Capitolo 5

35 4 3
                                    

Ci fu un fracasso terribile,ma il portone cadde giù senza troppe cerimonie e i tre ragazzi entrarono furtivamente nell'edificio.
Sara dallo sguardo sospetto,Marika pronta ad uccidere ed Andrea con in mano il suo migliore coltello.
Ricordavano quasi una squadra di agenti in incognito,con l'unico particolare della nonocuranza quando avevano rotto la porta scatenando un rombo colossale che gli avrebbe portato le guardie alle calcagna,nel caso in cui ce ne fossero state.
"Prendi.La.pistola" mimò con le labbra Sara mentre i capelli appiccicaticci dal sudore iniziavano ad incollarsi sulla fronte.
Marika non esitò.
Prese la pistola dalla tasca con il rancore che mostrava solo in battaglia e s'incamminò scomparendo nel tartaro dell'abitacolo.
Parve che Andrea recitasse qualcosa,una preghiera forse.
E poi la seguirono silenziosamente,girandosi di tanto in tanto a guardarsi le spalle.
I corridoi si susseguivano velocemente e l'appartamento che da fuori appariva stretto e piccolo,era al contrario grande e spaventoso.
Gli arredi mancavano quasi completamente e anche l'intonaco delle pareti non era stato fatto a regola d'arte.
Camminarono ancora e poi ancora mentre il silenzio misterioso gli invadeva l'udito massacrandoli dalla paura.
"Mi sto cagando sotto" mormorò Andrea sfinito dell'orrore di aspettarsi qualcosa da un momento all'altro.
"Saresti potuto rimanere a casa" sussurrò Marika che si inoltrava per un altro corridoio ad un paio di metri da lui.
Evidentemente Marika l'aveva sentito mormorare.
O meglio...quello che doveva essere un mormorio.
Sara si spostò dietro l'orecchio la ciocca di capelli che le si era sfilata dalla treccia disordinata e si voltò bruscamente verso destra quando qualcosa le sfiorò la spalla.
"AIUT...".
Una mano callosa le impedì di urlare e un bruciore intenso le invase i polmoni quando si sentì mancare l'aria.
Scalciò violentemente,ma a vuoto.
Andrea non si accorse di nulla e assieme a Marika continuarono a camminare mentre lei spariva dietro un angolo.

Sam cercò di aprire gli occhi appannati da un velo di lacrime.
"Alzati" gli urlò Luca spostando il piede da sopra il suo petto.
"Non toccarmi...
VERME!" gli urlò Sam sollevandosi.
Luca parve nascondere una risata di pietà e poi sferrò un altro calcio al ragazzo.
"Ho detto di alzarti" gli disse mantenendo una calma impeccabile,quasi surreale.
Sam appoggiò le mani a terra e si drizzò in piedi.
Luca gli afferrò tempestivamente il colletto della felpa prima di qualsiasi altra reazione e lo fissò.
Impugnò la pistola che nascondeva nei pantaloni neri e gliela avvicinò alla tempia.
Il sangue di Sam si gelò nelle vene con la stessa velocità con cui lui correva per la città durante gli allenamenti.
Si ricordò.
Il suo potere.
"Spaventato?" Gli mormorò Luca all'orecchio mantenendo sempre salda la presa sull'arma vicino alla testa del ragazzo.
Sam attese che lo riguardasse negli occhi e poi controllando mentalmente la sua condizione fisica cercò di ideare quale potesse essere il modo più saggio per fuggire.
Raccolse un pò di saliva e la sputò rabbiosamente sul ragazzo con la pistola in mano.
Luca voltò la testa a sinistra e caricò il grilletto.
"Non avrei voluto farlo.
Ma me l'hai chiesto espressamente" confessò amaro.
Echeggiò uno sparo.
Violento e sonoro.

Ma Sam era già sfuggito,il proiettile gli aveva colpito la gamba...
Ma aveva scampato la morte.

"Presto!
Ho sentito uno sparo" urlò Adele.
"Sto cercando di fare il possibile" gli rispose Jasmine mentre smanettava con la maniglia della porta chiusa.
"Via di qui".
Ivan la spinse di lato e spaccò la porta con un pugno.
"Forza" urlò poi guardandola soddisfatto.
Dimenticava...la super forza.
Marco gli fu subito vicino e le diede una pacca amichevole sulla spalla
"Quando sarà tutto finito,saprà anche chiedere scusa per i modi che ha avuto.
Tranquilla".
Jasmine gli sorrise,pur sapendo che non sarebbe stato così.
Ivan era troppo orgoglioso per farlo.
Adele era cerea in viso,ma la presa sulla frusta elettrica era salda e pronta a sferrare uno dei suoi colpi letali.
"Salviamo math" disse mentre Jasmine la fissava.
Questa sorrise imbarazzata ancora una volta e poi chiuse la fila di ragazzi lasciandosi dietro la porta della stanza ridotta in pezzi.
Corsero per un salone enorme e poi per un corridoio.
"Lo sparo veniva da li" disse Jasmine indicando una porta consumata dal tempo e dalle tarme difronte a loro.
Era socchiusa e a prima vista non c'era nessuno all'interno.
Poi...una voce.
"Cosa aspetti?" Sillabò Adele ad Ivan guardingo attraverso lo spazio lasciato dalla porta.
"Ssh" fu la risposta del ragazzo.
"È Sam"
"Entra!Presto!".Fu Jasmine stavolta ad urlargli tramite una voce stridula.
Era impallidita notevolmente nell'udire quel nome.
Marco sistemò la cintura con gli anelli di mettallo sui fianchi e poi scostò l'amico.
Aprì la porta e per una attimo non ci fu niente di cui essere colpito.
Poi si accorse di un ragazzo basso e tarquato con le spalle curve.
Fu pronto a lanciare uno dei suoi dischi.
Ma..."Sam!"
Saltò addossò all'ometto dai capelli rossi con in mano una delle armi senza più dubbi.
"Resisti!" Urlò all'amico steso sul pavimento mente conficcava l'anello nella spalla dell'altro.
Jasmine si catapultò su Sam con le lacrime agli occhi.
"Ascoltami" gli sussurrò con le labbra contro la sua guancia "Non mollare".
Appallottolò la sua t-shirt e poi tirò con tutte le sue forze per strappare un pezzo dall'orlo.
Riprovò ancora e poi venne via uno scampolo di stoffa abbastanza grande per l'uso.
Jas lo avvolse con cura attorno alla ferita sulla coscia del ragazzo stringendo con un nodo ben fatto,per non far sgorgare altro sangue dalla ferita.
Sam le sollevò il mento con le punte delle dita.
"Jas...io...comunque vada.."
"Stai zitto.
Andrá bene" gli disse incrociando il suo sguardo "comunque vada niente.
Andrà bene".
Sam sorrise e poi si sollevò.
Jas aveva finito di occuparsi della sua gamba e adesso si guardava intorno.
C'era sangue ovunque.
Sui suoi vestiti e su quelli dell'amico e non solo...sulla parete difronte e sulle mani di Ivan e quelle di Marco.
Adele era sulla soglia a bocca aperta,il ragazzo con i capelli rossi era sdraiato in modo inquietante sulla poltrona di feltro.
"L'avete ucciso?" Chiese agli amici con la voce ancora trapassata dalle lacrime.
"Non penso" confessò Marco rivolgendo uno sguardo al corpo del ragazzo accanto a lui.
"Adele!"
Marika le stava accanto.
Andrea era apparso con gli occhiali sulla punta del naso.
"Cos-cosa succede qui?" Domandò boccheggiando per la corsa attraverso i corridoi appena interrotta.

"Pronto.
Pronto.
Giulia rispondi ti prego"
Si sentì una voce dall'altro capo del telefono.
"Chi è?"
"Giulia.Sono IO Mathilde".

#Diversamente NormaliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora