capitolo 14

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Lungo il corridoio erano sdraiate una decina di guardie, che urlavano e si contorcevano sul pavimento come se le stessero torturando. Attorno a loro si diffondeva una strana nebbiolina bianca. Le urla attiravano sempre più guardie, che una volta arrivate puntualmente crollavano a terra gridando di dolore. Sapevo che la causa era quella nebbiolina, anche se non avevo idea di cosa potesse essere. Decisi di tornare nel seminterrato per aspettare nuovi ordini da Joker, visto che non sapevo che fare, ma fui troppo lenta: quella strana foschia mi raggiunse e mi si annebbiò la vista e la mente, sentivo solo un dolore atroce attraversarmi tutto il corpo, non riuscivo a pensare a nient'altro, era come se mi infilzassero con centinaia di coltelli contemporaneamente, mentre mi buttavano addosso dell'acido. Non so quanto tempo rimasi così, ma dopo quello che parve un periodo infinito il dolore svanì poco a poco, smisi di urlare e aprii gli occhi. Mi accorsi di indossare una mascherina. Lentamente misi a fuoco e mi accorsi di Joker. Anche lui indossava una mascherina. Mi guardava e sorrideva, quel sorriso che mi faceva squagliare il cuore come fosse di burro. Mi misi a sedere: ero sdraiata a terra e non sapevo neanche come ci fossi finita. All'inizio non sentivo niente, vedevo Joker muovere le labbra per dire qualcosa ma non riuscivo a capire cosa stesse dicendo. Ero terrorizzata, pensavo di aver perso l'udito, quando poco a poco riuscii a percepire di nuovo i suoni. Sentivo di nuovo le guardie urlare, ma le ignorai e prestai invece attenzione a Joker. 'Come andiamo, zuccherino?' disse ridendo. Gli sorrisi, mi alzai e dopo aver recuperato la mazza  uscimmo insieme da quel corridoio. Durante il tragitto gli chiesi cosa mi fosse successo, e lui, sorridendo come al suo solito, mi spiegò: 'Hai sentito parlare dello Smilex, no? Beh, quella simpatica nebbiolina è un gas molto simile allo Smilex, ma che intacca il sistema nervoso. Chi lo respira avverte all'istante un dolore atroce, che dà l'impressione di una tortura fisica nonostante sia solo una suggestione a livello mentale. Prima di essere rinchiuso qui sono riuscito a collegare ai sistemi di sicurezza delle macchine che, una volta disattivati gli allarmi, rilasciano automaticamente una bella dose di questo gas. Geniale, no?' Trotterellai al suo fianco, sorridendogli 'non immagini quanto, Puddin'!' 

Percorremmo la hall e sembrava andare tutto liscio, finchè non sentii gli spari. Mi girai e vidi tre guardie con le pistole puntate verso di noi. Iniziammo a correre velocemente, cercando di schivare i proiettili, finchè uno non mancò di striscio il mio puddin'. Sentii la rabbia crescere dentro di me, un unico pensiero nella mia testa: uccidi.
Tirai fuori la pistola dalla tracolla, mirai a una delle guardie e gli sparai una pallottola in testa; sparai alla gamba la seconda guardia, in modo da rallentarla. Nel frattempo erano arrivati i rinforzi, e a quel punto i miei ricordi si fanno confusi. Ricordo solo che continuai a sparare, sparare e sparare, non so per quanto tempo, finchè non sentii un dolore acuto al braccio. Qualcuno mi aveva colpito, anche se, a giudicare dalla ferita, solo di striscio. A quel punto mi guardai attorno, notando che avevo sparato e ucciso tutte le guardie. Tutte, tranne quella che avevo precedentemente ferito alla gamba. Puntava la pistola verso di me, ma con uno scatto fulmineo sparai un colpo mirando alle sue mani. Lasciò andare la pistola urlando di dolore, e a quel punto presi la mazza e, ignorando la mia ferita che iniziava a bruciare, mi avvicinai con passo deciso e gli diedi un calcio in faccia. Cadde e lo colpii alla testa innumerevoli volte. Era già morto dopo un paio di colpi, ma non mi importava, dovevo continuare, continuai fino a far diventare il cranio semplice poltiglia. Quando finalmente mi calmai tutto il pavimento era allagato di sangue, l'odore acre che mi riempiva le narici. Il braccio continuava a farmi male, ma non mi importava. Mi girai, pronta a scappare definitivamente con Joker, ma lui non c'era. Uscii, pensando che magari mi stesse aspettando fuori, ma neanche lì lo trovai. Un dettaglio attirò la mia attenzione: una carta da jolly, attaccata ad un pilastro tramite un coltello. Mi fiondai sulla carta e la ispezionai alla ricerca di un suo messaggio, imbrattandola di sangue che mi era schizzato addosso mentre spaccavo la testa alla guardia. Sul retro era stata scritta una semplice frase, nella solita calligrafia elegante: "non cercare di capirmi...
Impazziresti nel preciso istante in cui tenteresti di farlo". La carta mi cadde dalle mani. E in quel momento, il mondo mi crollò addosso.

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