11) Che sia solo un incubo!

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A volte quando hai un incubo capita che nel tuo stesso sogno tu stia sperando che sia tutto frutto della tua mente. E quando, dopo un sussulto, finalmente ti svegli tiri un grosso sospiro di sollievo: ti guardi intorno, magari chiedendoti se quel che hai visto nella tua testa sia capitato veramente, se sia magari un ricordo, poi ti rendi conto che era solo un sogno, che quindi niente di quello che ti è parso di vivere è accaduto davvero e così una strana sensazione di felicità ti pervade.

Però, è dei brutti sogni che bisogna avere timore?

...O di quelli felici? Quelli dai quali non vorresti più svegliarti?

Quando qualcuno ci sveglia da un incubo lo ringraziamo, siamo ovviamente felici di aver aperto gli occhi e messo fine a quel susseguirsi di vicende negative.
E quando qualcuno ci sveglia da un bel sogno? Come reagiamo? Probabilmente malediciamo quella persona che ci ha riportati alla realtà, e poi, se siete come me, chiudete gli occhi sperando che il sonno ritorni e con quello anche ciò che poco prima stavate sognando. Non c'è nulla di male ad essere felici almeno nei sogni, no?
Vivere sognando è come avere un bancomat illimitato e che non ti arrivi mai il conto. Siamo come Cenerentole che cancellano il numero 12 da tutti gli orologi per far si che non arrivi mai la mezzanotte e che la carrozza non si trasformi in una zucca.

Ma possiamo continuare a sognare dimenticandoci di vivere?

Senza sogni la vita non avrebbe senso, però vivere in un sogno, in un'illusione, non è vivere. Bisogna quindi fare una distinzione tra vivere i nostri sogni e sognare una vita irreale. Per svegliarsi da quel sogno che ci anestetizza dobbiamo tornare a credere. Svegliarsi è uscire dal nostro bunker, da quella camera nella quale ci chiudiamo per non vivere la vita. Svegliarsi è rompere la bolla, uscire dalla placenta nella quale stiamo così comodi. Svegliarsi è accettare che la vita, spesso, fa male.
La vita reale, quella vera, comincia quando apriamo gli occhi e smettiamo di sognare.

E beh, sì, facile a dirsi.

*

Le palpebre lentamente si aprirono, con la vista ancora annebbiata guardai a destra e a sinistra. Ero sudata.

"Ehy, piccola, va tutto bene...," - Una voce alla mia sinistra risuonò nella stanza: "È solo un brutto sogno!"
Una mano carezzò la mia spalla, poi il mio viso. Mi voltai, per cercare di capire chi fosse lì al mio lato ma avevo ancora un forte mal di testa. E il mio respiro era assai accelerato.

"Mila, sono io, Austin! Calmati, sei qui con me adesso, nessuno può farti del male..."

Con la fronte madida di sudore, raggruppai tutte le forze che mi erano rimaste e riuscii a sussurare un debole: "C-che ci fai qui?"

"Sono qui con te, è questo ciò che importa."

Spostai lo sguardo dal suo volto leggermente preoccupato, e riuscendo finalmente a mettere a fuoco l'ambiente che mi circondava mi resi conto di essere nella mia stanza.

Nella mia stanza? Con Austin?

"Sei stato tu a riportarmi qui?"

"Che ne dici se ne riparliamo dopo?" - Mi rispose ma rifiutai la sua proposta subito dopo: volevo sapere perché era lì con me, cosa era successo e perché continuava a girarmi la testa.

"Ne voglio parlare adesso, se non ti dispiace." - All'improvviso mi sentii perforare la testa da un dolore lancinante: corrugai la fronte e portai la mano sulla tempia.

"Vedi? Come possiamo parlarne adesso? Riposati un po'..."

"Sto bene, è solo che ieri... ieri," - Un immagine di me che bevo qualcosa che assomiglia a un cocktail, poi un altro ancora si presentò nella mia mente. "Ho bevuto e non ricordo quasi nulla, credo..."

The Sun and the Moon // CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora