Capitolo 6

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Michael's pov

Quando tornai a casa non mi stupii di trovare Esmeralda seduta davanti alla porta, con una sigaretta consumata tra le labbra e lo sguardo spento. Mi accovacciai davanti a lei, ignorando il fumo della sigaretta che mi finiva in faccia ed accarezzandole una guancia fredda. Esmeralda tremava, i suoi capelli erano leggermente bagnati.

«Da quanto sei qui fuori?», le chiesi premuroso, aiutandola ad alzarsi.

Esmeralda sospirò. «Mezz'ora al massimo... dove sei stato?».

Decisi di mentirle mentre aprivo la porta di casa. «A sbrigare delle commissioni per lavoro», dissi soltanto, trascinandola dentro con me. Notai che anche i suoi vestiti erano bagnati come i capelli, ma non feci domande. Non volevo sapere dov'era stata, e lei non me l'avrebbe detto comunque.

«Ho f-freddo. Posso farmi un bagno?».

Ridacchiai. «Non devi chiedermelo», risposi, avviandomi verso la cucina per prepararmi qualcosa per cena, «Fa pure, io intanto preparo la cena».

«Michael».

Mi voltai verso Esmeralda, ignorando la fitta al cuore che sentire il mio nome detto da lei aveva provocato. «Che c'è?».

Esmeralda arrossì leggermente. «Io... beh, ecco... volevo chiederti se ti andasse di fare il bagno con me», mi chiese, guardandosi la punta delle scarpe.

Alzai un sopracciglio. Non poteva fare sul serio. Chissà che droga aveva assunto, stavolta... Doveva essere piuttosto forte per farle desiderare una cosa del genere. Dopo un sacco di tempo in cui l'unico contatto fra di noi era forzato nella camera da letto, chiedermi di fare il bagno con lei equivaleva ad una delle cose più assurde mai successe in vita mia. Non riuscivo ad immaginare una cosa del genere, soprattutto che andasse bene e non finisse con un litigio. Tuttavia, mi sentii in dovere di acconsentire, afferrando la mano di Esmeralda e conducendola in bagno.

Cinque minuti dopo eravamo immersi nell'acqua calda della vasca, in silenzio mentre le nostre sigarette si consumavano lentamente. L'aria era appesantita dalla tensione che ormai percorreva me ed Esmeralda da anni, una tensione da cui non ci saremo mai liberati. Forse Luke aveva ragione, restando insieme non facevamo altro che farci del male a vicenda. Separati saremmo stati meglio sicuramente, nel giro di qualche mese Esmeralda sarebbe tornata la ragazza solare che avevo conosciuto quella mattina nell'aula di scienze, nonostante poi avessi capito che quella fosse solo una recita, e che la vera Esmeralda fosse piena di insidie, tormentata dal suo passato, con mille paranoie per la testa. Era per colpa della sua paranoia che avevamo cominciato a litigare, anni prima; lei era convinta che io avessi ancora Luke nella mente e che non l'amassi più, cosa che in parte era anche vera; l'unico problema era che, quando lei mi accusava di non tenere a lei e alla nostra relazione, io l'amavo ancora. L'amavo più della mia stessa vita. E, in cuor mio, vorrei ancora amarla così, solo che non ci riesco. Sono successe troppe cose tra di noi, cose che hanno lentamente distrutto il nostro amore e persino noi stessi, cose che mi hanno portato a chiedermi se io fossi davvero capace di amare, cose che mi hanno portato a credermi capace di cose terribili...

«Michael, posso chiederti una cosa?».

Alzai la testa, fissando Esmeralda confuso. Sperai che non notasse la scia che le mie lacrime avevano scavato sulla mia pelle. «Dimmi pure».

Esmeralda fece un ultimo tiro dalla sua sigaretta prima di spegnerla nel posacenere; nel farlo, si avvicinò a me. «Tu... ci parli ancora con Danielle, Calum... e con gli altri?», mi chiese, in imbarazzo.

Alzai un sopracciglio. Da quando Esmeralda si interessava a queste cose? Adesso ero più che certo che avesse preso una droga particolarmente pesante. «Uhm, sì. Com'è che vuoi saperlo?», le chiesi, finendo la mia sigaretta.

Haunting || Michael Clifford (Esmeralda sequel)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora