Chapter nine

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Dire che non capisco più nulla è dire poco, ieri dopo essermi addormentata ho fatto dei sogni stranissimi, dei quali non ricordo la trama.
Sono ormai le 10, essendo sabato non devo andare a scuola.
Mi sono già lavata e vestita, e sono andata a correre, al mio parco preferito.
Non ho ancora acceso il telefono, non vorrei mettermi in testa cose non vere.
Non ho fatto nulla per tutta la mattina, ho messo in ordine la camera e il salone, dove ieri ha dormito mio fratello, non vi ho mai parlato di lui, vive a Londra, ha 29 anni, e ieri sera è arrivato qui in America, per trascorrere del tempo con la sua famiglia, cioè noi.
«Oh, finalmente» dico vedendolo uscire dalla doccia.
«Pensavo fossi tornato a Londra per lavarti» aggiungo per poi sorridergli.
«Non sono mica come te, che alle 6 di sabato si sveglia, e sottolineo di Sabato, per andare a correre» risponde lui prendendomi in giro.
Continuano così fino all'ora di pranzo, tra prese in giro e risate.
Sento suonare il mio telefono, non volevo rispondere, ma mio fratello mi "obbliga" ad andare almeno a vedere chi fosse.
È Noah, ho già due chiamate perse da lui, quindi decido di rispondere:
«Pronto Noah, dimmi» rispondo.
«Non voglio fare tanti giri di parole, stasera fatti trovare pronta per le otto» spiega lui con una voce che mi fa svenire, riattacca subito.
«Chi è Noah?» domanda mia fratello sbucando da dietro alla porta, ah aveva pure origliato?
«Certo che puoi ascoltare le mie chiamate» dico scherzando.
«Non hai risposto alla mia domanda» continua lui, buttandosi sul mio letto appena rifatto.
Dopo avergli spiegato tutto, pranziamo, parlo con i miei genitori di stasera, e loro sorridono dandomi il permesso.
Ho passato il pomeriggio a fare FaceTime con le mie migliori amiche, ma ora devo sbrigarmi, sono le 18 e devo essere pronta per le 20.
Mi faccio la doccia, lavo i capelli, e mi trucco in meno di un'ora e mezza, record.
Decido di mettermi un vestito che arriva sopra il ginocchio, stretto in vita, nero.
Sono indecisa su che scarpe metterci, così decido di chiedere all'unica persona più brava nel vestirsi che conosco, mio fratello.
Ovviamente era ironico, e al pensiero di mio fratello fissato con il vestirsi mi scappa un risata.
Percorro il corridoio per poi arrivare nella vecchia stanza di mio fratello, dove ora c'è lo studio di mio padre, sicuramente l'avrei trovato lì a rovistare alla ricerca di qualcosa da leggere.
Busso, noto che corruga la fronte alla vista del mio vestito, forse troppo corto per lui.
«Non proferisco parola sul tuo abbigliamento, faccio finta di nulla immaginandoti in pigiama. Comunque dimmi» mi guarda da capo a piedi sorridendo.
«Queste o quelle?» dico mostrandogli delle scarpe alte con il tacco nere e le stan smith tutte bianche.
«Faccio finta di non essere tuo fratello e di non essere geloso sapendo che stasera la lingua di qualcun altro sarà nella tua bocca, quindi i tacchi.» dice.
«Grazie» dico sorridendo e lasciandogli un bacio sulla guancia per poi tornare di corsa in camera.
Sono le 19.38, faccio un'attimo il punto della situazione e metto nella borsa tutto l'occorrente, burro di cacao, lucida labbra, uno specchio per controllare il trucco, e purtroppo gli assorbenti, non si sa mai.
Sono le 19.56, sono giù davanti alla porta ad aspettare un sua chiamata.
«Stai attenta, Massimo l'una a casa.» dicono mia madre e mio padre per poi uscire accompagnati da mio fratello, vanno a casa di amici a cena.
Vedo arrivare una Jeep nera, sicuramente di Noah.
Esco fuori e mi incammino per il vialetto, dirigendomi verso il cancello.
Odio i sassolini da cui è composto il vialetto, mi fanno innervosire perché entrano continuamente nelle scarpe, e con i tacchi non sono il massimo.
Scorgo una figura slanciata, nella penombra, ha le mani nelle tasche, e suppongo sia vestito molto elegante.
La figura si fa sempre più chiara, è davvero molto bello, quella bellezza che solo lui può avere.
Non so spiegare molto bene quello che provo per lui, è tutto molto confusionario, so solo che mi manda in confusione, non capisco più nulla.
Mi avvicino salutandolo, mi apre la portiera, gesto molto carino per un ragazzo come lui.
Durante il viaggio non proferiamo parola, nessuno dei due voleva rompere quel silenzio, creatosi all'interno dell' auto, molto spaziosa e ben curata, gli interni beige mi piacevano molto.
Raggiunta la metà, dopo aver scoperto dopo essere un ristorante molto buono, entriamo per poi sederci, è tutto così perfetto.
«Grazie Mille, insomma, sei stato davvero carino ad invitarmi» dico abbassando lo sguardo sul piatto, e arrossendo.
Sento la sua mano che accarezza la mia, quasi in segno di conforto.
«Come potrei lasciarmi scappare una ragazza come te» dice sorridendo per poi ritirare la mano.
Ci fissiamo, come se esistessimo solo noi in quella stanza in questo preciso momento, ignorando tutto, siamo felici così.
Quella magia viene interrotta dalla tosse sforzata del cameriere.
«Cosa le porto signor Underson?» chiede gentilmente con un taccuino in mano, scrivendo ogni singola parola.
«Direi, del Salmone.» risponde Noah sorridendo cordialmente e rendendogli il Menù.
«E alla sua ragazza cosa gli portò?» stavolta chiede a me, non ho seguito il resto della domanda, mi sono bloccata a "ragazza".
«No guardi siamo amici» dico sorridendo, anche se volevo palesemente essere di più.
Noto Noah che trattiene una risata, sorrido alla visione di quella scena.
«Comunque penso di prendere la stessa cosa di Noah, del Salmone, con dell' insalata, grazie mille» dico.
«Le dico solo una cosa, l'amicizia tra uomo e donna, non può esserci, uno dei due si innamora sempre» dice facendomi l'occhiolino per poi sparire nel resto del ristorante.
La serata la passiamo a parlare di noi,
ridendo e non stando zitti un'attimo.
È tutta un'altra persona da quella che vuole sembrare, è dolce, invece lui vorrebbe sempre mostrarsi duro, ma non è così, ne sono certa.
Girovaghiamo in macchina e a piedi, senza una meta, parlando e stando bene insieme.
La serata si conclude in bellezza, con lui che mi riporta a casa.
«Grazie mille di tutto, sei davvero un tesoro. Ci vediamo a scuola, buonanotte Noah» dico, faccio per scendere dalla macchina ma vengo fermata da quest'ultimo.
«E chi ti ha detto che è già finita la serata?» dice per poi baciarmi, quei baci che si fanno venire i brividi, uno di quelli che ti fa venire male alla pancia dalla felicità, in quel momento vorresti urlare, dire a tutti che finalmente hai trovato la felicità, qualcuno che ti vuole bene, e sei ciò che sei veramente con lui.
Passo la notte a immaginarci ancora insieme, nel mio letto, con il suo profumo vicino.

Coffee shop - Cameron DallasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora