12. Il principe e l'alchimista

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Kether aprì gli occhi, cercando di penetrare il buio che la circondava. Dalle pesanti tende non filtrava neanche un piccolo raggio di luce, segno che doveva essere ancora notte fonda. Non capì cosa l'avesse svegliata e si girò nel letto cercando di riaddormentarsi. Tuttavia, il rumore si ripeté, più forte di prima. Non si trattava di un suono, come aveva inizialmente creduto, ma di una sorta di richiamo, che produceva un'eco nella sua testa. Si avvolse nella vestaglia di seta leggera e uscì nel corridoio, rischiarato appena dalla luce delle candele. Una giovane guardia, che stava sbadigliando in silenzio, si mise immediatamente sull'attenti non appena la vide, fissando il pavimento con aria colpevole. La ragazza sorrise tra sé e continuò a camminare. A un tratto il corridoio si biforcava, ma i rumori che provenivano da quella parte la indussero a svoltare a sinistra. Numerosi servitori andavano avanti e indietro, affannati, trasportando acqua, asciugamani e strumenti per la spugnatura. Qualcuno ordinò di chiamare subito il Cancelliere. Kether fermò una serva e le chiese cosa stesse accadendo.

«Principessa! Non volevamo svegliarvi!» Kether accantonò le scuse con un gesto. «Il principe Shuro sta male... ha la febbre alta ed è nel pieno di una crisi. Persino i medici non sanno più cosa fare».

«Perché hanno mandato a chiamare il Cancelliere Hod?» domandò Kether.

La serva la scrutò come se avesse chiesto una cosa ovvia. «Il Cancelliere è anche un famoso alchimista. È stato lui a creare la medicina per curare il principe fin dall'inizio. Ma ormai la malattia si è tanto aggravata che nemmeno quella fa più effetto!»

Kether lasciò che la ragazza tornasse ai suoi compiti e si avviò verso la stanza del bambino. Shuro aveva il viso arrossato e sudato e con le mani stringeva convulsamente le lenzuola. Respirava a fatica. Il dottore stava dando disposizioni alle infermiere di fargli delle spugnature fredde per far scendere la febbre, e Kether ne approfittò per avvicinarsi al suo capezzale. Sfiorandogli una guancia con le dita si rese conto che scottava. Il bambino si agitò, facendo cadere il panno umido che gli avevano messo sulla fronte. Sembrava così diverso dal moccioso ribelle e scontroso che aveva incontrato solo qualche giorno prima.

«Mamma, papà! Dove siete?» mormorò il bambino in preda al delirio. Lo sguardo di Kether si addolcì. I genitori di Shuro erano morti da tempo, non avrebbero potuto aiutarlo. Ma lei era lì e sicuramente poteva fare qualcosa. Raccolse il panno umido che era caduto per terra e lo immerse nella bacinella lì accanto, strizzandolo prima di rimetterlo sulla fronte del bambino.

«Principessa! Cosa fate qui? Voi non dovreste...» il dottore si era accorto della sua presenza e reclamava il suo dominio. Ma Kether non aveva alcuna intenzione di andarsene.

«Presto, cosa aspettate? Portatemi questa miracolosa medicina!»

Subito una delle infermiere si avvicinò e Kether riconobbe Mary, la donna che seguiva Shuro la prima volta che si erano incontrati. La principessa fece un piccolo cenno di saluto e Mary le rivolse un timido sorriso. Aveva l'aria fiduciosa, come se la sola presenza di Kether avesse il potere di infondere al bambino la forza di sconfiggere la malattia. La ragazza prese il flacone dal vassoio che Mary aveva appoggiato accanto al letto, ordinandole di sollevare la testa di Shuro affinché potesse bere. Ma quando il liquido prese a scorrere nel contenitore, Kether fu scossa da un brivido. La sensazione che quella fosse un'azione sbagliata l'afferrò all'improvviso e fidandosi del suo istinto allontanò la sostanza dalle labbra del bambino, scagliando lontano il flacone di vetro che si infranse in mille pezzi. Il dottore e le infermiere la fissarono costernati, ma lei non se ne curò.

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