10. I dottori Stranamore

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Guardai la spia del motore spenta. Da quando avevo avuto l'auto aziendale, e ancor prima quella che mi aveva regalato Leonard, mi mancava quella lucina perennemente accesa. Era stupido, no? Sapevo che non era una cosa buona, ma mi piaceva guardare il quadrante e trovarla lì fissa.

Mi piaceva perfino sentire Shel... lui  lamentarsene.

«Non mi hai risposto prima,» disse Leonard seduto al mio fianco, intento a bloccare la cintura di sicurezza. Aveva ragione. Per tutto il tempo ero stata zitta a bere in un angolo del soggiorno di casa Wolowitz, ascoltando Bernadette che ci annunciava i lavori che volevano fare in casa. «Allora? Non sei d'accordo con la mia idea di farli tornare insieme?»

Non seppi perché mi aveva tanto disturbato la sua proposta.

«Non lo so,» sbottai a voce un po' troppo alta. Attivai i tergicristalli per ripulire il vetro da alcuni aloni e il rumore delle spazzole colmò l'imbarazzante vuoto tra di noi.

«Sei sicura di voler guidare tu?»

Mi girai per guardarlo e mi morsi il labbro. Entrambi sapevamo che il mio problema non era il dover guidare per tornare a casa. Non ero innamorata di Sheldon, ma mi irritavo anche solo sentirlo nominare. I miei sensi di colpa mi stavano uccidendo.

Leonard si era accorto della mia inquietudine, non sapevo come, ma riusciva a leggermi dentro.

«Ho baciato Sheldon,» gli confessai, guardando la strada deserta davanti a me. Non ero riuscita neanche a dirglielo a testa alta e senza sentirmi male. Lui respirò rumorosamente e si prese qualche secondo prima di parlare.

«Perché ci hai messo tanto a dirmelo?» mi domandò, facendomi sussultare. Lo sapeva.

«Tu...»

«... lo sapevi già? Sì, Penny, lo sapevo. Sheldon si stava comportando diversamente dal solito e sai che razza di stramboide sia normalmente. Alla fine dietro le mie insistenti richieste, me lo ha confessato.»

Sheldon non riusciva a mantenere i segreti.

«Non volevo dirtelo per non farti soffrire,» risposi meccanicamente, riciclando una delle frasi più stupide ereditate da generazioni di codardi.

«Se non avessi voluto farmi soffrire, avresti evitato di baciarlo,» costatò con un sospiro, guardandomi al di sopra della sua montatura nera. Riportai la mia attenzione sulla strada e strinsi il volante, avvertendo ancora il suo sguardo su di me. «Dimmi che non sei innamorata di lui, ti prego.»

«No!» esclamai, torturandomi con i denti il labbro inferiore. Come gli venivano in mente certe idee? Come riusciva a leggermi sempre dentro con tale precisione?

Lui emise qualche verso di assenso. «Penny, siamo pari,» sentenziò alla fine, riferendosi all'episodio per cui non avevo voluto sposarlo. Io non dissi nulla. Aveva ragione, eravamo pari.

«Devo chiamare Sheldon per farlo tornare. Non avrei mai pensato di dirlo, ma non è più lo stesso a casa senza di lui. A te non manca?» mi chiese con il suo sorriso idiota sulle labbra. Io lo ignorai e premetti l'acceleratore così da arrivare il prima possibile e allontanarmi dal suo sguardo indagatore.

Leonard era un uomo straordinario, ma sapeva anche scatenare i miei sensi di colpa.

Era il suo talento più grande torturarmi fino ad ammettere di aver sbagliato.

«Sono io, Leonard Hofstadter, signora Cooper.»

Mi girai di scatto, facendo sbandare l'auto sulla strada deserta e solo averla riportata sulla sua traversa giusta, lo guardai. Lui si aggrappò al sedile, bloccando con la spalla il telefono contro il suo orecchio.

L'impossibile diventa possibileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora