Fell for you.

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HARRY'S POV

Domani è il giorno della festa. E oggi sono due mesi esatti di relazione col mio piccolo Louis. Sono felice per questo. La festa può pure passare in secondo piano, anche se effettivamente sono stato io a chiedere a Louis di venirci con me.

Ma voglio fargli vivere la giornata migliore del mondo. Preparargli la colazione. Baciarlo. Rubargli un sacco di baci in posti e momenti in cui non ci può vedere nessuno. Cenare con lui fuori. E baciarlo ancora. E farci l'amore. Ringraziarlo ininterrottamente per avermi fatto passare un periodo bellissimo dopo tanto tempo. Ho trovato la mia ancora di salvezza in Louis, e lui credo proprio che l'abbia trovata in me. Io sono il suo veliero, e lui è la mia bussola. Io sono il suo cuore, e lui è la mia freccia di cupido. Io sono la sua gabbia, e lui è la mia rondine.

Ero talmente tanto grato e innamorato di Louis, che per quel bellissimo giorno avevo progettato di renderlo importante, sia per me, sia per lui. Arrivammo al college. E quella mattina incontrammo Zayn davanti all'entrata che ciarlava con alcuni ragazzi, probabilmente per l'organizzazione della festa.

Louis lo guardò. E poi guardò me.

"Cosa devo fare Harry? Dovrei parlarci?"

"Devi farlo solo quando sei sicuro e pronto, Lou...non perché ti guarda storto..."

"Hai ragione...non voglio rovinarmi il nostro giorno, poi...ci parlerò magari domani alla festa...", e mi sorrise sinceramente, come per ringraziarmi del mio supporto morale.

Gli toccai quindi la spalla per dargli quella conferma, per dirgli che ero d'accordo con lui e stavo dalla sua parte, qualsiasi cosa sarebbe successo. Anche perché non avrei potuto baciarlo o abbracciarlo davanti alla folla studentesca. E davanti a Zayn.

Ci dividemmo per le nostre lezioni delle prime due ore, che al venerdì non avevamo assieme, ma io non andai effettivamente a lezione. Lo lasciai entrare, dandogli appuntamento all'uscita. Poi andai dal bidello di turno, chiedendo se era possibile consegnare una busta a Louis Tomlinson durante la lezione di letteratura. Lui mi assicurò che appena la campanella glielo avesse permesso, l'avrebbe consegnata volentieri. Gli sorrisi, e poi lasciai la scuola. Quella mattina avevo un appuntamento dal tatuatore, che avevo prenotato settimane prima. Quindi, senza farmi vedere, me ne andai e mi avviai verso il negozio.

"Ciao Mark...", dissi, non appena varcai la soglia. La campanella attaccata alla porta che avvisava che qualcuno era entrato rilasciò un suono stridulo e fastidioso. Il bancone davanti a me, posizionato di fronte alla porta dello studio sul retro, era tappezzato di foto di tatuaggi che Mark fece in passato. I muri erano dipinti di nero e rosso, e qua e là altre foto. Tra i due divanetti nella piccola hall d'attesa vi era uno specchio a muro. L'atmosfera che creava quel posto era abbastanza tetra, ma mi avevano parlato tutti bene del servizio.

"Ciao Harry...vedo che non ti sei dimenticato..."

"Non potrei mai quando si tratta di tatuaggi!"

"Bravo...mi lavo le mani e ti faccio vedere il disegno..."

Annuii e mi sedetti sulla poltroncina nella saletta d'attesa. Non c'era nessuno quella mattina. E mentre aspettavo che ritornasse, leggevo una rivista. Poi mi fece cenno di entrare nella saletta.

"Guarda...te l'ho modificato così...molto sobrio...", mi porse il foglio con il disegno, e quello vecchio che gli portai io, per farmi notare le differenze.

Su quel foglio vi era, con una scritta in gotico moderno, il mio trentasettesimo tatuaggio. 17BLACK. Diciassette il numero della maglia da calcio di Louis, e black perché il numero era colorato di nero. Sorrisi soddisfatto.

Pensavo Di Averti Perso- Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora