Capitolo 5 - Il resurrezionismo Tolstoiano

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Un anno prima del prologo

La mano alzata al centro della grande aula universitaria attirò l'attenzione del professore che, prontamente, afferrò il microfono e lo accese con un movimento rapido e sicuro. Si schiarì la voce e sorrise, ammaliando le giovani ragazze che seguivano le lezioni di letteratura solo per potersi vantare di avere il professore più figo del complesso universitario.

«Prego,» disse semplicemente il giovane insegnante. Un ragazzo sulla ventina, ben piazzato, con i capelli rossi e gli occhi azzurri annuì e abbassò la mano.

«Mi scusi professore, mi chiedevo una cosa. Lei l'altra volta ci ha detto che Tolstoj credeva nella vita e nella pace tra gli uomini, eppure come spiega la teoria della resurrezione che lui cita nel proprio omonimo romanzo? La resurrezione, dopotutto, prevede la morte. E se Tolstoj non era un uomo di Chiesa, come poteva affermare di credere in una vita dopo la morte?» il professore sorrise e annuì compiaciuto. Quella domanda era frutto di uno studio attento, di una lettura approfondita, di una passione forse per la materia.

«Nessuno deve intendere la teoria resurrezionista di Tolstoj come tale nel proprio senso. È una metafora della vita e un percorso purificatorio che lo stesso autore cerca, nel corso della propria esistenza, di intraprendere. Non prevede morte né, tantomeno, una vita dopo di essa. Lei ha detto bene, lui non era uomo di Chiesa. Era un anarchico riformista anticristiano credente. Credeva in Dio ma non nella Chiesa. La sua scrittura, i suoi ideali, le sue capacità di vedere le colpe degli uomini e la costante ricerca del perdono e della purificazione della vita lo rendono uno degli autori più giusti del panorama letterario mondiale.» Negli occhi dell'insegnante si poteva scorgere la seria ammirazione che provava per quel personaggio, la passione per il proprio lavoro, la voglia di far capire ai ragazzi. No, non era solo il professore più figo dell'università: con ogni probabilità era anche il più bravo.

Al termine della lezione, un uomo si avvicinò lentamente all'insegnante. Egli lo guardò con attenzione: non era giovane, ma aveva dei lineamenti molto morbidi. Il passo rigido gli fece pensare immediatamente a un poliziotto, ma l'inusuale abbigliamento gli fece dedurre che non fosse canadese. Probabilmente qualche stato americano del nord.

«Posso aiutarla?» domandò Erik Greynolds al nuovo arrivato. Questi annuì e sorrise.

«Veramente, sì.» Il professore gli fece cenno di seguirlo, afferrò la valigetta e la giacca e si diresse fuori dalla grande aula ormai vuota. Mentre si dirigevano alla sala ristoro, Erik prese tutte le premure del caso. Non ci pensò su due volte ad attivare il microfono del cellulare e predisporre il caricamento sul cloud condiviso con suo marito. Era parecchio tempo che non avevano problemi, ma un passato, tra la droga, il testamento e chissà cos'altro, gli aveva insegnato la prudenza. Appena raggiunsero un tavolo lontano da orecchie indiscrete, il professore si sedette e l'altro lo imitò. Erik colse alcuni piccoli aspetti della personalità dell'uomo. Era silenzioso, tenace, aveva indubbiamente un bell'aspetto e, con ogni probabilità, era abituato a ottenere tutto ciò che desiderava.

«Mi chiamo Leonard Clifford Rogelio e sono il capo della sicurezza del senatore e candidato al governatorato dello Stato dell'Illinois Trevor Mulgrew,» confessò questi. Erik si trattenne dal reagire e rimase inespressivo, peculiarità che lo contraddistingueva da sempre.

«Di grazia, cosa vorrebbe da me questo tale senatore... come l'ha chiamato? Martin?» chiese il professor Greynolds. L'altro socchiuse gli occhi e sorrise, per poi unire le mani in un gesto quasi naturale.

«Mulgrew. Trevor Mulgrew, e lo conosce benissimo. Mi vuole far credere che non ricorda della sua esistenza?» domandò Leonard. Erik sorrise e annuì.

«Mi faccia pensare. Mulgrew... no, non ricordo di conoscere nessun Mulgrew.» Leonard spalancò gli occhi, sorridendo e annuendo con decisione. Quel professor Greynolds era stato perfetto. Se Leo non avesse saputo la verità, avrebbe creduto ciecamente alle sue parole. Aveva eluso tutte le tecniche militari per scoprire che qualcuno sta mentendo: aveva guardato verso sinistra, non aveva avuto reazioni fisiche o facciali, aveva risposto in maniera pacata ma non affrettata e non aveva preso tempo. Non si era nemmeno schiarito la voce, e lo stava guardando dritto negli occhi.

«Senta, professor Greynolds, il mio lavoro è lungo e vorrei tornare in Illinois quanto prima. Evitiamo questi convenevoli e sotterfugi vili. Io conosco la verità, ho delle foto di suo marito e il senatore in diverse ricorrenze, mi risparmi le menzogne.» Erik strinse le labbra e corrugò la fronte.

«Se questo senatore conosce mio marito non significa che debba conoscere anche me,» rispose ancora, ottuso nel voler mentire. Il militare scosse la testa.

«Le spiegherò perché lei mi aiuterà e non dirà nulla a suo marito. Lei non vuole che il senatore torni a parlare con lui, ha paura che Liam possa innamorarsi di nuovo di lui. Ha passato tutta la vita in ombra per via di Trevor Mulgrew, la perfezione agli occhi del suo partner. Ora che lui lo ha dimenticato, non vuole che tutto torni come prima. Però questo accadrà se lei non mi aiuterà. Il senatore verrà qui e, quando lo farà, lei non potrà più rifiutarsi.» Erik socchiuse gli occhi e aprì leggermente la bocca, per poi richiuderla e scuotere la testa. Si alzò e indicò l'uscita.

«Se ne vada, signor Rogelio,» ordinò. Questi sembrò realmente sorpreso, poi scrollò le spalle e si alzò. Erik gli tese la mano e lui la strinse. Ammirava quel professore, era forte e convinto delle proprie scelte anche se, in quel frangente, stava commettendo un errore enorme. Quello fu il momento in cui tutto iniziò ad andare male. Di lì in poi, per Leonard Rogelio sarebbe stato impossibile proteggere il senatore Mulgrew, ma lui avrebbe fatto di tutto, anche a costo della sua stessa vita.

The Senator (Trilogy of Secrets, 3)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora