Il fatidico giorno era arrivato. Suonò la sveglia, anche se non ne ebbi bisogno: non avevo chiuso occhio per tutta la notte, non so dire se per l'eccitazione, l'ansia o lo stress accumulato nei giorni precedenti. Lentamente mi alzai e iniziai a prepararmi. Dopo essermi lavata mi truccai, pettinai i miei capelli biondi in una coda alta e indossai la veste dei laureandi.
Dopo essermi messa in tiro il tempo sembrò volare. Senza sapere come mi ritrovai nel cortile dell'università, dove il rettore stava tenendo il solito discorso di fine anno. Subito dopo iniziarono a chiamare gli studenti. Fui una delle ultime visto che il mio cognome inizia con la Q, per cui passai la maggior parte del tempo a guardarmi intorno alla ricerca della mia famiglia. Improvvisamente sentii il mio nome: 'Harleen Frances Quinzel'. Era il rettore che mi invitava a salire sul palco per ritirare la laurea. Non mi ero fatta nessuna amicizia durante quei quattro anni di college, ma la maggior parte dei presenti applaudì lo stesso mentre raggiungevo il rettore. Da lì riuscii ad individuare i miei, e dopo aver stretto la mano agli insegnanti ed essere scesa dal palco andai da loro. Appena mi videro però non mi corsero incontro congratulandosi, come la gente normale si aspetta che faccia una famiglia nei confronti della figlia che si è appena laureata. Invece non dissero niente e continuarono a fissarmi. Fui io a rompere il silenzio, dicendogli 'non mi aspettavo di vedervi' con aria seria. Mia madre mi corse incontro e mi abbracciò, ma visto che io non davo segni di voler ricambiare l'abbraccio si staccò, visibilmente imbarazzata. Poi disse 'tesoro mio, perchè dici questo? Sei pur sempre nostra figlia...' dovetti fare appello a tutto il mio autocontrollo per evitare di urlare che ero loro figlia anche alle elementari, quando le maestre pensavano avessi qualche problema mentale, oppure alle superiori, quando venivo additata come quella strana... eppure la mia famiglia non aveva fatto niente per aiutarmi. E io non capivo la loro logica. Anzi, a dirla tutta non capivo proprio le persone. Forse anche per questo decisi di studiare psicologia, per aiutarmi a capire come pensa la gente che si autodefinisce "normale". Perché i pazzi per me erano fin troppo semplici da capire.
Mi riscossi dai miei pensieri e notai che mia madre mi stava fissando come se stesse attendendo una risposta. Peccato che io non la stessi minimamente ascoltando... decisi di allontanarmi, lanciando uno sguardo truce a tutti tranne che a Barry, il mio fratellino. Raggiunsi il rinfresco ma avevano già finito tutto, per cui decisi di andarmene: non avevo nessun motivo per rimanere. Mentre camminavo verso l'uscita sentii dei passi dietro di me: mi girai e vidi una donna che camminava nella mia direzione 'la dottoressa Quinzel?' chiese. 'Si, sono io...' risposi confusa. 'Sono la dottoressa Brown, lavoro come psicologa all'Arkham Asylum. Sono qui per offrirle un posto di lavoro' 'al manicomio di Gotham City? Mi sta proponendo di lavorare in quel posto per matti?' Chiesi diffidente. Mi ero appena laureata e già mi offrivano un lavoro? La cosa mi puzzava. 'Esatto. Mi hanno detto che ti sei laureata con il massimo dei voti e che sei un'esperta nel campo della follia e delle malattie mentali. Fai proprio al caso nostro' mi consegnò un biglietto da visita 'chiamami e fammi sapere se sei interessata' mi sorrise e poi se ne andò, lasciandomi nel cortile, con il biglietto in mano e persa di nuovo nei miei pensieri.
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Harley Quinn: Mad Love #JustWriteIt #Wattpad10
Fanfiction« Quando ero un medico non facevo altro da mattina a sera che ascoltare i problemi degli altri. Poi ho conosciuto il Joker, la prima persona che ha ascoltato i miei problemi, e mi ha reso la vita divertente! » [106# IN FANFICTION IL 2/9/16]