusto per stare a casa.
Afferrai il cellulare e composi il numero di Harry, attendendo che mi rispondesse.
Lo fece dopo il primo squillo.
«Dormito bene?»
Fu la prima cosa che mi chiese, ignorando anche il classico "pronto".
La sua voce era fin troppo fredda, conoscevo quel suo atteggiamento, sapevo perfettamente cosa significasse.
Non era arrabbiato.
Di più.
Decisi di fare finta di niente.
«Ho un po' di mal di testa, a dire il vero.»
Ammisi, non prevedendo la sua reazione.
«C'è qualcuno da te in questo momento?»
Mi affacciai fuori dalla mia stanza e chiamai a gran voce Frank e mia madre. Nessuna risposta, evidentemente erano andati a fare la spesa.
«No, sono usciti. Perché?»
«Aspettami lì, ti devo parlare.»
Non mi diede neanche il tempo di rispondere che attaccò il telefono, lasciandomi interdetta. Scrollai le spalle in atteggiamento altamente menefreghista, scendendo le scale per raggiungere la cucina, dove bevvi un bicchierone di latte e presi un aspirina, giusto per diminuire le fitte che mi prendevano alla testa ogni volta che facevo un movimento troppo velocemente o senza preavviso.
Mi sedetti sul bancone mentre trangugiavo il latto freddo e presi a pensare alla sera precedente, della quale ricordavo poco e niente. Aspettavo impaziente Harry, giusto per farmi raccontare com'era stato divertente vedermi ubriaca, per una volta.
Sentii il campanello suonare e mi diressi alla porta, come previsto il mio ragazzo ci aveva messo davvero poco, le nostre case erano piuttosto vicine ed, in più, lui amava sfrecciare per le strade della cittadina con la sua velocissima auto.
Quando aprii la porta, a differenza di quello che avevo creduto fino a pochi minuti prima, Harry non era affatto divertito, anzi.
Mi trapassava con quegli occhi verdi e gelidi, quegli occhi che in quel momento sarebbero potuti essere scambiati per quelli di un assassino. Mi guardava e mi inceneriva con lo sguardo allo stesso tempo, forse consigliandomi inconsciamente di arretrare, per evitare di dovermi imbattere contro la sua furia.
Perché sapevo, ne ero convinta, che una parte di lui non voleva quello che invece stava per fare.
Fece un passo avanti e si chiuse la porta alle spalle.
«Ciao Harry.»
Non feci in tempo a dire altro che un forte schiaffo mi colpì sulla guancia destra, talmente forte ed inaspettato da farmi perdere l'equilibrio e cadere atterra. Strozzai un gemito dal dolore.
«Questo è per ieri sera.»
Mi ringhiò contro lui, rendendo la sua voce bassa e gutturale, ancora più graffiata ed aggressiva, ancora più paurosa.
Alzai la testa per incontrare nuovamente il suo sguardo e lo vidi un po' più morbido, un po' più umano. Già avermi dato quello schiaffo lo aveva tranquillizzato, in parte, lo aveva aiutato a sfogarsi.
Nonostante il dolore crescente che avevo alla guancia, pensai che era meglio così, meglio che si sfogasse piuttosto che serbasse tutte le rabbie ed i rancori dentro di sé.
Abbassò lo sguardo dai miei occhi alle mie labbra e prese a fissarle intensamente, ma non con lo stesso sguardo con cui le fissava quando voleva baciarmi, piuttosto con lo stesso sguardo con cui le fissava quando voleva mordermi, quando aveva bisogno di sfogarsi e di picchiarmi. Decisi che non era possibile che avesse ripreso ad usarmi come sacco da boxe, come anni prima, così ipotizzai che avevo qualcosa lì, sull'angolo della bocca. Magari mi era rimasto un po' di latte.
Ci passai la mano sotto e, guardandomela, mi accorsi che era rossa. Di sangue.
Con quello schiaffo era riuscito a spaccarmi il labbro.
Avevo maledettamente paura che potesse farmi male, ancora e ancora.
Cominciò ad avvicinarsi a me e, per ogni suo passo, io strisciavo col sedere all'indietro, cercando di sottrarmi a lui, cercando di scampare quello che mi aspettava, cercando di fargli provare un po' di compassione, di pietà, di pena.
Nella furia di andare indietro per scappare da lui, però, non mi ero resa conto della direzione in cui stavo scivolando: così, ben presto, sentii aderire la mia schiena al muro ruvido e freddo e vidi Harry quasi ghignare, notando che ero in trappola.
Proprio come un predatore con la preda, proprio come il leone con la gazzella, il gatto con il topo, il lupo con il cervo... lui aveva preso me.
Si chinò leggermente e mi prese per i polsi, tirandomi su in piedi e sbattendomi al muro. Battei forte la testa ma serrai le labbra per evitare di emettere strani rumori per il dolore e, a differenza di ogni mia aspettativa, ci riuscii.
Lo sentii aderire sempre di più al mio corpo, una sua gamba tra le mie, il suo bacino che combaciava con il mio, il suo petto che si gonfiava quando il mio si riabbassava, così da sfruttare intelligentemente il poco spazio tra i nostri corpi.
Inutile dire che i suoi occhi incombevano su di me pericolosamente, quasi come il suo respiro che ormai mi aveva avvolta in una bolla, che mi suggeriva che mai sarei potuta scappare da lui.
Mi avrebbe preso, sempre.
«Harry, cosa ti ho fatto?» Il suo sguardo si assottigliò ancora di più, se possibile, a quelle parole. Sì, lo stavo facendo incazzare ancora di più, ma volevo almeno capire il motivo per il quale mi stava riducendo così. «Non mi ricordo nulla di ieri sera.»
Per un attimo pensai che esplodesse dalla rabbia. Per un attimo pensai che avrebbe afferrato l'oggetto contundente più vicino e me l'avrebbe sbattuto in testa, colto dalle mie parole.
Si limitò a prendermi per le spalle e sbattermi nuovamente e con maggior forza al muro, facendomi battere ancora una volta la testa. Quella volta non riuscii a trattenere un suono smorzato.
«E' questo il punto!» Sbraitò lui, a pochi centimetri dal mio viso. «Quando mai ti ho permesso di ubriacarti, eh!? Quando?»
Socchiusi gli occhi e li riaprii due o tre volte, nella speranza di scoprire che in realtà era tutto un sogno o, ancora meglio, una visione che stavo avendo a causa della sbronza. Ma se sbattevo le palpebre Harry non spariva e, anzi, sembrava irritarsi ancora di più, in attesa di una risposta.
Analizzai attentamente le parole di quel ragazzo. Quando mi aveva permesso di ubriacarmi? Mai. In realtà, non era mai stato imposto un limite verbale al riguardo, semplicemente lui mi aveva frenato quando avevo iniziato a bere troppo e, ad ogni modo, avevo sempre retto tutto quello che mi era stato concesso bere. Quindi la sera precedente non avevo neanche pensato a quanto Harry si sarebbe potuto arrabbiare, senza considerare che dopo il primo forte bicchiere d'alcol che mi aveva gentilmente offerto Niall avevo già perso parzialmente il lume della ragione e non mi ero preoccupata minimamente delle conseguenze che avrebbe potuto avere quel gesto.
Abbassai lo sguardo remissiva di fronte al mio ragazzo che, come al solito, aveva ragione.
«Mai.»
Soffiai in un sussurro, sperando di fargli capire che ero veramente dispiaciuta per quello che era accaduto, non volevo di certo farlo arrabbiare, anzi. Lui però non sembrò demordere.
«Ti lascio con quel deficiente per andarmi a fumare una sigaretta, rientro dopo neanche dieci minuti e ti trovo a strusciarti con mezza sala!»
Sgranai gli occhi, alzando lo sguardo per incontrare il suo.
Oh cazzo, l'ho fatta grossa. Fu la prima cosa che pensai ma, subito dopo, iniziai a valutare anche altri aspetti di ciò che Harry mi sta raccontando. Ad esempio, realizzai che avevo tradito il mio ragazzo. Davanti ai suoi occhi.
«Io...»
Iniziai a balbettare ma non ebbi neanche il tempo di finire che il riccio mi interruppe nuovamente, con lo sguardo sempre più cattivo, con gli occhi sempre più grandi e arrabbiati, con le sopracciglia sempre più incrinate, con la lingua sempre più affilata.
«Tu cosa, Chantal? La tua borsa era piena di numeri di telefono!»
Deglutii nervosamente, avevo decisamente esagerato. Avevo davvero fatto tutte quelle conquiste la sera prima? Se solo ci pensavo volevo schiaffeggiarmi ed, in parte, ringraziai Harry che lo stesse facendo per me. Non solo avevo causato l'ira del mio ragazzo tradendolo, in più avevo anche dato a Louis l'idea che fossi una ragazza fin troppo facile.
Mi odiavo per questo motivo.
Avrei voluto rispondere ad Harry, dirgli che in realtà non volevo bere, che era stato Niall ad offrirmi l'alcol, dirgli che non ero consapevole delle mie azioni e che io non desideravo tutti quei ragazzi ma, bensì, solo lui.
La verità, però, era ben altra.
La verità era che ero tornata nel salone di quella grande casa con la speranza di dimenticarla davvero quella brutta sera, con la speranza che finisse al più presto, con la speranza di non pensare più al viso dolce di Eleanor, al modo in cui Louis la guardava.
E così, la soluzione a tutti quei miei problemi era stata solo una: l'alcol.
Niall non mi aveva aiutato offrendomi da bere fino allo sfinimento, ma la colpa era stata principalmente mia, avrei dovuto fermare il biondino e mantenere l'autocontrollo che solitamente mi caratterizzava.
«Harry... io ti ho tradito?»
Gli chiesi, non avendo il coraggio di guardarlo negli occhi mentre gli ponevo quella domanda che l'avrebbe sicuramente fatto arrabbiare ancora di più, magari andando a toccare nervi ancora scoperti.
«Sì, cazzo!»
Mi strillò contro, per l'ennesima volta, ma non potei dargli torto. In quel momento avrei voluto sprofondare, avrei voluto che sotto di me si aprisse una voragine e mi inghiottisse, avrei voluto che qualcuno mi rapisse per portarmi lontano da quello sguardo accusatorio che mi attribuiva colpe delle quali dovevo assolutamente assumermene la responsabilità.
«I-io... scusa.»
Balbettai ancora, riuscendo alla fine solo a scusarmi. Non sapevo cosa dire, non sapevo cosa fare, sapevo solo che il suo corpo stava premendo con forza contro il mio schiacciato alla parete e che se non avesse smesso di fare così tanta pressione il mio bacino si sarebbe sbriciolato sotto la forza del suo. Lo stesso trattamento, ovviamente, avrebbero ricevuto i miei polsi se di lì a poco non avesse allentato la presa.
«Scusa?»
Chiese ironico, avvicinandosi ancora di più al mio viso, e inclinando il suo leggermente a destra, visto che il mio sguardo basso era proprio diretto verso destra. Quando vidi entrare nel mio campo visivo i suoi smeraldi verdi, scostai lo sguardo un'altra volta, girando il volto completamente a sinistra. Inutile dire che quel mio cercare di sfuggire dai suoi occhi lo fece infervorare ancora di più.
«Hai anche il coraggio di chiedermi scusa?»
Ringhiò infastidito.
«Lo sai che non devi bere troppo, cazzo. Mi hai mai visto sbronzo?»
Ovviamente domanda retorica, alla quale, sempre cercando il mio sguardo, si rispose da solo, iniziando il suo monologo.
«No! Sono dovuto passare sopra il tuo stupido vizio del fumo, e odio baciare le ragazze che fumano, ma non passerò sopra l'alcol. Devi sempre avere la situazione sotto controllo, Chantal! Dieci minuti che non ci sono e per colpa di qualche bicchiere di troppo ti trovo ad infilare la lingua in gola a tutti gli sconosciuti della sala, segnandoti anche i numeri!»
Nella foga dello sgridarmi non si stava accorgendo che mi stava stritolando i polsi più del dovuto, sbattendoli più volte al muro sopra la mia testa.
«Cosa c'è, ti piace fare la puttana? Non c'è problema, basta dirlo, ma fai la mia puttana! MIA!»
Sbraitò e, sempre tenendomi per i polsi, mi buttò a terra, rannicchiata ai suoi piedi.
Umiliata. Ecco come mi sentivo in quel momento. La sera prima avevo fatto la troia con quei ragazzi ed Harry, giustamente, se la stava prendendo con me, minacciando di rendere il nostro rapporto ancora più complicato e spinoso di quanto già non fosse.
Si chinò per arrivare alla mia altezza e si avvicinò sempre più pericolosamente a me, con quel dito puntato con fare minaccioso verso il mio viso.
«Tre giorni che conosci quel coglione sono bastati per farti dimenticare tre anni con me?»
Mi strillò, sputando fuori con cattiveria quello che pensa davvero: che la vicinanza con Louis stesse offuscando tutto quello che provavo per lui.
Ripensai a quei tre anni passati con Harry, tutte le notte insonni a piangere per lui, tutte le corse nello sperare di non incontrarlo, tutti i sorrisi forzati, tutti gli occhi lucidi, tutte le risate, anche quelle vere. Tutto l'amore, quello che avevo imparato a provare. Tutte le raccomandazioni, le regole, quelle che mi avevano fatto crescere. Tutte le sue carezze, anche quelle che erano più forti, fino ad essere veri e propri schiaffi.
Tutto, gli ero grata per tutto.
E tre giorni di conoscenza con Louis di certo non avevano potuto offuscare quello che mi legava a quel ragazzo.
«E' stato Niall a farmi bere, non Louis.»
Provai a sussurrare, ma nel momento in cui lo feci pregai con tutto il cuore che non avesse sentito cosa era uscito dalle mie labbra. Lo vidi prendere un grande respiro come per calmarsi, ma ottenendo l'effetto contrario.
Gli tremavano le gambe, dalla rabbia.
Mi prese ancora una volta per le spalle, facendomi alzare e risbattendomi al muro lì vicino.
«Adesso lo difendi anche?»
Mi chiese con stupore, rabbia, diffidenza. Nonostante il suo tono di voce fosse cambiato e stesse urlando di meno, i suoi occhi erano sempre freddi e distaccati, quasi non sembravano i suoi, quasi non sembrava appartenessero ad un ragazzo.
Non feci in tempo a rispondere che sentii una mano afferrare e esercitare pressione sulla mia gola, bloccandomi quasi del tutto il respiro. Cercai di buttare la testa indietro per sottrarmi a quel contatto ma incontrai la resistenza del muro, aprii la bocca per prendere fiato, ma più cercavo di pendere aria più sentivo che la presa di stringeva sul mio collo.
Harry stava cercando di strozzarmi, e non c'era nessuno a fermarlo.
Boccheggiai, iniziai a tossire per fargli capire che mi stava facendo male, ma la sua presa non si allentava, anzi. Per un attimo vidi scorrermi tutta la vita davanti, come in un film, ma poi cercai di convincermi che lui non mi avrebbe mai potuto fare una cosa del genere.
Così tentai, corsi il rischio.
Abbassai la testa, andando incontro alla sua mano, solo per poterlo guardare negli occhi. I miei azzurri si incatenarono ai suoi verdi, iniziando uno strano gioco, carico di sottointesi. Potevo vedergli brillare gli occhi, accesi dalla rabbia, accesi dalla voglia di farmi del male.
Potevo vedere brillare i miei occhi riflessi nei suoi, appannati dalle lacrime, dalla paura, dalla tristezza.
Tossii ancora, arrancando un ultimo respiro prima che mi si chiudesse completamente la gola, ma quando pensavo che non sarei riuscita a prenderlo, Harry mi lasciò libera dalla sua morsa. Mi portai le mani alla gola ed iniziai a tossire a ripetizione, cadendo in avanti, sulle ginocchia, ai suoi piedi.
«Cosa devo fare con te, Chantal?»
Sospirò, decisamente più calmo di quanto non fosse stato fino ad un attimo prima. Sapevo che non l'avrebbe mai ammesso ma aveva avuto paura, per un attimo, che non tornassi più a respirare, che con la sua morsa mi avrebbe strappato via la vita. Glielo avevo letto negli occhi.
Si chinò ancora una volta, ponendosi alla mia altezza. Mi prese il mento con due dita, costringendomi ad alzare il viso verso di lui, ed io tossi di nuovo, visto il movimento repentino che aveva fatto il mio collo per assecondare le sue dita.
«Cosa?»
Mi sussurrò sulle labbra.
Rimasi a guardarlo, senza riuscire a trovare una risposta.
Io, dal canto mio, sapevo che da quel giorno in poi ci avrei pensato due volte prima di prendere in mano anche un solo bicchiere di birra. Mi era bastato il suo sguardo, la sua rabbia, le sue urla, il suo schiaffo, le sue parole cattive, la sua mano sulla mia gola, per farmi imparare la lezione.
«Devo addomesticarti daccapo, micia?»
Sorrise di sbieco a quel soprannome che lui stesso, insieme ai suoi amici, mi aveva dato anni addietro. Dicevano che ero una micia sola e randagia, una micia che loro avrebbero addomesticato, proprio come mi aveva ricordato Harry in quel momento.
Rabbrividii sentendo quella frase, era tanto che nessuno usava più con me quel soprannome, erano riusciti a tenermi a bada, a domarmi. Era stato inutile in seguito chiamarmi così.
Ma adesso Harry lo stava ritirando fuori.
«Devo insegnarti di nuovo tutto, bambina?»
Continuò a trafiggermi con quello sguardo per metà arrabbiato e per metà malizioso, mentre probabilmente frugava nella sua testa per cercare tutti gli altri soprannomi che mi avevano dato. Non ce ne erano molti altri, ma quei due in particolare che Harry aveva riportato alla mia memoria erano quelli che usavano più frequentemente.
Me lo dicevano sempre che ero una bambina, ingenua e da istruire. Anche quel soprannome era sparito con il tempo, avendo io appreso tutto quello che loro mi avevano costretto ad imparare nel corso degli anni.
Dovetti mordermi il labbro per non sorridere, nonostante lui - ormai - lo stesse facendo apertamente, non volevo tirare troppo la corda e rischiare che si arrabbiasse di nuovo. Poteva sempre pensare che non stavo prendendo seriamente la sua sgridata, no?
Sospirò e, senza darmi il tempo anche solo di pensare ad una possibile risposta, si alzò di scatto, lasciandomi sola lì per terra e dirigendosi verso la cucina.
Presi un grande respiro e mi feci coraggio, alzandomi e andando a sedermi sul bordo del divano, mentre aspettavo che tornasse, qualunque cosa stesse facendo tra fornelli e credenze.
Abbassai lo sguardo, non avevo voglia di incontrare nuovamente i suoi occhi, non sapevo quanto fosse ancora arrabbiato con me e, sinceramente, speravo di non scoprirlo. Non mi accorsi neanche di quando tornò in salone, sedendosi affianco a me sul divano e facendomi girare verso di lui lentamente, con una delicatezza che mi fece innervosire.
Quel suo tocco così tranquillo e leggero era in terribile contrasto con la sua mano veloce e pesante sul mio collo, che tentava di bloccarmi il respiro, come era accaduto qualche attimo prima.
Se solo ci pensavo mi veniva da piangere.
Mi spostò una ciocca di capelli ribelli che era finita davanti agli occhi e mi alzò il viso sempre da sotto il mento, non disse nulla, si mise a fissare il mio labbro, per poi tirare fuori dell'ovatta probabilmente imbevuta nel disinfettante.
La avvicinò al mio labbro e prese a tamponarlo per medicare quello che lui stesso aveva fatto.
Sì, era disinfettante, ora che era vicino al mio naso, potevo sentirne l'odore arrivare fino alle mie narici, forte e fin troppo chiaro.
Bruciava, bruciava da morire. Ma fui brava, non emisi neanche un gemito, solo ogni tanto qualche respiro più cadenzato degli altri, quando premeva leggermente più forte sul punto ferito.
«A che pensi?»
Mi chiese tranquillo, come se non mi avesse appena fatto tutta quella scenata. Come se mi fossi spaccata il labbro per puro caso. Come se ieri sera fossimo rimasti a casa a guardare un film.
Muovendo solo il labbro superiore per non dargli fastidio mentre mi medicava, gli dissi la verità.
«A come posso essermi tagliata il labbro.»
Lo vidi aggrottare le sopracciglia, senza mai smettere il suo lavoro lì all'angolo della mia bocca. Scrollai le spalle e mi affrettai a spiegarmi.
«Sai, quando mia madre e tuo padre me lo chiederanno.»
Lui capì e annuì, sempre concentrato nel suo lavoro. Da quando ci eravamo seduti su quel divano ancora non ci eravamo guardati negli occhi, lui era troppo intento a fissare il mio labbro, per far fermare il sangue e disinfettare per bene il taglio.
«Puoi sempre dirgli che ti ho baciata con troppa foga.»
Sghignazzò lui, ovviamente proponendo un'ipotesi davvero poco realistica della questione.
«Harry,» cominciai, cercando di farlo ragionare. «l'unico modo in cui avresti potuto spaccarmi il labbro è...»
«Picchiandoti.»
Concluse lui al posto mio, per la prima volta alzando lo sguardo per incontrare i miei occhi. Io in realtà avrei detto dandomi per sbaglio una gomitata, cosa molto più probabile visto che, in casa mia, Harry ed i ragazzi erano famosi per essere maldestri. Spesso, quando era palese che alcuni segni che avevo sul corpo erano stati fatti da qualcuno mi limitavo a raccontare che Niall, Zayn, Liam o Harry mi avevano accidentalmente urtato. Né mia madre né Frank, poi, si erano mai chiesti se fosse vero, si fidavano ciecamente di quei quattro, gli avrebbero affidato la mia vita senza indugi.
Abbassai lo sguardo, come al solito non riuscivo a sostenere il suo. Presi a torturarmi le mani, le unghie, per colpa del nervosismo. Avere certe conversazioni con quel riccio mi faceva sempre lo stesso effetto, mi innervosiva parecchio, spaventandomi a morte.
