Un libro con la copertina rovinata cadeva, e un tonfo sordo invadeva la stanza.
"No! Il mio libro!" le parole di Anna erano chiare e piene di disperazione, quello era il suo libro preferito, uno da cinquecentosessantanove pagine scritte. La povera Anna scese dalla sedia smontabile e si chinò per prendere il suo "Mystic", ad ogni suo libro dava un nome, e la gente si chiedeva come facesse ad inventarsi tutte quelle parole e a ricordarsi quei nomi.
"Ancora una volta e sei da riparare eh Mystic?" già, lei parlava con i libri. Odiava ripararli, le sembrava una cazzata: un libro è bello anche per la sua storia, non solo per il suo contenuto, e ristrutturarlo, per lei, era come una bestemmia.
Poi, dopo aver accarezzato il suo caro Mystic, lo ripose sulla libreria, a dir poco enorme, mentre si chiedeva come avesse fatto a cadere.
Vide una coda di topolino penzolare da uno spazio fra due libri sul mobile, poi uno squittio. Anna si mise a ridere e infilò la mano nello spazio, chiamando per nome Mirtillo.
Il topolino Mirtillo era suo amico, l'aveva trovato orfano anni prima, mentre leggeva libri seduta sulla stessa sedia, e lo aveva nutrito e cresciuto. Scoprì poi, che amava i mirtilli, da lì il suo nome.
"Mirtillo, pensavo fossi di fuori, cosa ci fai qua dentro?" chiedeva con dolcezza al piccolo ormai posato sulla sua mano delicata.
"Squit, squiiit" le aveva risposto.
Anna si spostò da lì e, con Mirtillo in spalla, si abbassò per guardare il buco sotto la libreria, da dove Mirtillo entrava e usciva dalla stanza, per vedere se era tappato. No.
Fuori c'era un vasto giardino, che s'inoltrava nel bosco, e Anna lo sapeva bene.
"Squiiiii"
"Ah, vuoi scendere?" chiese la ragazzina, porgendogli la mano per portarlo a terra.
Poi le venne un'idea.
Riprese Mirtillo delicatamente e lo posò un attimo sulla testa, poi si infilò il giaccone a strati e mise in tasca il piccolo topolino.
"Forza Mirtillo, ti porto al lago!" afferrò i guanti e aprì la porta, per poi richiuderla a chiave.