Capitolo 10

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Non avevo dormito un accidente, troppi incubi erano venuti a farmi visita. Mi svegliai all'alba, in casa non trovai nessuno. Ricordai vagamente di aver sentito Lupin uscire un paio d'ore prima, mentre Goemon... il suo letto era intatto ed ero certo che in camera non fosse mai entrato. Mi spiazzai davanti allo specchietto del bagno, guardai il mio volto stanco, nei miei occhi passò un baleno di rabbia... o era preoccupazione? Mi buttai una manciata d'acqua gelida sul volto, giusto per riprendermi. Non riuscivo a capire se fossi preoccupato o arrabbiato. Era andato via con Murasaki, la donnetta che l'aveva quasi portato all'altare... dire che la odiavo era un eufemismo anche se, in fondo, le donne con cui vado d'accordo si contano sulle dita di una mano. E se avessero passato la notte insieme? Al solo pensiero rischiavo mi partisse un embolo. Insomma, stavano per sposarsi, magari aveva scoperto di provare ancora qualcosa per lei... e se fosse stato rapito? Non me lo sarei mai perdonato, ero stato io a lavarmene le mani e a lasciarlo andare con quella donna... fui assalito da un'ondata di fastidiosa ansia. Veloce, mi asciugai il volto con il ruvido asciugamano, m'infilai giacca e cappello, annodai la cravatta e recuperai al volo sigarette, zippo, attrezzi da scasso e pistola. Anche se era presto, pensai di far visita al direttore del museo per prendere gli indirizzi delle modelle che avrebbero dovuto indossare i gioielli. Chiedendo informazioni ai più mattinieri, riuscii a sapere dove abitava. Aprire la porta con i ferri fregati a Lupin non fu difficile, sapevo che viveva solo come uno scapolo inveterato e incartapecorito. Lo sorpresi a letto, silenziosamente gli posai la canna contro la tempia, tappandogli la bocca con l'altra mano. Si svegliò di soprassalto, cominciando a divincolarsi senza successo. Scossi la testa, pacatamente, -Si rilassi, non voglio farle del male... mi servono solo gli indirizzi delle modelle che avrebbero dovuto indossare i gioielli.- Con gli occhi sgranati e colmi di lacrime indicò il computer posato sulla scrivania di fronte al letto. Sospirai, -Non li ha in un posto più comodo? Avrei fretta...- Scosse la testa, tremolante. Sbuffai, -D'accordo... ora ti lascio, però non azzardarti a muoverti, capito?- Annuì, poco convinto. Lentamente, gli tolsi la mano dalla bocca e la canna dalla tempia. Prese il mio avvertimento alla lettera, non si mosse per niente, se ne rimase fermo e zitto a guardarmi con occhi vitrei mentre scartabellavo nel computer alla ricerca di quello che mi serviva. Per fortuna, il PC non s'impallò e la stampante stampò il documento piuttosto velocemente. Mi voltai verso il letto con un sorrisino cortese, -Grazie mille, buona giornata, signor direttore!- Agitò una mano tremante in aria, forse in cenno di saluto. Respirai a fondo non appena mi trovai in strada, cercando velocemente l'indirizzo di Murasaki. Passare a trovarla mi sembrava un atto cortese, eravamo amici di vecchia data tutto sommato. Constatai con un brivido che aveva affittato una delle casupole di vacanza che occupavano la pineta... non mi sconfinferava per niente l'idea di dovermi inoltrare tra quei maledetti aghi di pino secchi con il brutto vizio di impigliarsi nei pantaloni e incollarsi alle scarpe. Senza contare l'impossibilità di lasciare a terra le cicche e, quindi, di fumare liberamente. Con stizza, accartocciai il foglio e lo gettai nella prima spazzatura che mi capitò a tiro. Mi accesi una sigaretta e m'incamminai a passo svelto verso la pineta. Quella donnetta poteva sapere qualcosa che mi aiutasse trovare Goemon... o forse lo avrei trovato proprio in quella casa, inutile, quindi, perdere tempo per godersi l'aria fresca del mattino. Non ci misi molto a trovare la casa che cercavo, risultò anche più semplice dal momento che era l'unica abitata in bassa stagione. Bussai un paio di volte, senza ottenere risposta, perciò mi lavorai la serratura nuova con i ferri da scasso. Entrai e richiusi la porta senza quasi lasciare tracce... l'odore pungente dello stufato mi colpì come un pugno in faccia. Chi diavolo cucina stufato in aprile?! Respirai con la bocca fin quando non mi abituai a quel tanfo, poi cominciai la perlustrazione. Posai la mano sul calcio della pistola, giusto per scaramanzia, e feci un rapido giro della casa. Non trovai nessuno. Tremando, mi passai una mano sul volto... cosa potevo fare? Dov'era finito il mio Goemon? I sensi di colpa mi assalirono, non avrei mai dovuto lasciarlo andare... eppure, l'istinto mi diceva di restare. Presi fiato e feci un nuovo giro della casa, passai in rassegna di nuovo tutte le stanze, aprii armadi e armadietti, spostai mobili e mobiletti... e nell'armadio della camera da letto trovai la Zantetsu-ken, nascosta dietro un baule e un mucchio di vestiti spiegazzati... nel baule, trovai i suoi vestiti, piegati ordinatamente. Sconvolto, indietreggiai fino a cadere sul talamo. Era lì... o forse era stato lì ed ora si aggirava in borghese per il paese a braccetto con Murasaki. Scossi la testa, non sarebbe mai uscito senza la katana... e non mi avrebbe mai tradito. Mi tirai in piedi di scatto, deciso a trovare il mio samurai. Senza perdere altro tempo, ripresi le ricerche e, finalmente, trovai una porticina nascosta dietro al grande comò del corridoio. Sparai al lucchetto senza troppi preamboli e la aprii con un colpo secco. Non si vedeva un'acca, fui costretto ad accendere lo zippo per riuscire almeno a capire dove fossi. Era una specie di anticamera, buia, umida e fredda. Dopo qualche passo, quasi inciampai, incuriosito, abbassai la fiamma... con sgomento, mi ritrovai davanti una batteria per auto collegata a dei cavi posata accanto ad un fornelletto elettrico e ad una cassa di strumenti da lavoro. M'imposi di non pensare al peggio e, alla luce della fiamma tremolante, vidi una stretta scalinata seminascosta dall'angolo del muro. Lentamente, portando la mano al calcio della pistola, cominciai a scendere. Rischiai l'osso del collo una marea di volte, quei maledettissimi gradini erano piccoli e scivolosi, ricoperti di melma, la povera fiammella non poteva nulla contro l'umidità di quel posto. Alla fine, per fortuna, quella scala infernale finì in una stanzetta buia e fredda, illuminata solo dalla luce che filtrava a fatica da una finestrella impolverata... la puzza di sangue, merda e piscio era insopportabile. Mi coprii il naso con un braccio e scesi gli ultimi gradini... l'accendino e la pistola mi caddero a terra con un tonfo sommesso. Avevo trovato Goemon, ma sperai con tutto me stesso che fosse solo un'allucinazione causata dalla troppa ansia... nudo come un verme, spenzolava dal soffitto con i polsi legati a due spessi ganci di ferro. La vista mi si offuscò, ma mi sforzai di rimanere lucido. Velocemente, mi guardai attorno alla ricerca di qualcosa che mi permettesse di tirarlo giù da lì. In un angolo, trovai una sedia. Senza ulteriori indugi, la strascinai con forza sotto di lui, rovesciando il secchio pieno di merda e piscio e coprendo le svariate gocce di sangue volate a terra. Con le unghie e i denti, slegai le spesse corde, sorreggendolo senza troppa fatica... era così leggero e inerte da far paura. Lo adagiai a terra, inginocchiandomi subito al suo fianco. Temetti di averlo perso, il suo battito cardiaco era quasi impercettibile, la pelle bianca come un cencio consumato... lo schiaffeggiai con forza, contando i numerosi tagli e lividi che gli coprivano l'intero corpo, le vesciche che gli rivestivano il petto e il ventre, le bruciature che gli deturpavano capezzoli e testicoli, le pustole che gli piegavano la pelle dei piedi... una furia cieca s'impossessò di me, subito spazzata via dai sensi di colpa e dalla paura di non avercela fatta. Con un peso al cuore al solo pensiero di lasciarlo solo e, magari, di perdermi i suoi ultimi istanti, mi fiondai di sopra a prendere dell'acqua... gli inumidii le labbra secche e gonfie, gli bagnai il collo solcato da segni di morsi e gli lanciai in faccia quasi un'intera brocca. Fu scosso da una lunga serie di colpi di tosse, lo aiutai a sedersi, sputò un grumo di saliva sanguinolenta e un rivolo di sangue gli uscì dal naso. Con una smorfia di dolore, aprii gli occhi. Tremò, stringendo con forza il braccio con cui lo sorreggevo, -Dais... Daisuke...- Gli posai un dito sulle labbra, -Non fare sforzi, non parlare... ora ti porto via di qui.- Annuì debolmente, allacciandomi le braccia dietro la collo, lo avvolsi nella mia giacca e lo sollevai. Camminai lentamente, attento a non fargli prendere scossoni. Aveva abbandonato la testa contro il mio petto e sembrava quasi dormire... Murasaki ci tagliava la strada. In piedi sul terzo gradino, ci puntava contro una beretta con un sorriso a trentadue denti stampato in viso. Fece un passo verso il basso, -Ti fermi a pranzo da noi, Jigen?- Il corpo del samurai fremette contro il mio, istintivamente lo strinsi di più a me. Scossi la testa, -Dobbiamo proprio scappare, Murasaki, mi dispiace... sarà per un'altra volta.- Il sorriso sparì dal suo viso, sostituito da una maschera di ferocia. Agitò la pistola, -Non ti muovere, Jigen, niente storie.- Si fermò sull'ultimo scalino, a pochi passi da noi, -Fallo sedere a terra e siediti sul secchio, muoviti.- Obbedii, tirando il secchio il più vicino possibile a Goemon. Mi portai la mano dietro la schiena, ma non trovai la Magnum... con sgomento, l'adocchiai a terra, troppo lontano per essere raggiunta senza dare nell'occhio. Ci si sedette di fronte, sulla sedia, a gambe divaricate. Con di nuovo un sorriso sardonico sulle labbra, carezzò distrattamente i capelli di Goemon, quasi fosse il suo cagnolino, tenendomi la pistola puntata contro, -Hai rovinato la nostra luna di miele, Jigen, ne sei consapevole? Sei venuto qui disturbando la quiete del mio caro maritino... vero, Goemon?- A testa bassa, con le unghie conficcate nel tessuto della mia giacca, annuì lentamente. Mi si strinse il cuore. Continuò, come se parlasse con un amico di vecchia data:-Hai rovinato la nostra quiete, Jigen, hai disturbato il nostro amore...- Appoggiò il dito sul grilletto, -Penso proprio che debba ucciderti, Jigen.- Decisi di giocarmi il tutto per tutto, perlomeno mi sarei tolto una piccola soddisfazione prima di morire. Mi sporsi in avanti, i gomiti posati sulle cosce. Ghignai, -Se ti ama... perché scopa con me?- Di nuovo, il sorriso scomparve dal suo volto... ma stavolta fu sostituito dalla paura. Balzò in piedi, con un urlo. Puntò la pistola contro il samurai, -È vero, Goemon?!- Non rispose, non si mosse. Con uno scatto rabbioso, gli afferrò i capelli, tirandogli indietro la testa. Mi trattenni a fatica dal prenderla a calci fino a farle sputare sangue, imponendomi di stare calmo ed aspettare. Avvicinò il suo sudicio viso a quello del samurai, -È vero, Goemon?!- Vidi brillare nei suoi la vecchia luce di orgoglio. Rispose in un sussurro appena percepibile,

-Sì.- Con occhi folli, spostò le dita tremanti sul grilletto... il rumore dello sparo risuonò in tutta la casa, poi Murasaki cadde a terra stringendosi la mano ferita, la beretta finita poco lontano. Lentamente, con la spalla dolorante, mi tirai seduto sul freddo pavimento con la Magnum ancora fumante in mano. Ora singhiozzava soffocata dalle lacrime. Goemon afferrò la beretta e gliela puntò contro, tremante, con gli occhi spiritati. Strisciai verso di lui e, dolcemente, gliela strappai, lanciandola lontano e rimettendo a posto la mia fedele arma. Era sull'orlo di un crollo nervoso, era meglio andarsene. Feci per prenderlo in braccio, ma scosse la testa, risoluto, porgendomi una mano. Lo aiutai ad alzarsi, poi lo sorressi mentre cominciavo a salire quelle maledette scale scivolose... con la coda dell'occhio, la vidi scagliarsi verso di noi con i lineamenti distorti dalla furia. Le sparai senza nemmeno voltarmi a guardarla, la sedia che brandiva si ruppe in mille pezzi accanto al suo corpo ormai inerte. Continuammo la nostra ascesa con passo da bradipo, raggiungemmo la camera e gli diedi una mano a vestirsi. Mi riconsegnò la giacca con un sorriso, la indossai e lo presi in braccio, senza lasciargli il tempo di controbattere. Aprii la porta di casa con un calcio, buttando a terra le buste della spesa. Nessuno dei due parlò. Fuori, presi una lunga e profonda boccata d'aria, l'odore di stufato mi aveva impregnato le narici e in quella cantina stavo per soffocare. Adocchiai l'auto di Murasaki, misi giù il samurai in modo che potesse appoggiarsi al muro della casa e spaccai un finestrino. Lo aiutai a sedersi e poi salii anch'io, collegai i fili e la macchina si mise in moto. Sogghignai, il bello di essere stato un sicario della mafia è che ho imparato a rubare qualsiasi cosa. Sospirò, -Scusa...- Mi voltai a guardarlo, perplesso, -Per cosa?-

-Per... tutto questo... ti ho fatto preoccupare... se avessi preso il cellulare, forse...-

-Non fa niente, Goemon, l'importante è che stai bene...-

-Ma io ti ho fatto preoccupare e...- Frenai bruscamente. Con decisione, gli afferrai il viso con entrambe le mani e mi fiondai sulle sue labbra. La sua bocca aveva un sapore ferroso, un po' del sangue che gli era colato dal naso mi finì sul volto. Fissai i miei occhi nei suoi, ora di nuovo pieni di vita, -Io ti ho permesso di andare via con quella pazza, io dovrei sentirmi in colpa... tu non potevi sapere che sarebbe successo tutto questo, che quella donna fosse una psicopatica... io non oso nemmeno immaginare tutto quello che ti ha fatto, le ferite che ho visto mi hanno già fatto abbastanza male... meno di un mese fa, tu eri nella mia stessa situazione, mi hai visto steso su un lettino mezzo morto per quasi una settimana, mi hai salvato la vita quella volta e io te l'ho salvata ora... ho temuto di averti perso, per un attimo ho quasi pensato che avessi passato la notte con Murasaki... per un brevissimo attimo, non mi sono fidato di te, del tuo amore e mi sento in colpa anche per questo... tu devi solo pensare a riprenderti, non devi pensare ad altro, chiaro?- Mi guardò in silenzio a lungo, poi mi abbracciò, stringendomi a sé con forza. Ricambiai all'abbraccio con un sorriso, poi lo sentii soffiare sul mio collo:-Scusa se ti ho chiamato per nome, prima... so che lo odi...- Mi separai, carezzandogli la guancia con un sospiro,

-L'ha scelto quella sgualdrina di mia madre, non voglio averci niente a che fare con lei e con la sua vita...- Mi baciò dolcemente sulle labbra,

-Ti amo, Jigen... non m'importa il tuo nome o di chi erano i tuoi genitori... m'interessi solo tu.-

-Ti amo anch'io, mio grande samurai...- Lo baciai di nuovo, mi sfiorò i capelli,

-Andiamo a casa...- Annuii, tornai a guardare la strada e ripartii.


*Scusate il capitolo lunghissimo -_-"... per fortuna è anche l'ultimo, però!! :-3*

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