Ma prima che potessi realizzare quello che stava facendo, si fiondò sulle mie labbra, modellandole alle sue, premendoci sopra con forza, senza pensare che probabilmente si stava imbrattando di sangue.
Percorse con la lingua umida il contorno delle mie labbra, come per chiedere silenziosamente accesso alla mia bocca, ed io glielo concessi, schiudendo leggermente le labbra. Le nostre lingue si incontrarono, accarezzandosi lentamente e rincorrendosi a vicenda, con una lentezza disarmante.
Le mie mani cominciarono a sudare, sentii il battito del mio cuore sperduto in ogni singolo millimetro del mio corpo, ero agitata, tremavo, il mio cuore era a mille e la mia testa non voleva saperne di smettere di girare. Quando Harry mi baciava riusciva sempre a farmi quell'effetto.
Mi prese per i fianchi e mi fece avvicinare ancora di più a lui, per poi percorrere la mia schiena con la mano aperta ed arrivare alla mia acute, dove infilò le sue dita tra i miei capelli biondi e scompigliati, facendomi piegare la testa leggermente di alto per aver ancora maggior accesso alla mia bocca.
L'altra mano, nel frattempo, aveva preso ad accarezzarmi con delicatezza la gamba ricoperta dal tessuto dei jeans, come a voler sottolineare quanto questo fosse inutile. Sapevo perfettamente dove Harry stava cercando di arrivare e sapevo che, anche se in quel momento non ero proprio dell'umore, gliel'avrei lasciato fare comunque.
Quando sentii i suoi denti sfiorarmi i labbro spaccato, procurandomi una fitta di dolore atroce, gemetti e spinsi ancora di più le sue labbra contro le mie, infilandogli una mano tra i capelli ricci e scompigliati, sempre morbidi. Sembrò apprezzare il gesto e si fece sempre più avanti, costringendomi ad andare indietro con il busto, finché non mi ritrovai distesa sul divano.
Harry si staccò dalle mie labbra solo per qualche secondo, giusto il tempo di levarmi la felpa di dosso e poi tornare a stendersi sopra di me, fare aderire i nostri corpi e riprendere a baciarmi.
Iniziarono a tremarmi le ginocchia senza che io riuscissi a farle smettere. Dei brividi gelidi mi percorsero tutto il corpo, dalla cima dei capelli fino ai piedi. Sentivo freddo, poi avevo caldo, sudavo e tremavo insieme a intervalli irregolari.
Riprese a baciarmi mentre passava le sue mani grandi e calde su tutto il mio corpo, a partire dal ventre per poi scendere alle cosce ed alle natiche, per poi risalire fino all'ombelico e poi osare ancora più su, sul seno, coperto dalla stoffa ancora per poco.
Con un gesto rapido ed esperto mi sganciò il reggiseno, lanciandolo lontano, dall'altra parte del salone. Iniziò a baciarmi il collo, per poi scendere ed arrivare ai miei capezzoli che iniziò a mordere e tirare teneramente, facendomi gemere appena.
Inarcai la schiena notevolmente e lui sorrise con le labbra ancora sul mio seno, per poi poggiarmi una mano sulla colonna vertebrale, in modo che non avessi la possibilità di tornare ad una posizione normale, ma che rimanessi con il petto all'infuori e la schiena incurvata innaturalmente.
Riprese a torturarmi i capezzoli, uno leccandolo, stuzzicandolo con i denti e circondandolo con le labbra, l'altro tirandolo e massaggiandolo con le dita, fin quando i miei gemiti, da timidi che erano, divennero sempre più invadenti e più frequenti: ormai ansimavo.
Non riuscivo più a controllare nessuna parte di me stessa, era come se la mia mente e il mio corpo si fossero bruscamente staccate una dall'altra.
Mossi la mia mano, gli sfiorai il fianco e sentì le cuciture della sua maglietta tra le mie dita. Gli accarezzai la schiena e sentii il calore del suo corpo contro la mia mano. Infilai le mani sotto la maglietta, sfiorando con i polpastrelli i suoi addominali scolpiti, per poi passare per i fianchi e ritornare ad accarezzargli la schiena e le spalle.
Capendo le mie intenzioni, Harry si separò nuovamente dal mio corpo, per togliersi la maglietta e riprendere a baciarmi con foga e passione.
Era bello sentire le nostre labbra giocare, era fantastico sentire le nostre lingue sfiorarsi gentilmente, era come se tutto in quegli istanti fosse dannatamente perfetto.
Con l'indice percorse il profilo del mio corpo, passandolo in mezzo ai seni, facendolo girare attorno all'ombelico, per poi arrivare al bottone dei jeans. Con una lentezza disarmante lo sbottonò, per poi tirarmelo giù e prendere ad accarezzarmi con dolcezza le cosce, senza volersi decidere a sfilarmi gli slip.
Per fargli capire che non ne potevo più di quella piacevole tortura, presi a disegnargli il contorno dei suoi addominali per poi indugiare parecchio tempo con il bordo dei suoi pantaloni che, solo dopo qualche minuto, decisi di sbottonare e tirare giù, avvertendo l'erezione di Harry premere contro la mia gamba.
Continuavamo a baciarci senza darci tregua, i suoi baci riuscivano sempre a mozzarmi il respiro, a farmi tremare il petto, a farmi innamorare ogni volta di più. Lui era steso su di me e stava puntellando i gomiti sul divano di pelle per non pesarmi. I nostri corpi combaciavano perfettamente, sentivo il suo bacino scontrarsi contro il mio, ed i miei capezzoli turgidi schiacciati con forza contro il suo petto scolpito. Le sue mani erano sui miei fianchi e le mie tra i suoi capelli, ma non durò per molto, perché lui decise che era ora di iniziare a giocare più seriamente.
Infilò una mano nei miei slip con decisione, senza esitare. Massaggiò e sfregò il mio clitoride ormai duro e mi torturò a lungo prima di infilare due dita dentro, seguite immediatamente da un mio sospiro. A ritmo con le sue dita che si muovevano sapienti dentro di me, continuai a gemere contro le sue labbra, mentre lui ogni tanto si allontanava dal mio viso ed apriva gli occhi per godersi il mio viso sfigurato dalle espressioni di piacere. Sorridendo malizioso, poi, tornava a baciarmi.
Solo quando uscì fuori da me, capii che era arrivato il mio turno. Non mi diede la possibilità di invertire le posizioni, così mi dovetti accontentare di fare quello in cui ero brava... da sotto.
Infilai una mano nei suoi boxer neri, afferrando con forza e decisione il suo membro, più di quanta non ne avessi mai avuta nella vita. Sentii Harry sospirare mentre mi baciava e presi a muovere su e giù la mano, simulando un amplesso, mentre lo sentivo gemere e spingere col bacino contro di me, come a chiedere sempre di più.
Quando sentii i suoi muscoli irrigidirsi sopra al mio corpo mi fermai e lo liberai dalla mia morsa piacevole e anche dall'inutile pezzo di stoffa che ormai rappresentavano i boxer; mi separai dalle sue labbra e mi sfilai velocemente gli slip circondando la sua vita con le gambe, alzando il bacino e facendogli quindi bene intendere cosa desideravo che facesse.
Lui mi sorrise malizioso, per poi infilarsi lentamente e con pazienza dentro di me, osservando ogni mia espressione per capire se mi stava facendo male. Attese qualche istante perché mi abituassi al suo corpo e poi prese a spingere al mio interno, dapprima lentamente e poi con spinte sempre più veloci e decise, aumentando il ritmo dei nostri gemiti.
L'aria era impregnata dei nostri odori e dei nostri respiri, e per l'ennesima volta, mi trovai a chiedermi se stessi facendo la cosa giusta. Per l'ennesima volta - come sempre, quando andavamo a letto - mi chiesi se facessi bene ad accettare che lui mi 'prestasse' ai suoi amici.
Ero come sempre assalita dai dubbi, ma poi, ignorando i gemiti ed i nostri respiri affannati, sentii in lontananza il suo cuore battere velocemente. Era un suono magico, un suono dolce, un suono cullato dalle sue spinte dolci...
Ora sentivo anche il mio cuore a mille, li sentivo battere insieme mentre lo nostre labbra giocavano armoniosamente l'una con l'altra e i nostri corpi si fondevano insieme ancora una volta, finché non fummo una cosa sola, venendo l'uno nel corpo dell'altra, sospirando i nostri nomi.
Ancora una volta mi aveva fatta sua, tanto per dimostrarmi che le parole che mi aveva detto prima, alla fine, erano vere.
Io ero la sua puttana.
Si accasciò con delicatezza su di me, appoggiando la testa sul mio petto e prendendo a giocare timidamente con un mio capezzolo ancora scoperto e ancora duro.
«Quando te li sei tatuati quei due uccelli?»
Gli chiesi svogliatamente, iniziando a giocare con un suo riccio, ovviamente riferendomi al suo ultimo tatuaggio: due uccelli speculari sul petto.
«Ieri mattina.»
Rispose con indifferenza, così come io gli avevo posto quella domanda. Mi fermai a pensarci un attimo, avevo paura di quello che stavo per chiedergli da lì a poco, si sarebbe potuto arrabbiare di nuovo, ma non avevamo mai discusso di un argomento simile quindi non potevo prevedere la sua reazione finché non gliel'avessi chiesto.
Presi un grande respiro e lo chiamai.
«Harry?»
Non si girò né mi rispose, si limitò a fare uno strano verso accondiscendente, come a dire: "continua, ti ascolto".
«Mi accompagneresti a fare un tatuaggio uno giorno di questi?»
Avevo deciso di chiedere a lui perché ormai era esperto, ne aveva più o meno trenta. Moltissimi sul fianco sinistro, ora quelli sul petto, una stella sul braccio. Ma quello che mi piaceva di più, in realtà, era quello che aveva sul polso, dove c'era scritto: "I can't change."
Anche Zayn, però, non scherzava, ne aveva pochi di meno del mio ragazzo, anche se molto più grandi.
Lui si immobilizzò e smise di giocare con il mio corpo, per poi girare la testa ed incontrare il mio sguardo.
«Dove te lo vorresti fare?»
Deglutii e mi resi conto che fino a quando non mi aveva risposto avevo trattenuto il respiro. Però era sembrato piuttosto tranquillo, quindi mi calmai e posai il mio dito sotto il seno sinistro, lì dove c'era il mio cuore.
«Qui.»
Sussurrai flebilmente, e lui annuì.
«E cosa vorresti farti?»
Mi chiese, cercando di trattenere un mezzo sorriso sornione. Chissà perché era divertito dal fatto che volessi farmi un tatuaggio.
Era tanto che ci pensavo, quasi un anno. Volevo farmi quel tatuaggio, volevo avere un segno indelebile sul corpo, un segno di Lui che mi sarebbe rimasto per tutta la vita, l'iniziale del Suo nome tatuata sul cuore.
«Una lettera.»
Risposi tranquillamente, ormai avevo capito che mi avrebbe accompagnata e che non era affatto contrario. Rilassai notevolmente i muscoli e mi preparai psicologicamente a rispondere alla successiva domanda del mio ragazzo la quale, sapevo per certo, sarebbe stata: "che lettera?"
Harry, però, non fece in tempo a pormela che sentimmo una suoneria assordante e rumorosa trillarci nelle orecchie: il mio telefono.
Feci per alzarmi ed andare a prenderlo ma il mio ragazzo mi bloccò, rinfilandosi al volo i boxer e raggiungendo al volo il mio cellulare, sul mobile affianco alla televisione.
«Faccio io.»
Rispose con un tono che non ammetteva repliche. Solo in quel momento mi resi conto che non era stata una gentilezza quella di aver risposto al mio telefono, bensì un modo morboso e malato di controllarmi. La situazione continuava a degenerare paurosamente e la gelosia di Harry anche. D'altra parte, però, non ero nella posizione di poter dettar legge, lamentarmi o tantomeno controbattere, visto che al telefono sarebbe potuto essere anche un qualsiasi ragazzo al quale avevo lasciato il mio numero la sera prima.
«Ciao Niall.»
Tirai un sospiro di sollievo, Niall. Non ero nei guai, magari mi ero limitata a segnarmi i numeri dei ragazzi e non a diffondere il mio.
«Sì, è qui con me.»
Harry si girò verso di me ma si mise a guardare la parete subito dietro il divano. Aveva lo sguardo perso nel vuoto, come stesse ascoltando attentamente quello che l'amico gli stava dicendo al telefono.
«Glielo dirò.»
Mi lanciò un'occhiata, grazie alla quale capii immediatamente che stavano parlando di me.
«No, non si ricorda nulla di ieri.»
Arrossii imbarazzata e abbassai lo sguardo colpevole, mentre Harry mi trafiggeva con quei suoi occhi ancora velati dalla rabbia.
«Scordatelo.»
Sibilò poi il riccio, con troppa cattiveria per i miei gusti. Poi, sbuffò rassegnato.
«D'accordo, ma non te ne approfittare troppo che potrei smettere di essere così flessibile.»
Poi, silenzio.
«Ti ricordo che lei è mia e fa quello che dico io!»
Fu l'ultima cosa che sentii dire al mio ragazzo prima di un sonoro e secco 'ciao'.
Ripoggiò con poca delicatezza il telefono sul mobile.
«Allora?»
Lo incoraggiai per farmi raccontare cosa era successo col biondino.
«Ha detto che passa tra un paio d'ore.»
Guardai l'orologio alla parete e fissai l'ora: le due di pomeriggio. Mi ero alzata così tardi quella mattina? Tutta colpa della sbronza.
Annuii e tornai a vestirmi proprio come fece Harry che, non appena si rinfilò la felpa, mi salutò con un tenero bacio sulle labbra e, con la scusa che non voleva incontrare suo padre, sgattaiolò fuori di casa, promettendomi che un giorno o l'altro mi avrebbe accompagnato a fare quel benedetto tatuaggio.
La mattinata era passata velocemente in compagnia di Harry, ma non potevo dire la stessa cosa del primo pomeriggio.
Da quando se n'era andato, la testa aveva ripreso a girarmi vorticosamente, il labbro e pulsarmi e gli occhi a pizzicare. Era stato facile non pensare a quel poco che mi ricordavo della sera prima tra le braccia di Harry ma, non appena lui era lontano, il ricordo dello sguardo innamorato di Louis tornava a fare capolino nei miei pensieri.
E la cosa che, stranamente, mi faceva più male era che quello sguardo non era rivolto a me.
Non ne capivo il motivo, io ero innamorata di Harry, no? Di Harry e di nessun altro.
Mi feci un panino per pranzo, come al solito non avevo molta fame, e mi misi a guardare un po' di televisione, stare con Harry mi sfiancava ogni volta, ero sempre stanca.
Solo a pensare che da lì a poco sarebbe arrivato Niall mi veniva da sbattere la testa contro il muro. Cosa avevamo fatto di male io ed il mio fragile corpo per non avere un attimo di pace?
Mia madre e Frank erano spariti da quella mattina, senza farmi sapere nulla. Non mi preoccupavo però, non era la prima volta che avveniva una cosa del genere, magari erano ad una delle loro solito scampagnate o, perché no, a qualche mercatino dell'usato o, ancora, a qualche fiera del libro.
L'aria cominciava a pizzicare e, nonostante il riscaldamento acceso, avevo freddo, così presi una coperta e me la misi sulle gambe. Ancora freddo, strano. Mi alzai ed andai in cucina, fino ai fornelli per mettere su un po' di acqua per preparare del thè.
Stavo per versarlo nella tazza quando suonò il campanello, come sempre, quei ragazzi avevano un tempismo perfetto.
«Ciao.»
Lo salutai con un sorriso mentre mi mettevo da parte per farlo entrare in casa.
«C'è nessuno?»
Sbuffai e richiusi la porta alle sue spalle, iniziando a borbottare.
«Ehi Chantal, come va? Io bene Niall, grazie per l'interessamento, tu? Non c'è male grazie. Cosa stavi facendo? Mah, niente io...»
«D'accordo ho afferrato.»
Mi fermò lui prendendomi per i fianchi, prima che io potessi continuare quel lungo monologo iniziato solo allo scopo di provocarlo.
«Come stai, Chantal?»
«Bene.»
Mi limitai a rispondere. Lui si avvicinò con una lentezza disarmante al mio viso, facendo incontrare le nostre labbra solo dopo un intenso scambio di sguardi nel quale, come sempre, vinse lui, dato il colore magnetico dei suoi occhi. La sua lingua iniziò a cercare la mia ed io, dopo avergli concesso di baciarmi per qualche minuto mi separai da lui sorridente.
Mi piaceva quando Niall era così dolce, era l'unico ad esserlo nel gruppo.
Harry era quello violento, il più violento di tutti.
Zayn era il più pervertito, ma anche quello con avevo stretto più amicizia.
Liam era il più superficiale, il più menefreghista, quello a ci non interessava nulla di me.
E poi c'era Niall, il più dolce. Quello che, nonostante non fosse Harry, il mio ragazzo, ogni tanto mi stupiva con i suoi gesti ed i suoi sorrisi, quello che si preoccupava di come stessi, che mi faceva ridere e mi tranquillizzava. All'inizio - se solo ci ripensavo mi venivano i brividi - lui non era così, anzi.
Aveva appena avuto una delusione amorosa, credo. Non ricordo bene in realtà. Ricordo solo che era violento come Harry, menefreghista come Liam, perverso come Zayn. All'inizio tutti e tre possedevano quelle tre particolari caratteristiche, che poi erano andate via via sfumando con il corso degli anni, fino a che non se ne erano ben delineate solo alcune.
In realtà quel discorso era molto più complesso di come lo stavo facendo in quel momento. Harry non sempre era violento, era anche in grado di trattarmi con gentilezza, così come Zayn non pensava sempre e solo al sesso. La stessa cosa era per Liam, qualche volta aveva anche dato segno di umanità. Per non parlare di Niall che spesso, quando era arrabbiato, continuava a sfogarsi su di me, mandando a quel paese tutta la dolcezza che spesso lo caratterizzava.
Cercai di non pensarci, ritenni inutile ingarbugliare i miei pensieri ancora di più, quei quattro ragazzi erano troppo difficili da capire, probabilmente neanche uno psichiatra ci sarebbe riuscito.
Alzai lo sguardo per incontrare quello del biondo e gli sorrisi, scusandomi.
«Niall, scusa ma mi gira un po' la testa, Harry se n'è andato poco fa. Ti dispiace se ci prendiamo prima una tazza di thè e poi... pensiamo all'azione?»
Gli chiesi, sperando mi concedesse una tregua. Lui non sembrò affatto irritato o arrabbiato, si limitò ad annuire sorridente, per poi tornare serio qualche secondo dopo, accorgendosi di qualcosa.
Qualcosa che era sul mio labbro.
«Chantal, cos'hai fatto lì?»
Passò delicatamente un dito sul mio labbro inferiore, proprio lì dove era spaccato. Mi strinsi nelle spalle e mi affrettai a rispondergli, liberandomi dalla sua presa e dirigendomi verso la cucina, dove il thè ci attendeva.
«E' stato Harry.»
Mi limitai a dire, cercando di fermare tutto il fiume di immagini che avevano iniziato a scorrere imperterrite nella mia mente, riportando tra i miei pensieri non solo le immagini di quel pomeriggio, ma anche quelle degli anni passati, quelle che faticavo tanto per dimenticare.
«Si è arrabbiato per ieri sera?»
Annuii solamente, lasciando cadere il discorso, mentre versavo il thè - che emanava un profumo buonissimo - nelle tazze e le portavo in salotto su un vassoio, con tanto di biscotti.
Ci sedemmo entrambi sul divano, lui mi mise una mano dietro le spalle per farmi avvicinare ed io lo assecondai, finendo a stretto contatto con il suo petto. Accesi lo stereo con il telecomando, permettendo alla musica della radio di farci da sottofondo.
Iniziai a trangugiare il mio thè in silenzio e così fece lui, finché una canzone che stavano trasmettendo alla radio, di sottofondo, catturò la nostra attenzione.
Il motivetto era accattivante e orecchiabile, le voci dei cantanti belle, ma la cosa che colpì maggiormente me e Niall furono le parole.
She sneaks out in the middle of the night, yeah
Tight dress with the top cut low
She's addicted to the feeling of letting go
Let it go
She walks in and the room just lights up
But she don't want anyone to know
That I'm the only one that gets to take her home
Take her home.
Lei sgattaiola fuori di casa nel mezzo della notte, yeah
abito aderente con il top molto corto
lei è attratta dal "lasciarsi andare"
lascialo andare
Entra lei e la stanza si illumina
ma non vuole che qualcuno sappia
che io sono l'unico che la può portare a casa
portarla a casa.
Ci scambiammo uno sguardo complice, ero certa che stavamo entrambi pensando a quante volte ero scappata via di casa per andare ad una festa, a bere qualcosa o anche solo a ballare con loro. Arrossii al pensiero.
Maybe she's just trying to test me
Wanna see how hard I'm gonna work
Wanna see if I can really tell how much she's worth
What you're worth
Or maybe all her friends have told her don't get closer
He'll just break your heart
But either way she's teasing me and it's just so hard
Cause every time I tell her how I feel
She says it's not real.
Magari mi sta solo mettendo alla prova
magari vuole vedere quanto ci proverò
vorrà vedere se riesco a dirle quanto vale per me
quanto vali per me
o magari tutte le sue amiche le hanno detto di non avvicinarsi
"lui ti spezzerà il cuore"
ma comunque mi stuzzica ed è così difficile
Perchè tutte le volte che le dico quello che provo
lei risponde che non è vero.
Ripensai a quante volte mi avessero suggerito di stare lontana da quei quattro, a quanto tutti li temessero in quella scuola a quanto, comunque le ragazze continuavano a cadergli ai piedi.
«Questa canzone sembra fatta apposta per te.»
Mi sussurrò l'irlandese in un orecchio, incominciando ad accarezzarmi i capelli biondi come i suoi.
«Io non sono così.»
Risposi ripercorrendo con la mente le parole della canzone.
«Sì che lo sei.»
Dopo qualche minuto che ci pensavo, alla fine, mi ritrovai costretta a dargli ragione.
«D'accordo, ma solo perché voi mi avete cresciuta così.»
Anche lui, dopo qualche riflessione, si trovò d'accordo con me.
She's not afraid of all the attention
She's not afraid of running wild
How come she's so afraid of fallin' in love
She's not afraid of scary movies
She likes the way we kiss in the dark
But she's so afraid of fallin' in love.
Lei non ha paura di attirare tutta l'attenzione
lei non ha paura di fare pazzie
come è possibile che sia così spaventata di innamorarsi
lei non ha paura dei film horror
a lei piace il modo in cui ci baciamo al buio
ma lei è terrorizzata al pensiero di innamorarsi.
«E poi io non ho paura di innamorarmi.»
Ribattei ascoltando le ultime parole di quella canzone, convinta a non volergli dare ragione in quella discussione. Io non avevo paura di innamorarmi, io lo ero già. Di Harry.
«Sì invece.»
Mi rispose lui, chinandosi leggermente per poggiare la tazza bianca di terracotta ormai vuota, sul tavolino.
«Hai paura di innamorarti di chiunque altro non sia Harry.»
Lo guardai per qualche secondo, aveva assunto un'espressione stranissima, quasi saccente. Sbatteva le palpebre frequentemente ed il labbro inferiore era leggermente più sporgente di quello superiore. Il mento era inspiegabilmente appena più alzato del normale.
Mi ricordava maledettamente Louis.
Era con lui che ormai ero solita fare conversazioni di quel genere, quelle dove lui metteva in dubbio tutti i miei ideali, tutti i miei pensieri, quelle discussioni dove bastava una sua parola per farmi crollare addosso tutte le convinzioni con le quali ero cresciuta, costringendomi a riflettere.
E non sempre ciò che traevo da quei ragionamenti contorti mi piaceva.
Quindi, perché ora anche Niall si doveva mettere a fare il filosofo?
Ma non appena l'immagine di Louis si formò nella mia mente, abbandonai ogni tentativo di controbattere ciò che diceva il biondo, perché sapevo che era insondabile: aveva maledettamente ragione.
Avevo una paura inaudita di quella strana sensazione che avevo provato quando Louis aveva guardato Eleanor, ero convinta fosse invidia perché Harry non mi aveva mai guardata in quel modo, ma non potevo essere sicura che in futuro non si sarebbe trasformata in qualcosa di più serio, di più impegnativo, di più pericoloso.
Avevo tremendamente paura di innamorarmi di qualcuno che non fosse Harold Edward Styles, il mio ragazzo.
Poggiai anche io sul tavolo la tazza ormai vuota mentre quella canzone che ci aveva colpito tanto, finita, aveva lasciato il posto ad un'altra, decisamente più rumorosa.
Sbuffai, non sapendo come rispondere al biondino. Alla fine decisi semplicemente di far cadere il discorso.
«Cosa ho fatto ieri sera? Harry mi ha detto che l'ho anche tradito, ma io non ricordo nulla.»
Sospirò, probabilmente pronto a raccontarmi cos'era accaduto la sera prima, oppure no.
«Non te lo dico.»
Mi rispose e credo si trattenne dal farmi la linguaccia. Scoppiai a ridere per il tono che aveva usato e capii immediatamente che mi sarei dovuta 'guadagnare' certe informazioni.
Presi la coperta per un lembo e la levai dai nostri corpi, presto sarebbero stati sufficientemente caldi entrambi, non c'era bisogno di ulteriore stoffa inutile.
Mi misi a cavalcioni su di lui che, approfittando della situazione, poggiò le mani sul mio sedere, esercitando pressione e spingendo il mio bacino sempre più vicino al suo. Appoggiai le mani al suo petto e cominciai a baciargli il collo, lasciandogli strani segni violacei. Stavo usando labbra, denti e lingua e, guardando il mio lavoro rosso sulla sua pelle bianca, ero molto fiera di come stava riuscendo.
La sua presa sui miei fianchi si era rafforzata e lui pareva non aver intenzione di lasciarmi andare.
«Allora?»
Chiesi ancora tra un bacio e l'altro e lo vidi mordersi il labbro per costringersi a non rispondermi, ma quando mi avvicinai al suo viso per catturargli il labbro inferiore con i miei denti e liberarlo dai suoi, non riuscì a trattenersi e si lasciò sfuggire qualche informazione preziosissima.
«Ti ho dato da bere e tu sei corsa ad un tavolo, dove giocavano ad un gioco strano. E' colpa di quello se ti sei ubriacata. Ti ho seguito ma quando sono arrivato lì avevi già iniziato a giocare e nessuno dei tipi lì presenti aveva intenzione di lasciarti andare.»
Quelle parole mi riportarono alla mente delle immagini della sera prima, immagini che credevo di aver dimenticato.
Avevo bevuto troppo in fretta quello che mi aveva dato Niall e tutto l'alcol aveva preso a bruciarmi nello stomaco, come se minacciasse di venir fuori da un momento all'altro. A parte quello, però, stavo bene, anzi, ero anche più sorridente del solito.
Non ero ubriaca, ero sorridente.
Vidi un gruppetto di ragazzi in disparte, seduti attorno ad un tavolino. Stavano smanettando con alcolici forti, mescolavano strane sostanze e poi vedevo anche... sigarette. Avevo tremendamente voglia di fumare, ma non avevo portato neanche una sigaretta con me. Così, decisi di avvicinarmi a quel tavolino dove ragazzi e ragazze erano impegnati in uno strano gioco.
«Scusate, posso prendere una sigaretta?»
Chiesi in maniera abbastanza composta, non riuscendo però a modulare la voce, colpa sicuramente dell'alcol.
«No dolcezza, il pacchetto ci serve per il gioco. Perché non ti unisci a noi, invece?»
Non mi diedero il tempo di rispondere che una mano grande e tozza mi aveva afferrato e mi aveva fatto sedere con molta poca grazia su una panca lì vicino.
Mi spiegarono brevemente il gioco: bisognava tirare il pacchetto di sigarette sul tavolo e, a seconda di come cadeva, si guadagnavano dei punti. Se il giocatore dopo di te totalizzava zero punti allora era costretto a bere tanti sorsi di alcol quanti i punti che avevi accumulato tu.
Inutile dire che il giocatore subito prima di me era il più bravo di tutti e che riusciva a totalizzare sempre moltissimi punti, costringendomi a bere moltissimi sorsi d'alcol.
Inutile dire che per 'alcol' quei ragazzi intendessero Rum e Vodka, puri.
Inutile dire che sapevano dell'alcol quello per lavare i vetri.
Rimasi sconcertata. Davvero quei ragazzi erano riusciti a farmi bere Rum e Vodka puri, senza diluirli con nient'altro? Feci qualche calcolo, realizzando che quei due alcolici vantavano, rispettivamente, trentanove e quaranta gradi.
Non c'era da meravigliarsi che mi fossi ubriacata.
Infilai le mani sotto la felpa di Niall, baciandolo e disegnando con un dito freddo tanti disegni sul suo ventre, ignorando le linee ben scolpite degli addominali. Lo sentii rabbrividire, magari in parte per il freddo, ma soprattutto per l'effetto che gli stavo facendo.
Premetti le mie labbra sulle sue con ancora maggior forza, avevo bisogno di altre informazioni, sperando che facessero emergere qualche altro ricordo.
«Poi?»
Gli chiesi separandomi per qualche secondo dalle sue labbra. Lui, volendo la mia bocca sulla sua ancora una volta, si affrettò a rispondermi.
«Quando sono riuscito a portarti via ti sei buttata in pista, dove ti sei data da fare con un bel po' di ragazzi. Ti avevano accerchiato, ballavano tutti attorno a te ed io non potevo fare nulla.»
Proprio come avevo sperato altre immagini mi balenarono in mente.
Stavo ballando da sola al centro della sala, anche se sola non mi sentivo per nulla. Colpa di tutti gli occhi che avevo puntati addosso. Niall era stato fermato qualche metro prima da una mora e non ne sembrava affatto dispiaciuto, forse per qualche minuto mi avrebbe lasciata perdere. Presi a muovermi sensualmente, più di quanto non avessi fatto ballando con Harry e mi accorsi immediatamente che stavo attirando molta, troppa attenzione. Per non parlare della scenetta che avevo appena fatto con Harry e Zayn, probabilmente tutti pensavano che fossi una ragazza facile. Ed, infatti, molti ragazzi iniziarono ad avvicinarsi, mi accerchiarono, strinsero sempre di più il cerchio, senza preoccuparsi di quanto mi sentissi soffocare lì in mezzo a loro, in mezzo al loro sudore, alle loro risate, alle loro mani che si muovevano fin troppo e arrivavano a toccare dove non avrebbero dovuto neanche guardare, ai loro respiri caldi sulle mie spalle scoperte.
Tornai alla realtà, tornai sul divano con Niall e gli slacciai velocemente i pantaloni, per poi infilare la mano nei suoi boxer. Passai lentamente un dito sulla sua erezione e poi sulla cappella, giusto per farlo gemere. Non ci fu neanche bisogno che lo provocai, non ci fu neanche bisogno che chiesi, lui buttò la testa all'indietro e si affrettò a dire:
«Ti sei presa un po' di numeri, hai baciato un tipo in particolare, non so perché ma ti aveva colpita. In quel momento però è entrato Harry, ti ha vista e ha fatto una scenata, facendo paura a più o meno tutti i presenti che ti si sono allontanati immediatamente. Ti abbiamo trascinato di nuovo a casa, ma non prima di una doverosa tappa al bagno. Lì, però, mi dispiace ma non ti ho seguita.»
Storsi il naso al ricordo di quanto avessi vomitato, di quanto quel bagno puzzasse dopo che ebbi finito, nonostante mi fossi lavata la bocca diverse volte ed avessi scaricato insistentemente.
Poi ero uscita dal bagno, me lo ricordavo bene, ed avevo incontrato qualcuno, ma pur sapendolo e pur sapendo che era piuttosto importante che rammentassi cosa era successo in quell'arco di tempo, non ricordavo assolutamente con chi avevo parlato una volta uscita da lì, per quanto potessi sforzarmi.
Mi rassegnai e, soddisfatta di quello che mi aveva raccontato Niall lo ripagai finendo il mio lavoro con la mano e rimandandolo a casa, prima che tornassero mia madre e Frank.
Salii nella mia stanza per buttarmi sul letto ed accendere il computer ma, mentre controllavo il cellulare, mi accorsi che avevo un messaggio in più rispetto alla mattina, dove ne avevo trovato solo uno di Harry.
Lo aprii.
Domani dobbiamo parlare.
Di cosa?
Mi affrettai a rispondere. Non dovetti aspettare più di qualche minuto per ricevere la risposta.
Del bacio di ieri.
Sentii crollarmi il mondo addosso.(spazio autrice che ha pubblicato Luce in questo capitolo)
Buonsalve gente.
Come butta dalle vostre parti? Qui discretamente bene, tranne che ho talmente tanti problemi che avrei davvero bisogno di uno psicologo LOL.
Avete sentito Take Me Home? Io lo amo *-* Soprattutto quando sento le voci di Louis e Niall mi vengono i brividi ..
Qual è la canzone che vi piace di più del nuovo album?
Io le amo tutte!
Per chi non l'avesse riconosciuta, la canzone che commentano Niall e Chantal è She's Not Afraid, from One Direction. Ecco, pure i diritti gli ho messo, oh.
Ah, domanda d'attualità (?). Secondo voi sono vere le voci che girano sulla Swift e su Harry? Io non ci credo finché non me lo dicono loro u.u
Altra domanda d'attualità: Cosa ne pensate di Larry? Avete letto no, che Lou ha mandato a quel paese una fan e ha deciso di prendersi una pausa da Twitter? :(
E poi... boh, oggi non ho molto da dirvi (non esultate.)
Ah, però ho un paio i questioni da porvi.
1. Abbiamo appurato che Chantal si vuole tatuare l'iniziale di un nome. Ma, secondo voi, il nome di chi?
2. Cito una battuta di Harry, mentre parla al telefono con Niall: «Scordatelo.» [...] «D'accordo, ma non te ne approfittare troppo che potrei smettere di essere così flessibile.» [...] «Ti ricordo che lei è mia e fa quello che dico io!» Quindi.. secondo voi, cosa ha detto il biondino all'amico che lo ha fatto 'scaldare' tanto?
3. Chi avrà scritto quel messaggio a Chantal?
4. Cosa avrà fatto Chantal dopo essere uscita dal bagno alla festa? Lei non se lo ricorda, ma crede sia molto importante... e fa bene!
Lo scoprirete soltanto nella prossima puntata! Ma, nel frattempo, voglio il vostro parere!
Bene... ah, ringrazio tutte voi che mi seguite e mi sostenete, non so come farei senza di voi, davvero. Ormai per me siete un'altra vita, una vita virtuale e fantastica, completamente diversa e lontana dalla realtà. Per questo ci terrei a conoscervi, almeno in parte. Quindi chiedetemi per messaggio il contatto Twitter, se volete possiamo parlare lì C:
Scusatemi se non ho ancora recensito tutte le storie a cui mi avete chiesto di passare, prometto che lo farò non appena avrò un secondo libero! Siete sempre in tantissime a chiedere un mio parere ed io prometto che lo farò, datemi solo un attimo di respiro :D
Addirittura più di quaranta recensioni? Wow, siete fantastiche, davvero. Chissà che questo capitolo non arrivi a 50. Okay, lo so chiedo troppo :3
Lou in questo capitolo non c'è per niente, se non nella testolina di Chantal, but.. don't worry, nel prossimo capitolo ci sarà moooolto Lantal! Come l'avete visto questo ritorno violento di Harry? Fatemi sapere!
Ultimissima cosa, giuro! Grazie a tutte le mogli che ho in giro per EFP, mi sento tanto una dei ragazzi, qui mi volete tutte sposare :') Grazie, grazie, grazie! "I just wanna say a massive thank you..." no okay, ora esagero.. Buon rientro a scuola a tutte!
A presto,
Luce.
crediti banner: Chiara_88
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He'll only break you
FanfictionChantal è cambiata, non è più la stessa ragazza dolce e fragile di un tempo. Harry l'ha resa più esperta, Zayn più estroversa, Niall più loquace, Liam più determinata. Loro hanno giocato per anni con il suo corpo, trattandola e rendendola una ragazz...