Capitolo 10

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La settimana passò velocemente, la scuola continuava e il clima diventava sempre più freddo.
Il giorno scelto per il matrimonio era una domenica. Mi alzai dal letto con calma verso le 8:00 e guardai dalla finestra; era una bella giornata un pochino fredda, ma sopportabile e per nulla nuvolosa. Indossai un pantaloncino blu scuro e una maglietta a maniche lunghe, misi gli auricolari e cominciai a correre, quel giorno volevo andare a correre nel mio parco preferito, ma avendo trovato i cancelli sbarrati decisi di correre per la città (a discapito dei miei polmoni), così corsi per una mezzora abbondante senza far caso a quale direzione stessi prendendo. Quando mi fermai per prendere fiato mi ritrovai davanti al mio paesaggio preferito, ovvero il cantiere navale abbandonato. Mi sedetti un attimo ad ammirare come sembrava che si fosse fermato il tempo su quel luogo magico, ogni volta che lo vedevo mi sembrava di andare indietro nel tempo, sentivo quasi le voci degli operai che lavoravano ad una nuova imbarcazione. Mi stavo per voltare per tornare casa quando con la coda dell'occhio notai qualcosa di anomalo nel solito paesaggio : vi erano delle macchine, tre SUV neri probabilmente Cadillac, posteggiati difronte a quello che un tempo doveva essere il magazzino per i pezzi di ricambio, incuriosito da quelle strane presenze mi avvicinai senza farmi vedere abbastanza per capire cosa stesse accadendo, mi nascosi dietro un muretto un istante prima che uscisse un uomo da uno dei SUV. Non lo avevo mai visto, indossava un completo color nero di ottima qualità e portava occhiali da sole molto scuri, alto più o meno 1.80 mt e sembrava leggermente in sovrappeso ,aveva la faccia perfettamente rasata e i capelli erano corti e scuri, avrà avuto non più di quarant'anni e di carnagione leggermente scura, nello stesso istante uscirono due uomini che potevano fare concorrenza a due lottatori professionisti pesi massimi, alti 2.00 mt avevano entrambi i capelli a spazzola e al contrario dell'uomo uscito prima che era vestito in modo impeccabile  indossavano delle mimetiche nere, i due si avvicinarono al cofano posteriore di una delle Cadillac e presero dei fucili automatici  e se li misero a tracolla, che riconobbi subito come dei fucili automatici Beretta ARX-160, che avevo già visto in un servizio al telegiornale. Alla vista di due colossi armati di fucili del genere ogni persona con un briciolo di razionalità  se ne sarebbe andata  e avrebbe cercato di dimenticare quella visione, ma io spinto quasi da una voglia irrefrenabile rimasi li a guardare cosa stesse accadendo. Nel frattempo i due colossi si erano avvicinati al terzo SUV dove aprirono il cofano posteriore e prelevarono un fagotto, inizialmente non avevo identificato il contenuto di questo quindi mi avvicinai lentamente per guardare meglio quando notai che dal fagotto penzolava un braccio femminile mi avvicinai ancor di più uscendo dal mio nascondiglio. Corsi verso dei vecchi rottami vicino ai SUV, ero talmente vicino alla ragazza che avevo l'impressione  che sporgendomi l'avrei sfiorata, nonostante la situazione era una delle ragazze più belle su cui abbia mai posato gli occhi, sul 1.70, capelli rosso fuoco, la bocca era coperta da un bavaglio, ma si potevano comunque vedere i suoi lineamenti, gli occhi verdi opale e una silhouette magnifica .In quel momento stava giacendo  svenuta con i polsi e le caviglie legate davanti all'uomo che indossava il completo. Fece un segnale con la mano e i due uomini la sollevarono senza problemi e la portarono all'interno del capannone, ero talmente preso da quello che stava accadendo che non mi accorsi nemmeno di un terzo uomo alle mie spalle che avvicinatosi di soppiatto mi colpii alla nuca con il calcio di una pistola. Mi risvegliai mezz'ora dopo, avendo la mente offuscata non vedevo molto bene, provai ad alzarmi ma qualcosa mi teneva giù, mi fermi immediatamente quando sentii qualcuno parlare,  <capo non so come possa essere accaduto, normalmente nessuno la domenica mattina passeggia per cantieri navali abbandonati> disse una voce alle mie spalle che immaginai appartenesse ad uno dei colossi <non mi interessa ,questo è un problema. Non avevamo programmato un'inconveniente del genere> disse un altra voce di risposta, nel frattempo mi ero ripreso completamente e mi accorsi di avere una mano ammanettata ad una tubatura, muovendomi feci involontariamente rumore e attirai l'attenzione dei due interlocutori <guarda un po chi si è svegliato, buongiorno dormiglione> disse uno dei colossi ridacchiando. Arrivò anche l'uomo con il completo che guardandomi dritto negli occhi disse <non sapevo che adesso al FBI assumessero anche bambini> a questo punto lo guardai a mia volta dritto negli occhi e dissi < mi dispiace deluderla, ma non faccio parte di nessuna agenzia investigativa mi chiamo Luke Fisher, ero qui di passaggio ed uno di questi scimmioni mi ha colpito alle spalle> risposi sorridendo, l'uomo mi rispose <non mi interessa chi sei e tanto meno se lavori per l'FBI, ti sei trovato nel momento sbagliato al posto sbagliato e per questo morirai> "adesso come le spiego a Diana che non posso venire al matrimonio" pensai. Mi guardai attorno e notai che la ragazza che avevo visto  prima era stata ammanettata a sua volta ad un tubo vicino ancora legata e a poco a poco si stava svegliando. I tre scimmioni cominciarono a versare benzina per tutto il capannone, quando finirono l'uomo con il vestito si avvicinò e disse < mi dispiace per aver dovuto porre fine alla tua vita, ma adesso sei un personaggio scomodo, hai visto qualcosa che non avresti dovuto vedere> qualsiasi persona in quel momento sarebbe impazzita dalla paura, ma stranamente risposi <prima di morire posso almeno sapere con chi ho l'onore di parlare?>  risposi senza un'ombra di paura sul volto <anche se ti servirà a poco, il mio nome è Roger Reed  e adesso addio Luke Fisher> disse uscendo dal capannone seguito dai suoi uomini che chiusero le porte, rimasi al buio con l'unica luce di alcune finestre che illuminavano quel luogo dimenticato da Dio, sapevo che da un momento all'altro avrebbero appiccato fuoco al capannone, dovevo essere veloce, la ragazza nel frattempo si era completamente svegliata e la sentivo piangere, probabilmente aveva ascoltato le parole di Roger Reed, cercai di calmarla, ma in fondo sapevo anche io che era una situazione disperata, lei sembrò calmarsi con le mie parole. Guardai il tubo che mi incatenava e notai che una parte era stata mangiata dalla ruggine al punto di essere quasi friabile, ma una parte invece era ancora sana. In quel momento sentii il vetro di una finestra rompersi e una bottiglia molotov irruppe nel capannone, che fece espandere il fuoco ,subito dopo si senti lo sgommare di ruote e nella frazione di trenta secondi tutto cominciò a bruciare, cominciai a tirare con tutte le mie forze il tubo, poggiai entrambi i piedi sulla parete, inizialmente non dava segni di cedimento, ma a poco a poco il ferro si spaccò con un rumore sordo, l'aria stava diventando irrespirabile, vidi la ragazza a terra che piangeva con il fuoco a poco di due metri da lei , le corsi istintivamente incontro, ma mi accorsi che era ancora ammanettata così mi guardai attorno e cercai qualcosa che avrei potuto utilizzare per liberarla "per la miseria siamo in un ex cantiere navale, ci dovrà pur essere qualcosa" urlai mentre alcuni pezzi di tetto cominciavano a cedere per il sempre più elevato calore, mi levai la maglietta e la usai per proteggermi il volto, quando ad un certo punto l'occhio si posò su una vecchia cassetta per gli attrezzi arrugginita, mi precipitai a prenderla e aprendola vi trovai un martello di 1.50 mt, lo sollevai caricandolo sulle spalle e lo portai vicino alla ragazza che vedendomi arrivare a petto nudo con la maglia a mo di bandana che mi copriva il volto mentre brandivo un martello enorme avvicinarmi si spaventò ancor di più. Presi in raccolta tutte le forze e sollevai il martello sopra la mia testa, la ragazza che aveva capito il mio piano si era posizionata in modo che tutta la forza del colpo confluisse sulle manette, diedi un unico colpo, con tutta la mia forza, sentii i muscoli flettersi sotto lo sforzo e  le manette saltarono, presi la ragazza e me la caricai sulle spalle e cominciai a correre il più velocemente possibile verso la porta, l'aria era praticamente irrespirabile, tutt'attorno a noi era in fiamme e  stavano crollando pezzi di soffitto. Il capannone dopo essere sopravvissuto ad una guerra mondiale stava lentamente morendo sotto il calore delle fiamme. Arrivato alla porta la sfondai con un calcio ringraziando quegli stupidi scimmioni di Roger Reed, che non avevano bloccato la porta pensando che saremmo morti prima. Uscito dalla porta con ancora in spalla la ragazza mi allontanai un po e l'adagiai lentamente su un prato li vicino e comincia a slegare le corde che la tenevano ferma, quando finii lei si tolse il bavaglio e massaggiandosi i polsi disse <e tu da dove diavolo esci?> guardandomi negli occhi io sorridendo <non mi sembra che questo sia il modo di rivolgersi a chi ti ha appena salvato la vita, comunque piacere il mio nome è Luke Fisher> dissi sorridendole mentre mi sdraiavo accanto a lei sul prato <hai ragione, comunque piacere il mio nome è Amanda Cooper> dandomi la mano che io le baciai ,ci fu un attimo di silenzio mentre guardavamo il capannone morire avvolto dalle fiamme, poi mi chiese <cosa diamine ci facevi qui?> poggiando delicatamente la sua mano sulla mia <ci crederesti se ti dicessi che ero semplicemente andato a correre?> dissi sorridendole, lei rise ,aveva un sorriso stupendo. Le chiesi <posso sapere come mai quei brutti ceffi ce l'avevano con te?> <è una storia lunga te la spiegherò strada facendo> mi rispose, provò ad alzarsi, ma cadde stremata sopra di me, i nostri visi erano praticamente attaccati <Effettivamente mi sembra una paga più che sufficiente dopo aver rischiato la vita per salvarti> dissi con un sorriso malizioso, lei mi guardo dritto negli occhi e sorrise divertita e disse <aiutami ad alzarmi, in questo momento l'unica cosa di cui ho bisogno è un bel massaggio> divenni immediatamente serio sentendo in lontananza le sirene della polizia e dissi mentre la sollevavo <sbrighiamoci ad andarcene fra poco arriverà la polizia ed è meglio non farsi trovare in giro> lei annuii e chiese <ah a proposito in che città siamo?> sistemandosi bene tra le mie braccia < siamo a Los Angeles signorina> le dissi con un tono tra il serio e il divertito mentre facevo strada verso casa mia <tu da dove vieni? ho notato il tuo accento diverso> chiesi incuriosito <Washington DC> rispose lei pensierosa <non è proprio dietro l'angolo>commentai io. Lei non rispose, si era addormentata. Arrivati a casa la feci riposare sul mio letto mentre io cercavo di capire cosa fare, guardai l'ora erano quasi le 10.00 am sembrava essere passata un eternità da quando ero uscito per andare a correre. Presi il telefono temendo il peggio "17 chiamate perse da Diana" la chiamai immediatamente con un sorriso stampato sulla faccia immaginando la sua faccia, il telefono squillò una volta sola appena rispose sentii <ACCIDENTI A TE FISHER DOVE DIAMINE TI ERI CACCIATO ? E' DA UN'ORA CHE TI CHIAMO.> io alla sua reazione soffocai un risata e le risposi <ho avuto un piccolo contrattempo, ti sarei grato se venissi immediatamente a casa mia>.

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