20. La mia rinascita sei tu

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Mi svegliai tra le braccia del mio fidanzato mentre il suo petto vibrava contro la mia schiena. Portai la mia mano sulla sua e l'accarezzai. Il suo odore mi tranquillizzava e quasi mi pareva di sognare. Era reale, era davvero nel mio letto e sul serio, mi bastava averlo accanto per stare bene. Speravo solo che quello che sentivo io lo sentisse anche lui.

Mi mossi appena per raggomitolarmi ancora di più contro il suo corpo teso e lui mugugnò nel sonno. Conoscendolo, al suo risveglio avrei ricevuto tanti "lo sapevo che mi si sarebbe addormentato il braccio," ma morivo dalla voglia di sapere le sue impressioni a proposito della nostra prima notte insieme.

E se avesse detto di no? Che non era per lui?

Scossi la testa e sgusciai fuori dal letto. Andai in bagno e dopo avermi sciacquato il viso per svegliarmi e le altre pulizie per non fare storcere il naso al mio speciale ospite, mi avviai in cucina. Cercai, palesemente fallendo, di ricordare cosa potesse mangiare e mi arresi dopo aver guardato l'interno del mio frigo.

Presi una scatola semi vuota di cereali e due scodelle. Avevo finito il latte ieri sera e visto che lo prendevo in prestito, o meglio rubavo, da loro non lo compravo spesso. Sperai che Sheldon avesse un piano B o avremmo saltato la colazione.

Guardai la porta d'ingresso. Era sabato quindi Leonard doveva essere ancora a casa.

Senza pensare alle conseguenze, o meglio evitandole palesemente, presi le chiavi di riserva dell'appartamento dei miei vicini e uscii da casa. Tesi l'orecchio contro la porta, cercando di capire se Leonard fosse già sveglio o quanto meno in soggiorno. Infilai la chiave nella serratura e, sentendomi una ladra, la girai nella toppa.

Leonard alzò lo sguardo e io lo notai subito. Era in vestaglia, seduto attorno al tavolo dell'isola a mangiare i cereali.

«Buongiorno Penny,» mi salutò educatamente, facendo tintinnare il cucchiaio contro la ciotola.

«'Giorno,» replicai, chiudendomi la porta alle mie spalle. Strinsi le braccia al petto, chiedendomi cosa dovessi dirgli. Non sentivo più nulla nei suoi confronti e mi augurai che per potesse essere lo stesso... almeno nel futuro prossimo.

«Sheldon ha dormito da te, eh?» mi chiese, indicandomi il frigo. «Immagino tu sia venuta per il latte, anche se il sabato vuole variare.»

«Sì, lo so,» dissimulai un minimo di sicurezza di fronte alla sua spiegazione parziale.

Non solo sapeva cosa avevo intenzione di fare, ma mi ero anche dimenticata della colazione particolare del mio fidanzato. Il suo sorrisino compiaciuto confermò i miei sospetti.

«Leonard, io e Sheldon stiamo insieme, fattene una ragione. Fin quando saremo vicini ci vedremo tutti i giorni tranne se ci evitiamo, ma non ho intenzione di passare tutto il giorno a chiedermi se sei o non sei a casa.»

«Hai ragione,» mormorò dopo qualche minuto, lasciando cadere il cucchiaio nella ciotola e ignorando il resto dei cereali che galleggiavano nel latte. Si limitò a darmi ragione e la cosa mi irritò.

«Non hai altro da aggiungere?»

«No,» rispose, riprendendo a mangiare. Io lo fissai, chiedendomi cosa avesse in mente e presi il latte, una confezione di bacon, un paio di uova e una busta di pane per i french toast. Leonard mi seguì con lo sguardo e, dopo aver finito di mangiare, si alzò per lavare la ciotola. Io stavo guardando ancora il contenuto del frigo e pensavo che dovessi fare la spesa urgentemente.

«Vuoi una mano per portare tutta questa roba di là?» mi domandò, facendo risaltare l'espressione "tutta questa roba" in modo eccessivo. Fui tentata di posare qualcosa, ma no, il mio fidanzato aveva pagato anche lui per quelle cose.

L'impossibile diventa possibileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora