capitolo 12

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Camminavo silenziosamente lungo gli asettici corridoi del manicomio, illuminati da una pallida luce bianca che ricordava tanto gli ospedali. Il cuore mi batteva fortissimo, avevo la costante paura che qualcuno mi beccasse, mi sembrava quasi di stare in un film horror. Per fortuna non c'era nessuno in giro, a parte qualche guardia che girava per accertarsi che fosse tutto apposto. Quando sentivo un rumore sospetto mi nascondevo in uno sgabuzzino o dietro un angolo, e anche se la maggior parte delle volte era un paziente che faceva baccano, in un paio di occasioni mancò poco che mi scoprissero. Non sapevo esattamente dove fosse il seminterrato, non c'ero mai stata prima di quel momento, per cui girai per un buon quarto d'ora prima di trovarlo. La porta era chiusa con un lucchetto, ma riuscii ad aprirla facilmente in un paio di minuti usando il coltellino svizzero. Sarebbe stato più facile usare le chiavi, in dotazione a chiunque lavori al manicomio, ma sfortunatamente le avevo dimenticate a casa, non pensavo potessero servirmi. All'interno era completamente buio, per cui mi feci luce con la torcia, che illuminò delle scale vecchie e malandate. Iniziai a scenderle velocemente, ma ben presto dovetti rallentare il passo per evitare di rompermi qualcosa. Erano scivolose e in molti punti scricchiolavano, per cui continuai per tutto il tempo a maledire l'ideatore di tali scale e a pregare per evitare che qualche gradino cedesse sotto il mio peso. Arrivata in fondo trovai un interruttore, accesi la luce e mi guardai attorno. Non sapevo minimamente cosa cercare. Perlustrai tutto il seminterrato alla ricerca di un 'quadro' o comunque qualcosa di simile, ma invano. Stavo per arrendermi quando il mio sguardo cadde su una specie di scatola di metallo attaccata alla parete, in un angolo poco illuminato. Mi avvicinai, e mi resi conto di aver trovato quello che cercavo. Un quadro elettrico. Pensai a quanto fossi stata stupida a non capirlo prima. Voleva sicuramente che disinnescassi gli allarmi o qualcosa del genere. Forzai il quadro con un pezzo di metallo che staccai da una sedia a rotelle mezza rotta lì vicino, e diedi un'occhiata all'interno. Una miriade di fili, di tutti i colori, erano attorcigliati tra di loro, come tanti piccoli serpenti. Dovevo tagliare dei fili. Il problema era quali. Stavo per arrendermi per la seconda volta nel giro di qualche minuto quando trovai la risposta. Primari. I colori primari. Giallo, rosso e blu. Dovevo tagliare quelli. Ma siccome ero abbastanza stressata da quella situazione a cui non ero per niente abituata -la cosa più proibita e pericolosa che avevo fatto fino ad allora era stato rubare i dolci dalla dispensa senza che i miei se ne accorgessero quando avevo dodici anni- non tardai a diventare paranoica. Dovevo tagliarli in un certo ordine? Cosa avrebbero causato? Ci avrei rimesso la pelle? Volevo DAVVERO rischiare tutto per Joker? Pensai un attimo, poi mi risposi. Sì. Mi fidavo di lui. Anche se è un pazzo psicopatico.
"Resisti, puddin" sussurrai. Presi il coltello, mi avvicinai al filo rosso e con uno scatto fulmineo lo tagliai.
Angolo autrice:
Scusate so che è corto ma voglio lasciare il resto al prossimo capitolo. Fatemi sapere cosa ne pensate finora, sia in un commento che in chat privata o in bacheca. E ancora grazie a tutti per le (quasi) settemila visualizzazioni e i numerosissimi voti e commenti!!

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