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Quegli occhi avevano una luce particolare, rimanevi intrappolata all'interno di essi, erano occhi difficili da dimenticare.

<< Scusa, stavo cercando il cellulare e mi ero distratta, mi dispiace. >>

Dissi, mentre raccoglievo ciò che era caduto dalla borsa, evitando di incrociare il suo sguardo, ancora una volta.
Indossava una maglia nera e un paio di jeans un po' strappati, aveva i capelli scompigliati e un buon profumo.

<< Tranquilla, non è successo nulla.
Sbaglio o tu sei la coinquilina di Meredith? >>

Mi rivolse un sorriso, uno di quei sorrisi in grado di rendere una giornata triste e buia, migliore e luminosa.

<< Si, sono io. Mi dispiace per ciò che è successo l'altra sera alla festa. >>

Guardavo l'ora, ero davvero in ritardo ed Harry era sicuramente preoccupato non vedendomi arrivare.

<< No, dispiace di più a me, evento spiacevole.
Oh, non mi sono ancora presentato, io sono Josh. >>

Strinse la mia mano, quel contatto mi fece uno strano effetto: mi fece sorridere, cosa che non capitava spesso, ultimamente.

<< Annie, piacere di conoscerti.
Mi dispiace davvero tanto ma adesso devo proprio andare, sono già in ritardo e il mio datore di lavoro mi starà sicuramente aspettando.>>

Dissi nervosamente e ricambiai la stretta di mano.

<< Nessun problema, Annie.
Felice di averti incontrato. A presto! >>

Il modo in cui mi guardava mi faceva provare delle emozioni e questo un po' mi spaventava.

<<A presto, Josh.>>

Feci un gesto di saluto con la mano e a passo svelto mi recai verso il bar, cercando di arrivare il prima possibile.
Dalla finestra, vidi Harry servire i tavoli e prendere le ordinazioni, aveva l'aria esausta.
Entrai, il bar era pieno e il senso di colpa mi assaliva mentre andavo verso lui.

<< Harry, mi dispiace, scusa per il ritardo, ti prometto che non succederà più. >>

Harry era davvero una persona molto paziente, si arrabbiava raramente.
Lui ci teneva davvero tanto a fare bene il suo lavoro e a gestire nel modo giusto questo bar che gli aveva lasciato suo padre.
I genitori lo gestivano insieme ma quando lui aveva 16 anni, sua madre si ammalò gravemente e dopo la sua morte ha dovuto occuparsene lui, suo padre non aveva più le forze per farlo.

<< Annie,
spero tu abbia una buona scusa. >>

Disse, la sua espressione mi fece sentire ancora più in colpa.

<< Harry, davvero, io... >

Cercai di dire ma mi fermò

<< Annie, dai, sto scherzando.
Spero tu stia bene e che non sia successo nulla, però per favore, cerca di arrivare sempre in orario, perchè io da solo non riesco a fare tutto, ho bisogno di te qui.>>

Mi rivolse il suo solito sorriso dolce e comprensivo.

<< Agli ordini, capo. >>

Portai la mano alla fronte facendo il saluto militare.
Harry scoppiò a ridere, la sua risata era contagiosa.

<< Sei sempre la solita.
Almeno ho te che mi strappi un sorriso però adesso ci tocca lavorare. >>

Mi diressi verso il retro del bar, sistemai i capelli in uno chignon e misi il solito grembiule blu.
Il bar era davvero più pieno del solito: coppiette che amoreggiavano, gruppi di ragazzi che ridevano e persone che di fretta passavano di qui per fare colazione.

....

Il tempo sembrava non passare mai, pian piano la gente iniziava ad andare via, pulii ogni tavolino, mentre la mia mente era altrove.

<<Annie, tutto okay?>>

La sua voce sembrava lontana, mi voltai

<< Harry, sì, ero soltanto pensierosa...>>

Dissi, mentre nervosamente giocherellavo con le mani

<< Annie, sei sicura? Se ti va di parlarne, sappi che ci sono, per qualsiasi cosa. >>

Appoggiò una mano sulla mia spalla, la sua espressione era confortevole.
Era una delle poche persone che mi aveva sempre aiutato, fin da subito.
Mi aveva offerto un lavoro e soltanto per questo gli ero davvero grata, non so cosa avrei fatto senza il suo aiuto.
Lo consideravo un amico e l'affetto che provavo nei suoi confronti era sincero e profondo.

<< Non so davvero come ringraziarti. Grazie davvero per tutto ciò che hai fatto e continui a fare per me.>>

Quelle parole lo rendevano felice, lo si percepiva dagli occhi

<< Non devi ringraziarmi, per me è stato un piacere.
Sono felice di poterti aiutare, quando posso.>>

Ci fu un abbraccio, in quel momento ne avevo davvero bisogno.
Era uno di quegli abbracci veri, spontanei e credo che questo sia il miglior modo per dire a qualcuno:
"Io ci sono, non sei solo/a."

...

La mia giornata di lavoro stava per terminare, presi le mie cose, salutai Harry e uscii.
Tra meno di mezz'ora iniziavano le prove di danza, la scuola non era molto lontano da qui così decisi di arrivarci a piedi.
Ero felice.
Per me ballare non significava fare uno sport o un passatempo, ogni volta che danzavo puntavo a metterci delle emozioni, il mio vissuto, il mio passato e quello che sarà.







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