4. Soluzioni (e) alternative

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Sentii bussare delicatamente alla porta e, prendendo la borsa, l'aprii.

Sheldon mi guardò e senza dir nulla iniziò a scendere le scale.

Mi mancò la sua tipica bussata e intuii che la sua tristezza si fosse proiettata anche sulle sue azioni abituali.

Mi ricordai dei 25 gatti, che aveva preso quando non era fidanzato con Amy in occasione del loro primo litigio, e fu chiaro che il peggio dovesse ancora venire.

Scendendo le scale, contemplai anche l'opzione di chiamare Mary Cooper per avere un consiglio su come dovermi comportare con suo figlio.

Arrivati all'auto, però capii che non dovevo intromettermi e pensare ai miei di problemi. Ci mettemmo le cinture di sicurezza e sistemai lo specchietto. Le strade non erano trafficate, il sole splendeva e Sheldon era incredibilmente silenzioso.

«Vuoi che accenda la radio?» chiesi, stringendo le dita attorno al volante e girandomi verso di lui. Scosse la testa senza parlare. «Okay. Che ne dici di un gioco da macchina? Quelli che ami fare di solito.»

«No.»

«Stai facendo il gioco del no?» domandai con un sorriso.

«No.»

Era irremovibile.

«Sheldon, non avrei mai pensato di dirlo, ma mi manca sentirti parlare, riempirmi la testa di storie che solo tu reputi interessanti e mi mancano anche i tuoi insulti.»

«Okay, allora,» iniziò, schiarendosi la voce. «Dovevi far aggiustare la tua vecchia macchina, perché mi ero abituato alla spia che lampeggiava e su questa nuova auto, la spia non lampeggia.»

Lo guardai per un attimo, approfittando del semaforo rosso.

«E se mettessi una lucina di natale?»

«No, deve essere la spia del motore. Le luci lampeggianti disturbano il guidatore se collocate nel suo raggio visivo,» spiegò con saccenza, zittendomi.

«E se ti comprassi uno di quei pupazzetti luminosi? Non va bene?»

«No, perché la luce sarebbe in quantità maggiore rispetto a quella della spia, oltre a rendere il tutto fastidioso.»

«Quindi non ci sono soluzioni?» domandai in uno sbuffo. Di colpo mi mancò il suo silenzio di prima.

«No.»

Si girò a fissare la strada, senza aggiungere o spiegare altro.

Non era una cosa da Sheldon.

«Lo so che è folle, ma da zitto fai più paura di quando parli!» esordii, controllando la sua espressione che risultava essere assente.

«Non mi aspettavo che mi lasciasse. Pensavo che mi amasse. Come si può lasciare una persona dopo tutto questo tempo?» chiese a bruciapelo, facendomi sussultare.

Mi concentrai sulla strada, ignorandolo. Il fatto che avessi dei dubiti proprio ora, non mi aiutava molto. Una fitta allo stomaco mi fece stringere i denti.

«Sai come si dice, meglio tardi che mai,» esclamai, ridendo imbarazzata. Non mi era uscito di meglio dalla bocca.

«È senza senso,» rispose confuso.

«La vita pure,» ribattei di getto.

Altro silenzio ci fece compagnia. Al semaforo rosso mi fermai e lo guardai. Si era girato verso il finestrino e guardava intensamente il paesaggio cittadino. Le strade, superati a differenza degli incroci di prima, erano tranquille. Molte persone erano già al lavoro.

L'impossibile diventa possibileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora