Parte 2

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Leo rise, cercando di non arrossire.
Portò la sua mano a giocare con una ciocca dei capelli dell'altro, adesso senza brillantina, quindi più soffici.
Lucian gli afferrò il polso, strattonandolo verso di sé.
Poi fece incontrare le loro labbra in un bacio veloce.
<<Rimani a dormire qui?>>
Leonard portò una gamba sotto al sedere.
<<Non ti crea disturbo?>>
Lucian scosse la testa.
<<Però nel divano non ci dormo, quindi dobbiamo dividerci il letto.>>
Leonard ridacchiò.

Afferrò le proprie cose, gettandole nello zaino.
Aveva ricevuto una chiamata durante l'ora di matematica, per cui, dopo aver chiesto di andare in bagno ed essere uscito dalla classe, aveva risposto.
<<Hai da fare nel pomeriggio, biondino?>>
Leonard sorrise, riconoscendo la voce roca di Lucian. Probabilmente si era svegliato adesso. Lui l'aveva lasciato che ancora dormiva, il volto sepolto nel cuscino e un braccio su di questo.
Inutile dire che se avesse potuto, l'avrebbe osservato all'infinito.
<<Dipende da cosa mi proponi tu.>>
<<C'è una festa in spiaggia stasera, Steve ci dà un passaggio.>>
<<Va bene. Ma cosa devi fare nel pomeriggio?>>
<<Rifornimento.>>
Leo aggrottò le sopracciglia.
<<In che senso?>>
<<Non te ne posso parlare per telefono. Quando puoi vieni, apri direttamente. La chiave è sotto il vaso, davanti alla porta.>>
Si erano salutati, poi Leonard aveva chiuso la chiamata.
Per cui, finite le lezioni, non vedeva l'ora di andare dal più grande.
Non stava trascurando lo studio, si era anche portato i libri per il giorno dopo nello zaino.
<<Mi dai una mano in matematica, nel pomeriggio?>> Gli chiese Sam, mentre ancora infilava i libri nella borsa.
<<È che ho da fare.>>
Sam lo fissò, facendo una smorfia.
<<Che cosa, esattamente?>>
Leonard deglutì.
<<Lo psicologo.>> Disse, semplicemente.
<<Vai dallo psicologo?>> Chiese, sorpresa.
Eccolo lì, lo sguardo tipico di chi giudica.
<<Sì.>>
<<Per una stupida rapina?>>
Leonard si sentì ferito nell'orgoglio.
<<Senti, tagliala qui. Non sai cosa si prova, quindi sta' zitta.>>
Sam spalancò gli occhi, indignata.
Leonard afferrò lo zaino e uscì di scuola.
Vaffanculo.
Percorse la strada senza difficoltà, e una volta afferrata la chiave, aprì la porta.
<<Lucian?>> Lo chiamò, ma l'uomo non rispose.
Posò lo zaino sul divano, togliendosi il giubbotto.
Che stesse di nuovo dormendo?
Agghiacciò, quando sentì dei gemiti - e neanche tanto camuffati - provenire da quella che sapeva essere la stanza da letto del moro.
Cercò di fare finta di nulla, facendosi scivolare addosso quella strana sensazione. Inutile, sembrava colla.
Prese il libro di storia, appoggiandolo sul tavolo e iniziando a studiare.
Mezz'ora dopo, sentì la porta aprirsi. Non si girò.
Un ragazzo alto si sedette sul divano per mettersi le scarpe, poi uscì fuori, salutandolo.
Leonard non lo ricambiò.
Lucian si fece vedere solo dieci minuti dopo, addosso solo un paio di boxer, i capelli sparati in tutte le direzioni.
<<Buongiorno.>> Lo salutò, la voce leggera.
<<Ciao.>>
Lucian aprì il frigo, afferrando un contenitore di formaggio spalmabile, poi in una dispensa prese una confezione di toast, aprendola.
<<Vuoi?>>
<<No.>> Rispose, continuando a guardare il libro.
Inutile dire che non riusciva a ricordare neanche una parola di quello che c'era scritto.
Lucian si sedette accanto a lui, a gambe aperte.
<<Cos'è?>> Chiese, indicando con il coltello il libro.
Leo lo chiuse, in modo da potergli fare leggere la copertina.
<<Che noia.>> Si lamentò il più grande.
Leonard non rispose.
Era decisamente nervoso, non capiva neanche il motivo.
Non era geloso, perché sapeva che tra lui e Lucian non ci sarebbe mai potuto essere niente. Anzi, pensava che Lucian non sarebbe appartenuto mai a nessuno.
<<Come mai arrabbiato?>>
Leo cercò di non dare a vedere la sua sorpresa. Si capiva così tanto?
<<Ho litigato con un'amica.>> Optò per una mezza verità.
<<E come mai?>>
Leonard sospirò, chiudendo definitivamente il libro.
<<Voleva l'aiutassi a studiare matematica. Le ho mentito, dicendole che dovevo andare dallo psicologo, e lei mi ha chiesto ironica se era per la rapina. L'ho mandata affanculo.>>
<<Ci sei stato veramente, dopo quella notte?>>
Leonard iniziò a mordersi l'interno della guancia, poi annuì.
<<E sei arrabbiato per questo?>> Chiese, come se fino a quel momento avesse sentito bighellonate infantili.
Leonard si alzò di colpo, andando a posare il libro nello zaino.
<<Ti sembra giusto? Non sa come mi sono sentito, non aveva alcun motivo per parlare in quel modo!>> Disse, alzando la voce.
<<Il problema è che dai troppo peso a quello che gli altri pensano o dicono. Fottitene, è più facile.>>
<<Non è giusto lo stesso.>> Mormorò.
Lucian sospirò, prima di sorridere.
Si alzò, avvicinandosi al biondo, che appoggiato allo schienale del divano, si sosteneva con entrambe le mani a questo.
<<Non ci pensare, mh?>> Disse, guardandolo negli occhi.
Avvicinò i loro visi fin quando non vi furono più di due centimetri tra di loro, ma Leonard gli mise una mano sul petto, girando la testa di lato.
Il cuore inferocito, sgranò gli occhi quando si rese effettivamente conto di quello che aveva fatto.
Cercò di fare finta di niente, avvicinandosi al tavolo.
<<Quindi, cos'è che devi comprare oggi?>> Chiese, cercando di tenere a bada il tremore della voce.
Lucian lo guardò, senza rispondere.
Leonard cercò di sorridere, non riuscendoci.
Un attimo dopo Lucian l'aveva raggiunto per l'ennesima volta, afferrandogli il braccio e tirandoselo sul divano.
Leonard cercò di protestare, invano, chiudendo gli occhi quando la schiena sbatté contro i cuscini.
<<Qual è il problema, Leo?>>
Leo poteva giurare che i suoi occhi si fossero scuriti.
<<Te l'ho già detto, ho litigato con una mia amica e sono ne->>
<<Cazzate, non è questo.>>
<<Non dire minchiate, cosa dovrebbe essere, altrimenti?>> Rispose, iniziando ad agitarsi.
Lucian faceva paura.
Si avvicinò al suo viso, provando di nuovo a baciarlo, ma Leo lo fermò per l'ennesima volta.
<<Smettila, cazzo.>> Disse, cercando di alzarsi.
Il braccio del moro glielo impedì.
<<Ti ho chiesto quale fottuto problema hai.>>
<<Lucian... Lasciami andare, per favore.>> Chiese, flebilmente.
Sembrò pensarci su, ma poi si mise a sedere, lasciando l'altro libero di muoversi.
Leonard sospirò di sollievo, facendo per alzarsi.
<<Se ti alzi, puoi uscire da quella porta e non rientrare mai più.>> Disse, freddo.
Leo sbarrò gli occhi.
Cosa?
<<Stai scherzando?>>
<<No. Dimmi cos'hai.>>
Leo sospirò.
<<Non lo so neanche io. Posso... Posso chiederti una cosa?>>
Lucian annuì.
<<Quel ragazzo... Era qui di proposito, o non l'avevi previsto?>>
<<Sei geloso?>>
<<Non sono geloso. E rispondi alla mia domanda.>>
Imbarazzante, ecco com'era la situazione.
<<Non era una cosa programmata. Ora rispondi alla mia.>>
Leonard si lasciò cadere con le spalle contro lo schienale.
<<Non sono geloso. Credo sia il tipo da non appartenere a nessuno in particolare, quindi non avrebbe senso essere geloso di qualcuno che non conta niente. Però mi ha dato fastidio.>>
<<E perché?>>
<<E che vuoi che ne sappia io?>>
<<È per questo che ieri sera mi hai fermato?>>
Leonard lo guardò confuso.
<<Perché non vuoi essere uno dei tanti?>>
Leonard aprì la bocca, ma nessun suono uscì da questa. Aggrottò le sopracciglia.
Lucian si passò una mano tra i capelli.
<<Credo ti stia affezionando troppo.>>
<<Ed è un bene o un male?>>
<<Dipende da come la vedi.>>
<<E tu come la vedi?>>
<<Non mi dispiace.>>
Leonard annuì, mordendosi un labbro.
<<A me neanche.>>
Lucian riavvicinò il viso al suo, ma si fermò di sua spontanea volontà.
Leonard guardò dapprima la sua bocca, poi i suoi occhi, che a loro volta, lo scrutinavano.
Poi si lasciò andare su di esse, abbassando le palpebre, e appoggiando una mano sulla mascella dell'altro, che sorrise soddisfatto.
Lucian strinse i suoi capelli, tirandoglieli indietro, facendogli così alzare il capo. Questo gli diede il via libera al collo, che leccò e succhiò, lasciandogli segni rossastri.
Leonard rabbrividì, e non riuscì a trattenere un gemito quando Lucian gli morse il collo, prima di staccarsi.
<<Ce l'hai come vizio, eh?>> Si lamentò, tastando con le dita la parte dolorante.
Lucian sorrise vittorioso.
<<Ancora ho il cerotto dove me l'hai lasciato l'ultima volta.>> Disse, stringendo con le dita il collo della maglia per spostarlo e mostrandoglielo.
<<Sei stato in ospedale?!>> Esclamò l'altro, incredulo.
Leo mise il broncio.
<<Potevi essere una persona pazza che pur di infettarmi ha deciso di mordermi. Che ne sapevo io che->> Si fermò da solo.
Stava per dire "Che in realtà sei un figo della madonna che sembra tutto tranne che infetto."
Ringraziò mentalmente Dio.
<<Che?>>
<<Che niente. Quindi, questo rifornimento?>> Optò per cambiare discorso, alzandosi dal divano.
<<Mettiti il giubbotto, chiudi il telefono nelle tasche. Andiamo a fare un giro.>> Disse, contento.
Un quarto d'ora dopo si ritrovarono davanti ad una casa mai vista dal più piccolo.
Lucian bussò.
La porta si aprì un paio di minuti dopo, rivelando un uomo sui trent'anni in tuta.
Leonard sgranò gli occhi.
L'uomo fece lo stesso.
Che cazzo ci faceva il suo professore d'arte in quella fottuta casa?!
Fu tutto un attimo: il professore acchiappò Leonard per il giubbotto, prima di trascinarlo dentro e sbatterlo contro un muro.
Si ritrovò con un coltello puntato alla gola, le gambe intorpidite e sudore freddo ovunque.
<<Che cazzo ci fa lui qui?!>> Urlò, rivolto a Lucian, che con tutta la calma di questo mondo, entrò dentro, fermandosi alle spalle del più grande.
<<È un mio amico.>> Rispose semplicemente, alzando le spalle.
Perché non faceva niente? Lo voleva per caso morto?!
<<Sai quanto potrebbe costarmi il tuo amichetto?>> Chiese, retorico, facendo più pressione con l'arma.
Leo riuscì a sentire il sangue iniziare a fuoriuscire.
<<Non farà niente, hai la mia parola.>>
<<Non mi serve la tua parola, mi serve la su!>>
Leo pensò che fosse era quello il momento di parlare.
<<I-io non dirò assolutamente n-nulla, lo giuro.>> Mormorò.
<<Ed è meglio per te. Se mi licenziano, sappi che ti faccio fuori!>>
Leo guardò Lucian, pregandolo in silenzio.
<<Bene. Ora che hai la mia e la sua parola, lascialo andare, su. E cerchiamo di fare il più presto possibile, che ho fretta.>> Si lamentò il moro.
Il professore deglutì, poi riluttante si allontanò.
<<Aspettate qui.>>
Scomparì dietro una porta, per poi ritornare con un sacchetto in plastica.
Lucian estrasse il portafogli, porgendogli delle banconote - che Leonard considerò troppe, per un uomo che non lavorava.
<<È sempre un piacere fare affari con te.>> Gli disse Lucian, divertito, alzando la mano in segno di saluto.
<<Sparite.>>
Una volta fuori, Leonard iniziò a sbraitare.
<<Ma come ti viene in mente di portarmi dal mio professore, sei impazzito?! Quello voleva farmi fuori!>>
Per dare più senso al tutto, gesticolò.
Lucian lo guardava tranquillamente.
<<La vostra conoscenza può sempre tornarmi utile. E poi c'ero io, non ti sarebbe accaduto nulla.>>
<<Intanto ero io ad avere un coltello puntato contro!>>
Per poco non si era pisciato addosso.
<<Vuoi un bacino, così ti passa tutto?>> Chiese il più grande, abbassandosi e avvicinandosi verso di lui, facendo la vocina.
<<Vaffanculo, veramente.>> Sbottò il più piccolo.

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