16. lunch in love

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Dopo pranzo chiamai Cloe.

<devo raccontarti una cosa, vuoi venire da me? al massimo poi studiamo insieme>

<certo Becca, tanto lo so che alla fine studieremo al massimo dieci minuti, ma fa lo stesso!>

Circa un quarto d'ora dopo Cloe era seduta sul mio letto e ascoltava le mie parole con attenzione.

<ti ha anche invitata a pranzo?! Hai fatto proprio centro!>

<lo so, ma proprio ora che Christian sembrava diverso...>

<senti, se a quel Christian importa qualcosa di te, tornerà sul serio. E non ti ci sei mica messa insieme! Non può impedirti di fare proprio niente>

<mmm, forse hai ragione>

<certo che ho ragione, ma com'è?>

<è carino. Alto e moro, in pratica l'opposto di Christian.

<no no no!> Cloe fece cenno con la mano di chiudere la bocca.

<quando sei con me non parlarmi di Christian. Mi sta abbastanza antipatico dopo quello che ti ha fatto passare>

Forse avrei dovuto raccontarle del nostro incontro il giorno prima, ancora nessuno sapeva che Christian era venuto a casa mia.

Ma forse era meglio così.

Non avrei retto a una tempesta di domande.

E soprattutto la voce si sarebbe diffusa velocemente, magari Christian preferiva che il nostro incontro rimanesse tra noi.

A me non dispiaceva una certa discrezione.

Cloe se ne andò prima di cena.

Mi salutò affettuosamente e poi sparì dietro l'angolo della strada.

Il cielo di colorò di mille sfumature dal giallo al viola, un paesaggio mozzafiato.

I tetti dei palazzi erano i protagonisti di quello spettacolo di luci.

I particolari risaltavano in controluce, e cominciai a osservare la gente in giro.

Un uomo che fumava in balcone.

Una donna che portava a spasso un chiwawa.

Una ragazzina che faceva le bolle di sapone.

La gente, ognuno vive nel suo piccolo mondo del quale è il centro essenziale.

Ognuno sapeva di esserci.

Ma io mi sentivo così persa, così confusa.

Ero davvero il centro del mio piccolo mondo?

Non riuscivo a trovare un posto preciso dove collocarmi, dove sentirmi me stessa.

C'era qualcosa che mancava, quel qualcosa che ti fa pensare "sì, sono felice".

Ma io ero felice?

Mi accontentavo della monotona routine fatta della solita gente, dei soliti luoghi?

Da quando l'avevo conosciuto, da quando avevo incrociato il suo sguardo la sera del mio compleanno, tutto questo era improvvisamente sparito.

Le mie certezze, le mie abitudini, erano state spazzate via in un secondo.

Basta davvero uno sguardo a cambiarti la vita?

Per me, la risposta era sì.

Restai sveglia. Non avevo sonno.

I hate you, I love you. ||Christian Collins ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora