3) Let her go

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Uscita dalla stanza all'interno della quale ero stata sottoposta ai raggi X, raggiunsi Camila che mi stava aspettando come mi aveva promesso.

● "Mi aspetterai vero?!"

"Certo, anche tutta la vita se fosse necessario." Così mi aveva risposto, facendomi rimanere a bocca aperta, prima che io varcassi la soglia della sala dove mi stava aspettando l'addetto alla radiografia. ●

"Camz!" La chiamai, andandole incontro. Camz era un bel diminutivo, mi piaceva, era diverso dai soliti soprannomi.

"Camz?" Chiese lei, alzando il sopracciglio e sorridendo come se nessuno mai l'avesse chiamata in quel modo.

"Beh, sì, non ti piace?!" Le domandai, con l'aria di chi sembra offeso ma non vuole farlo capire.

"Oh, no, mi piace tantissimo!" Esclamò lei, con un sorriso alquanto malizioso stampato sulla faccia, come se mi stesse nascondendo qualcosa.
Riprese poi a parlare:
"Ho tenuto con me i tuoi accessori, te li restituisco."
In quel momento notai con mio grande stupore che l'anello che portavo io era identico a quello che aveva lei al dito. Inoltre entrambe avevamo al polso un braccialetto nero che sembrava essere un elastico. Mi parve davvero strano ma preferii non domandarle niente, forse erano solo coincidenze.

"Andiamo nella tua stanza, c'è qualcuno che vuole conoscerti o meglio ritornare a conoscerti." Mi disse lei una volta indossati gli oggetti che aveva custodito.
Acconsentii e ci avviammo verso l'ascensore, lei spingeva la sedia a rotelle sulla quale mi trovavo ma non volevo che faticasse per me.
"Camz, ferma, faccio io!"

"Dai che siamo quasi arrivate all'ascensore, non farti tutti questi problemi."

Una chiamata interruppe la nostra conversazione.

"Pronto? Austin? Sei tu?" Rispose lei, sembrava contenta di aver ricevuto quella chiamata o, semplicemente, era sorpresa.

"Sto bene."
"Si."
"Poi ne riparliamo."
"Anche io ti a... aspetto."
"Scusami, ma sono indaffarata adesso, richiamami più tardi."
"Ciao."

Ero stranamente infastidita da quello che era appena successo, e credo che io miei occhi in quel momento fossero talmente lo specchio della mia anima, o dei miei pensieri, che Camila mi domandò:
"Tutto bene?"

"Si." Risposi secca.

"Allora dillo anche alla tua faccia, o meglio, ai tuoi occhi."

"Chi è Austin?" Le domandai di getto. Sentii il suo corpo irriggidirsi, i suoi occhi non guardavano più verso i miei ma vagavano adesso all'interno dell'ascensore.

"Non è importante che tu sappia questo ora."

Mi sentivo male, cominciai a farmi mille film mentali su chi fosse quella persona: suo padre, suo fratello, uno zio. Ma, per non voler rivelare la sua identità doveva essere sicuramente qualcun altro.
Accettai la sconfitta, dopotutto non potevo pretendere che mi dicesse tutto della sua vita, o no? Che posto avevo io nella sua vita? Chi ero io per lei?
I miei pensieri furono bloccati dall'incombere di un "CIAOOO!" delle tre ragazze dinanzi all'ascensore appena aperto.

"Oh menomale, sono Mila e Lauren, non abbiamo fatto nessuna figuraccia." Si dissero ridendo tra loro.

"Piacere, io sono Dinah!"

"Io Ally!"

"Io mi chiamo Normani, piacere!"

Camila ancora spaventata dall'episodio successo poco prima esclamò:
"Non avete bisogno di nessuna presentazione dopo quello che avete fatto poco fa!" Disse ridendo, ed io mi unii alla risata. In effetti aveva ragione.

The Sun and the Moon // CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora