Capitolo 15 - imprevisto

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In collaborazione con beatriicebartoli

Mi svegliai di malumore, avevo gli occhi gonfi e delle occhiaie viola che mi arrivavano fino ai piedi. Grazie a dio quel giorno non avrei avuto lezione poichè era domenica, ma la giornata era iniziata talmente tanto male che solo una tripla dose di caffè sarebbe riuscita a risollevarmela. Mi feci una doccia, mi vestii velocemente con una felpa nera, jeans strappati e vans e mi avviai verso la caffetteria dell'università. I miei capelli rossicci non volevano essere domati quella mattina perciò decisi di lasciarli sciolti, pettinandoli solo vicino alla radice. Mi avviai con l'intento di comprarmi un cappuccino doppio e un muffin al cioccolato, ma proprio mentre stavo per entrare dentro quell'edificio, notai un ciuffetto nero a me molto noto che risaltava tra gli altri. Ebbi un tuffo al cuore: il giorno precedente ero quasi scappata da casa di Ryan per non dover rimanere da sola con lui e immaginate chi mi ritrovo seduto in caffetteria tutto alone? Feci un respiro profondo ed entrai, un caldo improvviso mi investii all'ingresso.
Mi misi in fila e aspettai il mio turno, sbirciando varie volte verso la figura di Ryan che si trovava in un angolo della sala: aveva uno sguardo un po' cupo ed era assorto nei suoi pensieri; per fortuna non mi notò. Non capivo il mio motivo di essere agitata, d'altronde non doveva esserci dell'imbarazzo tra di noi per colpa di un bacio: eravamo amici no?
Ma gli amici non si baciano -mi ricordò la mia coscienza guastafeste. Non avevo motivo di evitarlo o di non parlargli più, anche perchè facevamo parte dello stesso gruppo e sicuramente avremmo avuto milioni di occasioni per incontrarci. Dopo essermi fatta mentalmente vari pro e contro della situazione, feci la mia scelta. 
Titubante, mi avvicinai a lui col mio cappuccino e il mio muffin, gli picchiettai sulla spalla e lui si girò velocemente puntando subito il suo sguardo sul mio. Sbattei due o tre volte gli occhi, presa un po' dal panico e dissi:
<<Ehm... è libero?>>
Subito un sorriso smagliante si fece spazio nella sua bocca e le sue labbra piene si piegarono all'insù. Mmm, quanto erano invitanti già di prima mattina.
<<Certo, ragazzina>> mi disse, ammiccandomi e chiamandomi col nomignolo che mi aveva affidato qualche settimana prima.
Sorrisi imbarazzata e mi sistemai vicino a Ryan sul divanetto: eravamo rivolti verso la finestra e potevamo osservare il sole mattutino battere sul campus.
Inizia a mangiare lentamente il mio muffin mentre lui era concentrato su un libro di giurisprudenza: strano, non immaginavo fosse un aspirante avvocato. Non aveva proprio l'aria da universitario, l'avrei visto molto più a suo agio su una moto in viaggio verso Miami o la California. Ah la California, quanto mi manca la mia casa- pensai affranta. Lì passavo tutti i pomeriggi a studiare sulla spiaggia, al calduccio, con il vento tra i capelli e i piedi in mezzo alla sabbia, mentre a New York già ai primi di ottobre faceva un freddo pazzesco.

<<Terra chiama Alis. Terra chiama Alis>> iniziò a dire Ryan, passandomi davanti agli occhi una mano, cercando di riportarmi col pensiero tra i comuni mortali.
<<A cosa pensavi ragazzina? Il tuo bel visino si era rattristito>> aggiunse guardandomi negli occhi e mettendo una sua mano sulla mia, che nel frattempo si era appoggiata sul tavolo in mezzo a noi.
<<Alla California>> gli risposi con una punta di tristezza
<<Mmm, ti manca vero?>> mi chiese dolcemente. Adoravo quando faceva il dolce con me, sembrava totalmente un'altra persona.
<<Già>> sospirai <<Mi mancherà sempre. Non so neanche se per la festa del ringraziamento tornerò a casa: i miei genitori lavorano sempre e non avrebbero la voglia e il tempo di stare con me>>
<<No>> disse facendomi sobbalzare sulla sedia. Poi diventò tutto silenzioso finchè non aggiunse <<Starai con me>>. Lo guardai con gli occhi spalancati per la sorpresa.
<<Non voglio disturbare Ryan, non ti preoccupare, starò al campus a fare qualcosa. E poi mancano ancora 3 settimane, posso sempre organizzarmi con Cindy o...>> cercai di convincerlo io, sebbene lui continuasse a scuotere la testa, segno che non voleva sentire un rifiuto.
<<Tu e Cindy avete litigato>> mi ricordò lui, rendendo quell'idea ancora più stupida alle mie orecchie. Cavolo, però non avrei mai ceduto, non avrei mai accettato l'invito.
Prese a farmi il solletico, facendomi dimenare a destra e a sinistra come un anguilla fuor d'acqua.
<<Dai basta Ryan>> dissi io tra una risata e un'altra
<<La smetto solo se mi dici di sì>> mi rispose continuando a solleticarmi i fianchi
<<Mai nella vita!>> esclamai io, alchè prese a farmi il solletico ancora più freneticamente, provocandomi delle fragorose risate che fecero girare tutta la caffetteria.
<<Va bene. Va bene. Mi arrendo. Verrò>> dissi poco convinta.
Al diavolo la coerenza. Quel ragazzo mi faceva impazzire.
Tra di noi tornò nuovamente un'atmosfera tranquilla e quando finii di mangiare il mio muffin gli chiesi senza pensare chi fosse Brooklyn.
<<Come prego?>> mi rispose
<<Ehm, Brooklyn chi sarebbe? Tu e Liam stavate parlando di lei ieri>> il suo sguardo si fece cupo tutto ad un tratto.
<<Non voglio parlare di lei>> disse girandosi verso la finestra, guardando tristemente il paesaggio. Tornai a bere un sorso del mio cappuccino e rimasi zitta, avevo capito di aver toccato un punto debole, una ferita ancora aperta. 
<<E' stata l'unica ragazza che mi sia mai piaciuta>> mi disse, interrompendo il silenzio che si era creato da noi.
<<Non ti obbligo a parlarmi di lei va bene? Sebbene io sia curiosa, accetto la tua scelta>> dissi facendogli un triste sorriso <<Non tutti siamo pronti a far uscire i mostri da sotto il nostro letto>> aggiunsi, ripensando a quante cose nascondevo agli altri.
<<Facciamo un passeggiata>> mi disse Ryan sorridendomi leggermente <<Fuori è bello e camminare un po' non ci farebbe male dopo tutta questa caffeina>> aggiunse ammiccandomi e riferendosi al mio cappuccino non ancora finito. Mi alzai dalla sedia, presi il mio cappuccino e lo buttai nel pattume non avendo voglia di finirlo tutto. Ryan mi seguì a ruota verso l'uscita e con le mani in tasca, ci avviammo su un sentiero senza destinazione. Rotto l'imbarazzo generale, avevamo iniziato a conversare amabilmente, scoprendo cose nuove sull'altro: Ryan mi parlò di lui, mi rivelò il suo colore preferito (giallo), il nome del suo terrier (Al), la sua età (22) e una serie di piccole cose che alle altre persone non sarebbero interessate, ma a me sì. Eravamo ormai in giro da un' oretta quando, ridendo per una battuta un po' perversa che mi aveva fatto Ryan, non notai il dislivello del marciapiede e -come avrete già immaginato- caddi in modo poco femminile a terra. Ora, vi descrivo la scena perchè ne vale proprio la pena: sto guardando i suoi occhi azzurro ghiaccio vivaci, rido tranquillamente e BAM, il mio sederino fa una conoscenza ravvicinata col marciapiede. Lui scoppia a ridere come se non ci fosse domani e io sono seduta a terra tutta dolorante. CHE FIGURA! Misi il broncio a Ryan, poteva almeno aiutarmi a rialzarmi e girai la testa da un'altra parte: sembravo una di quelle principesse delle fiabe che hanno tantissime esigenze e non gli va mai bene niente. Con un sorriso a 32 denti, il ragazzo mi prese per un braccio, aiutandomi così ad rimettermi in piedi, ma quando appoggiai il peso sulla caviglia sinistra, pensai di vedere le stelle: il mio corpo cedette e quasi cadde a terra se non fosse stato per i riflessi svegli di Ryan e le sue braccia forti. 

RYAN'S POV                                                                                                                                                                        Stavamo parlando allegramente quando Alis era caduta in modo buffissimo davanti ai miei occhi: non ero riuscito a non trattenere una risata e lei aveva messo su quel faccino imbronciato che mi piaceva tanto. Le avevo allungato una mano per aiutarla a rialzarsi, ma lei non aveva fatto in tempo a tornare in piedi che già stava per ricadere. Fortunatamente i miei riflessi le impedirono di cadere un'altra volta, ma mi preoccupai piuttosto che non si fosse fatta male. 

<<Tutto bene Alis?>> le chiesi preoccupato.
<<S-si, sto bene>> mi rispose reprimendo una smorfia di dolore.
<<No tu  non stai bene>> Sbuffò.                                              <<Ho male alla caviglia. Ho paura di essermi presa una storta>> mi rivelò. Presi il suo piede tra le mani e mi accucciai di fianco a lei. Feci per toglierle una scarpa, ma una sua smorfia di dolore mi fermò: all'apparenza la caviglia non sembrava gonfia però avrebbe sicuramente avuto bisogno di un po' di ghiaccio e di una fasciatura. Mi guardai intorno e mi resi conto solo allora che ci trovavamo vicino al mio appartamento. Così, senza pensarci due volte, presi Alis in braccio a mo' di sposa e mi incamminai verso la mia 'casa'. Lei, d'altro canto, non  mi aveva neppure opposto resistenza e ciò significava che aveva davvero preso una brutta botta. Aveva appoggiato la sua testa sul mio petto e faticavo a vedere la strada con la sua chioma rossiccia: adoravo il profumo di limone che veniva dai suoi capelli e avevo una voglia matta di toccarglieli. Arrivati all'appartamento, la appoggiai delicatamente sul divano e le proibii di muoversi: le andai a prendere una coperta e un po' di ghiaccio da mettere sulla caviglia, che nel frattempo era riuscita a liberare dalla scarpa e dalla calza tra innumerevoli gemiti di dolore. Misi inoltre dell'acqua calda in un pentolino e le preparai un thè. Quando le portai tutto, mi ringraziò con un bacio sulla guancia che mi fece sorridere a 32 denti: quella ragazza riusciva a farmi provare cose che non sapevo neanche esistessero. Bevve in silenzio dalla tazza fumante mentre io le controllavo la caviglia, constatando fortunatamente che fosse solo una brutta botta. Mi rimisi a sedere sulla poltrona di fronte a lei e le chiesi se volesse guardare un po' di televisione: mi rispose di si e quando feci per risistemarmi sul sofà dopo aver acceso lo schermo, Alis mi invitò timidamente a sedermi vicino a lei. La posizionai su di me in modo tale che stesse comoda, la sua testa sul mio petto, il mio braccio intorno alla sua vita e la sua caviglia sul tavolino davanti a noi dove era appoggiata anche la tazza col thè ormai finito. Mentre guardavamo un programma di cucina, le toccai i capelli, arricciandomeli sulle dita varie volte. Quando, però, iniziai a sentire un respiro leggero e regolare, capii che si era addormentata. Guardai quel suo bel faccino angelico pieno di lentiggini e pensai che fosse la cosa più bella al mondo. Poi, per mio malgrado, i miei pensieri si spostarono su Hailey.

Era in giardino a giocare col suo migliore amico, Steve. Aveva all'incirca 8 anni, io invece ne avevo 14. Li osservavo dalla finestra della nostra cucina perchè non mi fidavo di quel bambino, aveva un non so che di inquietante. Mi ero staccato da lì giusto il tempo di tirarmi fuori un po' di prosciutto dal frigo per farmi un panino, che avevo sentito un pianto fin troppo riconoscibile: quello di mia sorella, Hailey. Mi ero fiondato fuori di casa, pronto a soccorrerla, ma avevo trovato Steve piegato su di lei, con una mano sulla sua spalla, che cercava di farla smettere di piangere. Io mi ero nascosto dietro un albero affinchè non  mi vedessero ed ero rimasto ad osservare la scena: il bambino si era seduto di fianco a Hailey e stava cercando di guardare la piccola bruciatura che si era formata sulla sua gamba. Le aveva detto "ci penso io", le aveva dato un bacio sulla spalla ed era corso in casa a chiedermi un cerotto per la ferita di mia sorella. In quel momento avevo capito che Steve era un bambino molto premuroso e  voleva molto bene a mia sorella: non mi sarei mai dovuto preoccuparmi di lui perchè sapevo che lui ci sarebbe sempre stato per  lei. 

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Questo capitolo è un po' più lungo degli altri, ma spero vivamente vi sia piaciuto!         Inoltre ho deciso di mettere il cast della storia, per darvi un'idea di come mi ero immaginata i personaggi. Spero vi piacciano!                                                                                                 Bacioni, Aliss

I Hate that I love youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora