Capitolo 2- Incubi

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Mi addormentai con grande difficoltà e, proprio quando finalmente ci riuscii, feci gli incubi più brutti che avessi mai fatto in vita mia.

Sognai della notte nella foresta con l'inseguimento dell'arpia, ma questa volta non c'era nessuna bambina argentata a salvarmi. Ero sola, a combattere per la mia vita contro un orribile mostro che aveva la meglio su di me, nettamente. Tutte le orribili sensazioni che avevo provato quella sera si erano amplificate: sentivo il mio respiro che si mescolava con il freddo dell'aria e che mi faceva male alla gola, percepivo i muscoli che si irrigidivano e che con forza immane di scagliavano contro quel mostro, ma senza alcun successo. Anzi ben presto scordai di trovarmi in un sogno e provai un misto di ansia e rassegnazione, mentre l'arpia si avvicinava per finirmi. Ma proprio in quel momento, il sogno fortunatamente cambiò.

Stavolta mi ritrovai in casa mia, per la precisione nel salotto, dove c'era anche mio padre, seduto sul divano, che piangeva come non l'avevo mai visto fare e, accanto a lui, una donna sconosciuta che lo consolava.
-Avevi detto che sarebbe rimasta al sicuro qui- singhiozzava mio padre, accusandola con quella tristezza cieca e disperata, che si è mescolata alla rabbia. Lei però non se ne curò e gli accarezzò la schiena. Era una bellissima donna, vesita con una tunica bianca e uno scialle dorato a coprirgli le spalle. Il suo viso era pallido, dai lineamenti dolci ma adulti e i capelli castano scuro raccolti in una meravigliosa acconciatura da cui spuntavano decorazioni dorate. C'era un flauto adagiato accanto a lei, dettaglio che non mi passò inosservato e che diresse i miei pensieri ad una plausibile identità di quella sarebbe riduttivo appellare con il mortale nome di donna.

-Ti avevo avvertito del fatto che non sarebbe mai stata completamente al sicuro qui, sarebbe stata semplicemente più protetta e così è stato fino ad ora. Superati i dieci anni è stato praticamente inutile nasconderla ancora... sarebbe arrivato prima o poi il momento in cui l'avrebbero scoperta- spiegò Euterpe, cercando inutilmente di persuadere mio padre. La sua voce suonava come una dolcissima ninna nanna, che invadeva le mie orecchie, precedentemente infestate dalle urla dell'arpia, ridonandomi un senso di pace e incanto. Mio padre, però, non sembrava toccato da quella sua melodia, come se ci fosse abituato, e anzi pareva quasi che lo irritasse.
-Ma non mi avevi detto che avrebbe perso la vita!- urlò in uno scatto rabbioso, in una pausa improvvisa dal suo pianto rumoroso e disperato.

In quel momento realizzai la vera entità della sua sofferenza: mio padre mi credeva morta.

Corsi fulmineamente e mi gettai, in un gesto che sapeva di angoscia ma anche di ingenuità, sulle sue ginocchia per comunicargli che si stava sbagliando e che ero viva. Lui però ovviamente non riusciva a vedermi: dopotutto si trattava solo di un sogno, anche se aveva l'aria di essere piuttosto reale. Provai comunque a stringerlo più forte, ad alzare il tono della voce e a cercare il suo sguardo, tutto invano, perché era come se io non esistessi. Euterpe, al contrario suo, parve rivolgermi una veloce occhiata, ma non me la sentii comunque di rivolgerle la parola. Rimasi invece abbracciata alle ginocchia di mio padre, a piangere e a coccolarlo con gesti dolci e vani. Lei continuava a scrutarmi e poi riprese a parlare a mio padre, come se io fossi stata soltanto una piccola distrazione non rilevante, come una farfalla che volava nelle vicinanze.

-Ti avevo anche detto che corteggiare Artemide non era una buona idea e tua figlia è in questa situazione anche per questo, non dimenticarlo! Non sono mica scesa dall'Olimpo per farmi rimproverare da mio figlio e se hai intenzione di ascoltarmi bene, altrimenti ho fatto un viaggio inutile- lo sgridò, alzandosi in piedi, come a ricattarlo, ma se conoscevo bene mio padre sapevo quale sarebbe stata la sua reazione a quella sfida.
-Voglio rimanere da solo- rispose infatti lui, dimostrandomi la sua cocciutaggine che ormai conoscevo bene, e incrociò le braccia, evitando lo sguardo della madre. Provai invano ad implorarlo di ascoltarla, ma era troppo tardi perché, offesa da quel comportamento, anche lei si era allontana, sfrecciando verso l'uscita. Non era difficile comprendere da chi avesse ripreso mio padre.

MY BAD HERO {Luke Castellan}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora