I lividi sul mio corpo iniziavano a passare dal viola a uno strano colore verdognolo. Negli ultimi tre giorni era stato Colin l'unico a prendersi cura di me: mi portava i pasti in stanza e faceva tutto il possibile per rendere sopportabile il mio soggiorno in questa specie di inferno. L'orologio di plastica bianco attaccato alla parete segnava le 7.11 del mattino, Colin sarebbe arrivato tra circa 20 minuti. Presi la mia divisa e mi avviai verso il bagno delle donne, era la penultima stanza a destra, opposta a quella degli uomini. Le docce erano deserte tranne che per una stridula voce che rimbombava cantando sulle note di "God Save The Queen". Ci credeva davvero! Mi misi a ridacchiare rilassandomi un po'. Dopo una lunga doccia fredda ritornai nella mia camera con i capelli ancora umidi e trovai Colin sdraiato sul mio letto, i capelli neri e arruffati erano sparsi sul cuscino, lo sguardo assonnato lasciava capire che si era appena svegliato. Lo scollo della divisa sul petto lasciava intravedere la clavicola sporgente, la luce gli illuminava il viso mettendo in risalto la sua pelle abbronzata dal sole, i nostri sguardi si intrecciarono e.....
-"Ehm ehm"-
Ah.... C'era anche l'inserviente, era in piedi accanto a lui e si stava schiarendo la voce per catturare la mia attenzione.
-"È successo qualcosa? Come mai siete qui?"- chiesi leggermente allarmata.
-"Non ti preoccupare, siamo venuti ad invitarti a fare colazione con noi, alla mensa"- disse Colin.
-"Riteniamo ti possa far bene uscire dal dormitorio e parlare con altra gente-" aggiunse l'inserviente. -"Comunque ancora non ci siamo presentati"- allungò la mano verso di me -"Mi chiamo Matthew Anderson, ma puoi chiamarmi Matt"
-"Courteny, ma penso tu sappia già il mio nome."- dissi stringendogli la mano.
Ci incamminammo verso le scale, Colin camminava al mio fianco, talmente vicino che di tanto in tanto le nostre spalle si sfioravano. Raggiunta la mensa Matt si rivolse a noi dicendo:
-"Prendete un tavolo, alla colazione penso io."-
Scegliemmo quello più vicino alla finestra, spostai le tende e mi misi a guardare fuori.
-"A cosa stai pensando?"- mi sussurrò all'orecchio Colin. Indietreggiai andando a sbattere contro il suo petto, mi prese per le spalle e mi girò verso di lui ridacchiando. Prima che potessi rispondere lo vidi strabuzzare gli occhi e fissare qualcosa alla sua sinistra, -"ma... Sono davvero..?-" mi girai e vidi Matt con un vassoio pieno di cornetti ancora caldi e una brocca piena di caffè. -"Si, sono proprio loro."- disse con un sorriso malizioso. Non fece in tempo a posare il vassoio sul tavolo che il piatto di Colin si era già riempito. Ne afferrai uno guardandolo come se fosse acqua in mezzo al deserto. Il suo profumo mi inebriò tanto da farmi venire l'acquolina in bocca. Da quando ero qui il menù del giorno consisteva soltanto in biscotti vecchi e Thè annacquato. Mi guardai attorno e notai che alcuni pazienti ci stavano guardando con aria invidiosa. Con fierezza addentai il mio cornetto e il sapore di cioccolato mi esplose in bocca. Matt era una persona meravigliosa.
Lo guardai incuriosita -" come vi siete conosciuti voi due?"- Chiesi con la bocca piena. Si sorrisero con aria complice: -"Lunga storia, riassumendo si tratta solo di polli e galline."-
-" Come?!"- esplosi a ridere
-"se te lo dicessi dovrei ucciderti-" sogghignò Colin. Vedendo la mia espressione l'inserviente aggiunse -"Non un'ottima frase da dire in manicomio.-"___________________________
-"Vieni, ti faccio conoscere i miei amici.-" e abbassando la voce aggiunse -" cioè, quelli con cui riesci a fare un discorso."-
Mi condusse verso l'enorme divano di finta pelle marrone al centro della sala dove erano già sedute altre tre persone.
Una donna anziana alzò lo sguardo dal proprio libro e ci rivolse un dolce e sdentato sorriso. -"Colin, chi è questa graziosa ragazza?-" accennai un timido sorriso e mi presentai -"Piacere sono Courtney."-
-"Agata."- disse lei di rimando
Un'uomo di circa trent'anni vedendomi salto in piedi e disse rapidamente -"Piacere! AH! Io sono Thomas, CIAO BELLA! BAU"-
E tranquillamente si rimise a sedere. Il ragazzo biondo vicino a lui mi guardò e con voce pacata e profonda disse
-" Mi scuso da parte sua, ha la sindrome di Tourette, ti ci abituerai. Sono Jasper."-
Prendemmo posto proprio quando Thomas gridò a pieni polmoni
-" SONO SCOZZESE!"-
Non sapevo se ridere o provare pena per lui.
Era un gruppo strano, ma penso mi ci sarei trovata bene.
Passammo un'ora a chiacchierare del più e del meno. Agata si era dimostrata una donna davvero simpatica e mi chiesi per quale motivo fosse rinchiusa qui dentro.
D'un tratto un sirena assordante comincio a rimbombare per tutto l'edificio, Thomas cominciò a correre verso la porta urlando "EVACUAZIONE! EVACUAZIONE!"-"Cosa sta succedendo?!"- urlai a Colin cercando di sovrastare tutto quel rumore.
-"Tranquilla è soltanto una prova di evacuazione, vieni con me."-
Mi prese per mano e mi diresse verso il portone d'ingresso che si spalancò facendo entrare un'ondata di aria fresca e pulita.
Fuori dall'edificio centinaia di persone erano allineate in 4 file perfette, ognuna di quest'ultime affiancata da due guardie armate di taser. Seguii Colin in fondo al gruppo e ci posizionammo, mi accorsi che le nostre mani erano ancora intrecciate, il mio palmo sembrava combaciare perfettamente con il suo. Questo pensiero mi provocò una strana sensazione in mezzo al petto e feci scivolare lentamente la mia mano fuori dalla sua. Emise un leggero sospiro.
Feci un respiro profondo e notai che l'aria aveva un odore diverso, sapeva di fiori e di terra, lì dentro invece, sapeva di morte.
La mia attenzione fu catturata da un rumore alle mie spalle, mi girai e vidi Jasper, accovacciato in mezzo ai cespugli, i rami scuri privi di foglie creavano uno strano contrasto accanto ai suoi capelli biondi. Avanzai verso di lui, feci per chiedergli cosa stesse facendo ma mi zittì e mi fece cenno di tornare al mio posto, lo sentii muoversi, sempre più lontano.
Mi avvicinai a Colin e gli sussurrai all'orecchio
-"Sembra che Jasper stia cercando di scappare."-
Lui mi guardò con aria preoccupata.
-"È da anni che tenta di trovare una via di fuga, ma pare qui non ce ne siano"-Passammo circa 10 minuti in silenzio finché un'addetta alla sicurezza uscì con aria aggressiva dall'istituto, aveva un quaderno in mano, lo aprì e cominciò a chiamare nome e cognome di ogni paziente con voce autoritaria.
Quando arrivò al nome di Jasper Barclay non ci fu risposta ma non sembrava averci fatto troppo caso.
I pazienti varcarono la soglia uno ad uno, procedendo lentamente.
La donna aveva appena chiamato il mio nome quando in mezzo al silenzio si alzò un urlo terrorizzato. Entrammo di corsa seguendo il suono delle grida. Colin mi sorpassò ed entrò in Sala comune, ma all'improvviso si fermò, e trasalì dall'orrore.
Mi feci spazio tra la gente per riuscire a vedere qualcosa, o in questo caso, qualcuno.
Jasper era appeso al soffitto. Una corda era avvolta intorno al suo collo lasciando un visibile segno rosso, il viso aveva assunto un colore bluastro e gli occhi, spalancati e iniettati di sangue, sembravano volergli uscire dalle orbite.
Fu il caos.
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L'urlo del silenzio
TerrorUrlavo. Urlavo a squarcia gola. Nessuno riusciva a sentirmi. Ero sola, di nuovo.