Capitolo 4

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Mi stiracchiai per l'ennesima volta sotto il fin troppo caldo sole primaverile. L'impermeabile se ne stava solo soletto in macchina, ma anche in camicia avevo caldo. Lunghe e improvvise ondate di calore si agitavano in me, lasciandomi senza fiato e forze. Sospirai guardando l'orologio. Le due e trentatre, i due archeologi erano in ritardo. Mi passai una mano sulla fronte per liberarmi del sudore inesistente, alzai gli occhi verso il cielo azzurro e spostai lo sguardo sul tetto dell'edificio abbandonato vicino al museo. Lupin non c'era. Ripensai inevitabilmente al bacio che gli avevo rubato il giorno prima, su quel tetto silenzioso e nascosto... l'ironia della situazione mi fece sorridere, l'ispettore che ruba qualcosa al ladro... piccolo intermezzo comico in una semi tragedia senza fine. Sapevo benissimo che quello che stava succedendo tra noi era insensato e illogico, ma non potevo e non volevo sottrarmigli e resistergli. Volevo farmi strascinare dalla corrente, dall'ebbrezza che solo Lupin riusciva a farmi provare, da quel misto infinito di amore e odio che contraddistingueva il nostro rapporto fin dall'inizio... la ruota di un macchinone scuro mi sfiorò il piede facendomi fare un salto indietro, poi si fermò poco più avanti con una sterzata degna del più imbranato patentando. Irritato, aspettai che qualcuno si facesse vivo per insultarlo pesantemente e obbligarlo a fare una patente seria, spiegandogli che la patente che si trovava nei pacchetti delle patatine era un documento finto. Un ometto con una lunga barba bionda e degli occhialoni scuri scese dall'auto con un balzo, dal momento che non toccava terra, e mi corse incontro agitando le braccia come un forsennato, -Mi scusi, signore, sono davvero mortificato... sa, questi macchinoni sono difficili da tenere! Spero di non averla ferita, ma sarei ben contento di accompagnarla da un medico per verificare il...- Scossi la testa deciso, il solo pensiero di essere seduto accanto a quel pericolo pubblico circolante su quattro ruote mi dava il voltastomaco, -No, no, sto bene, stia tranquillo...- Sembrò rasserenarsi, annuì convinto, -Bene, bene! Meglio così!- Mi tese una mano sudaticcia e appiccicosa, -Io sono il professor Brembo, signore.- Strinsi con rammarico quella mano scivolosa con un sorriso sghembo che sarebbe dovuto essere cortese, -Ispettore Zenigata. Lei è uno degli archeologi che hanno trovato le gemme, giusto? Dov'è il suo collega? È venuto solo?-

Allungai il collo alla ricerca di qualche altra anima viva, ma non si vedeva nessuno all'orizzonte. -Il mio collega è ancora in auto, ispettore... è anziano, sa, e scendere da un macchinone così grande non è certo un'impresa facile per un vecchietto! Aspetti solo un attimo qui, per cortesia...- Si allontanò con passo dondolante, poi lo vidi aprire una portiera e parlare animatamente con qualcuno. Faceva troppo caldo per essere impazienti o nervosi... cercavo di convincermene, ma si stava davvero superando ogni limite di sopportazione. Finalmente, Brembo tornò verso di me tenendo a braccetto un vecchietto curvo su un bastone nodoso da passeggio. Probabilmente, quell'uomo era l'inventore dell'archeologia e contemporaneo del primo homo sapiens apparso sulla Terra... davvero non capivo come facesse a lavorare e scavare sotto il sole, in mezzo al più completo nulla per ore ed ore. Andai loro incontro, convinto che avrei dovuto aspettare Natale altrimenti, e tesi la mano all'anziano con un sorriso, -Sono l'ispettore Zenigata dell'ICPO, professore.- Tremando, me la strinse con la sua mano rugosa, agitandola delicatamente, -Arthur Desbol, ispettore... è tutto pronto per stasera?- Annuii, lasciando la presa con la paura che quella vecchia mano potesse diventare polvere da un momento all'altro, -Tutto pronto, mancano solo le foto con voi e le modelle... venite, vi faccio strada.- Cercai di adeguare il mio passo al loro, ma erano davvero troppo lenti... finalmente, riuscimmo ad entrare nel piccolo museo arredato, in quei giorni, solo ed esclusivamente per l'esposizione dei gioielli creati con le antiche gemme assire ritrovate nel sito archeologico vicino alla città, poco lontano dalla spiaggia. Di modella ce n'era solo una, una biondina con una paralisi facciale che la faceva assomigliare a un clown assassino, l'altra ancora non si era fatta viva. I due professori non ci fecero neanche caso, erano troppo concentrati sul tavolo su cui erano stati posizionati i gioielli per essere poi indossati dalle modelle per il servizio fotografo, anche se il fotografo non sembrava molto felice di essere lì... in realtà, l'ultima cosa che vidi fu il sorrisetto del vecchietto, seguito dalla comparsa di una nuvola di fumo grigiastro e puzzolente. Cominciai a tossire, -E' Lupin!- Mi guardai attorno nella disperata ricerca degli agenti, ma percepii solo le loro ombre indistinte, probabilmente erano anche loro impegnati a tossire e ansimare. Mi tappai il naso e chiusi gli occhi, correndo fuori dal museo. Dalla porta, riuscii a vedere Lupin e Jigen che se ne andavano con due sacchi in spalla e una donna dai capelli neri a braccetto. Senza pensare, li rincorsi, chiamando a rapporto gli agenti con la ricetrasmittente portatile. Corsi a perdifiato fino al porto, dove salirono al volo su una barca blu notte. Senza perdere tempo, salii sulla lancia più vicina, che già scivolava sull'acqua, e spronai il pilota a partire... la chiave girò a vuoto, il motore non partì. Battei un pugno sul tavolo, -Maledetto Lupin!- Afferrai la ricetrasmittente, -A tutti gli uomini! Lupin è fuggito su una barca blu notte, stategli dietro!- Rimasi in attesa, sperando da un lato che riuscisse a fuggire e dall'altro che venisse arrestato assieme ai suoi compagni. La radio gracchiò, la raccolsi,

-Lo avete preso?!-

-No, ispettore... hanno fatto a fettine il motore, signore.- Sospirai chiudendo la comunicazione. Ce l'aveva fatta di nuovo, dunque. Senza dire una parola, scesi dalla lancia con un sorrisino che mi stava spuntando con lentezza sulle labbra.

D.

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