Capitolo 5

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Dopo circa trenta minuti di viaggio arrivammo alla meta predestinata per la serata, ad aspettarci c'erano altri due nostri amici: Alessandra e Axel.
Una volta arrivati quasi le invademmo casa, c'era un trambusto di gente tra salone e cucina, chi salutava la madre, chi la nonna, o i fratelli, e chi come me prese la palla al balzo e ne approfittò per capire se, la ragazza che diceva cose senza senso, era o meno predisposta o meno ai scherzi.
«Oh ciao Vittoria, da quanto tempo!» le dissi seria mentre le stringevo la mano.
«Dai stupida, che già non mi ricordo chi ho salutato e chi no!» mi disse con aria divertita ma allo stesso tempo confusa, visto che probabilmente sarebbe stato possibile che non si fosse ricordata chi avesse già salutato e chi no.
Finiti i saluti posammo velocemente le nostre cose e uscimmo di nuovo, cenammo in una pizzeria vicino la piazza principale del paese.
Prendemmo posto: Amelié a capotavola, io subito alla sua sinistra e Vittoria di fronte a me. Poi Maia e Lionel alla mia sinistra e Axel con Alessandra alla destra di Vittoria.
Aspettammo un bel po' prima di essere serviti, quindi, mi misi a giocare con il telefono.
«Monica, la smetti? Guarda che asociale che sei!» disse Vittoria dandomi un calcio sotto il tavolo.
La guardai e sorridendole misi il telefono in tasca.
Bingo!
Era ciò che volevo: attirare la sua attenzione, tanto che avrebbe smesso di parlare con le altre, anche per un breve periodo di tempo. 
I discorsi fatti durante la cena riguardavano perlopiù gli anni passati alle elementari e alle medie tra Amelié, Alessandra e Vittoria.
Verso le 22.30 andammo via e, pallone alla mano, ci recammo in un parcheggio deserto situato lì vicino per giocare.
Quasi vent'anni e non sentirli.
Tra un passaggio e l'altro, la palla finì tra i piedi di Vittoria.
«Cosa fai tu, giochi con le Clark?» dissi avvicinandomi sorridente e incuriosita, dato che seriamente non pensavo avesse usato quelle scarpe per giocare a calcio.
«Sì, quindi?» rispose spingendomi per non perdere il possesso della palla.
Smarcandoci l'un l'altra per un po' , mi ritrovai faccia a faccia con lei, per un istante ci avvicinammo però poi alle mie spalle spuntò Rachel, che prese ad abbracciarmi e a intonare canzoncine a caso.
Tempismo di merda.
Lanciai un'occhiata ad Amélie.
«Te la vieni a prendere per favore?» dissi ridendo.
Lei mi guardò e rise a sua volta.
Una manciata di minuti dopo lo spirito da calciatore, che diede inizio al gioco, finì ed a quel punto, decisero di usare la bottiglia di birra vuota che avevamo con noi ed iniziarono a giocare al ''Gioco della Bottiglia''.
Io rimasi in disparte, non sono solita partecipare a questo tipo di giochi, soprattutto se le persone che giocano le conosco praticamente tutte, si avrei potuto giocare perché alla fine se fosse successo qualcosa con Vittoria non mi sarebbe dispiaciuto, ma con la fortuna che ho io era meglio non rischiare.
Passata un'ora e mezza, verso la fine del gioco, sia per destino o caso, successe qualcosa di inaspettato.

Quel dannato 13 Giugno.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora