19. Fidati di me

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Sheldon ed io raggiungemmo finalmente il quarto piano. Avevo bevuto poco, ma nonostante ciò mi scoppiava la testa. Sheldon mi seguì in silenzio, richiudendosi la porta alle spalle. Io mi girai a guardarlo mentre si sfilava la giacca per poi riporla sull'attaccapanni.

In quel momento provai un'ondata di tenerezza nei suoi confronti. Era un gesto semplice, ma che mi lasciava intuire che si sentisse a suo agio ed era importante per me.

«Cosa c'è?» mi domandò, essendosi reso conto che lo stessi guardando.

«Stavo notando che sei a tuo agio qui,» risposi, versandomi un bicchiere di vino e uno di latte per lui. Accartocciai il cartone sul lavandino. Sheldon si sedette sul divano e guardò davanti a sé. Era adorabile.

«Sì, mi è venuto spontaneo. Forse è meglio che vada,» disse, alzandosi in piedi.

«No!» urlai, raggiungendolo e tenendo i bicchieri per i loro orli. Gli allungai quello di latte e lui lo prese, scrutandomi con quello sguardo tra il diffidente e il confuso. «Ti prego, resta,» implorai e lui si lasciò cadere sul divano. Lo imitai, sistemandomi sul cuscino e avvicinandomi a lui.

Le nostre braccia si sfiorarono. La scossa che sentii mi fece alzare appena il gomito e lo appoggiai sul ginocchio nudo per non giustificare il mio strano movimento.

«Hai freddo?» mi chiede, dopo aver bevuto un sorso. Non gli era sfuggito nulla.

«Un po',» mentii, affondando nel mio calice di vino e bevendone più di un sorso. L'alcool mi scaldò la gola, facendomi sentire meglio.

Appoggiai la testa sulla sua spalla e, posando il bicchiere sul tavolino, mi accasciai contro di lui. Depositai un paio di baci nell'incavo tra spalla e collo e gli allentai il colletto della camicia. Appoggiai la mano sul fianco, sentendo le fibre della camicia sotto le dita. Il mio fiato si accorciò, risentendo dell'eccitazione che avevo soffocato per tutta la serata. Lui si lasciò toccare, ma quando la mia mano sfiorò i passanti del pantalone, si scosse, facendomi allontanare.

«Forse è meglio che...»

«...resti,» completai la frase per lui e, prendendogli la mano, me la portai al cuore. «Stasera dormiamo insieme. Non altro. Solo dormire abbracciati e se per te sarà troppo, mi sposterò sul divano.»

Lui mi fissò per qualche minuto, deglutendo e immobile senza spostare la mano dal mio seno. Stava valutando cosa fare. Lo intuivo dalla sua espressione concentrata.

«Vado a prendere il pigiama,» sentenziò alla fine, alzandomi e lasciandomi sola sul divano. Stavo per dirgli che poteva dormire in slip, ma preferii non rischiare. Lo avevo già fatto uscire dalla sua zona di comfort, era meglio non metterlo a dura prova. Annuii, sperando che tornasse.

Lui lasciò la porta socchiusa. Io raccolsi i bicchieri, ora semivuoti, e li misi nel lavandino. Mi sfilai il vestito mentre arrivavo in camera e presi il pigiama pulito dall'armadio. Mi avvolsi in un telo, una volta completamente nuda e aspettai che tornasse. Chiusi gli occhi per un attimo.

All'improvviso sentii la porta richiudersi e mi destai. Controllai la sveglia. Ci aveva messo quasi quindici minuti. Credevo non venisse più. Mi alzai dal letto e mi assicurai che fossi coperta.

Il telo corto si sollevò ad ogni mio passo.

«Vuoi usare prima tu il bagno?» domandai, raggiungendolo. Costatai che si era già cambiato e sistemato per la notte.

«Vai tu,» disse, superandomi e fermandosi davanti al letto. Si tolse la vestaglia e la lasciò cadere sulla poltrona. Io non volli sprecare l'occasione di provocarlo. Prima di andare in bagno, chiusi la porta dell'ingresso a chiave e spensi la luce nel soggiorno. Assicurandomi che potesse vedermi, ormai steso sotto le coperte, afferrai il pigiama e lasciai cadere il telo a terra.

«Allora vado in bagno,» affermai e girandomi, camminai, sculettando un po' troppo.

Chiusi la porta alle mie spalle, girandomi e mettendo in mostra il seno. Senza controllare la sua reazione, mi feci una rapida doccia, senza bagnarmi i capelli e quando mi asciugai, fui delusa dal fatto che non mi avesse raggiunta in bagno.

Uscii vestita, passandomi le dita tra i capelli. Spensi la luce e camminai fino al letto. Mi stesi, facendo scricchiolare le molle sotto al mio peso e sentendo nell'oscurità il respiro di Sheldon.

«Dormi già?» chiesi, alzando la testa e scorgendo solo il suo profilo grazie a quel poco di luce che proveniva dalla finestra.

«No,» sussurrò, girandosi verso di me. Sentii le sue labbra sulla mia guancia e le sue mani afferrarmi per la vita. Era così timido e sfrontato che mi chiesi fino a dove potesse spingersi.

«Penny, Penny, Penny...» mormorò, fermandosi e accarezzandomi il braccio con la punta delle dita.

«Sheldon,» balbettai, appiattendomi contro di lui.

«Non faremo nulla stanotte, anche se mi hai offerto il modo di vederti nuda per la seconda volta.»

«Seconda volta?» domandai, socchiudendo gli occhi.

«Quando cadesti nella vasca,» precisò. «L'eroe guarda sempre, soprattutto se la gentil donzella in pericolo è come te.»

Arrossii immotivatamente e mi accoccolai contro di lui. Mi passò un braccio sotto la spalla per poi ritrarlo.

«Mi si addormenterà in questa posizione,» spiegò, studiando come abbracciarmi e non farsi male.

«Non hai mai dormito con una ragazza quindi non sai che qualsiasi posizione ti farà formicolare tutto il corpo.» Sentii qualche molla cigolare. «Ma ti giuro che ne varrà la pena,» aggiunsi in un sussurro.

Senza dire nulla, si rimise nella posizione di prima e mi strinse a sé.

Mi addormentai col sorriso.

Sheldon si fidava di me ed io, anche se era inutile dirlo, di lui.

L'impossibile diventa possibileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora