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Ho la stramaledetta sfortuna di atterrare sempre sulle cose più dure, infatti stavolta sono precipitata in pieno in una cella... ma che diamine?! Quando alzo la testa percepisco lo sguardo di qualcuno fisso su di me e non ne sono molto felice, anzi, odio quella sensazione soprattutto perché capisco chi è quel qualcuno. Oltre spesse sbarre di ferro con particolari intrecci d'argento, veramente meravigliosi, riconosco la corporatura snella di mia madre <Dovevo immaginarmelo che dietro a tutta la storia dei super poteri c'eri tu. Come cavolo ho fatto a non pensarci?!> mi metto a sedere un attimo e poi, appoggiandomi saldamente al muro, riesco a mettermi in piedi. Le vertigini continuano a devastarmi la testa come se dentro ci fosse un riccio e i rimproveri di mia madre non riescono a colpirmi, come se fossi intrappolata in un'enorme bolla di vetro; visto che non ci capisco più nulla le dico <Mamma! Stai zitta un attimo!> senza far mancare un po' di rabbia nel tono della voce mi rendo conto di aver colpito il centro del bersaglio e lei si zittisce subito.
Tenendo sempre una mano salda al muro mi avvicino al cancello ma una scossa mi percorre il braccio finché non lo stacco <Ma fai sul serio? Ora anche la scossa? Come un animale dello zoo...> il suo sguardo si abbassa fino ai piedi e capisco che in realtà non è pentita affatto delle sue azioni; la conosco così bene che so come si comporta quando è dispiaciuta...in questo momento, vi assicuro, non lo dimostra affatto. Quando si rende conto di aver fatto uno sbaglio ha il coraggio di guardare in faccia colui che ha colpito, mentre davanti a me in questo momento riesce solo a fissare il pavimento. <Dov'è Cristian?> lo chiedo giusto per aprir bocca perché ancor prima che la mamma possa rispondermi immagino già tutto: lui è contro di me proprio come tutti. <Nella cella di fianco alla tua. Sta dormendo da tre giorni e per un momento ho anche creduto di averlo picchiato troppo forte, poi però il medico che lo ha visitato ha detto che è tutto ok.> mi risponde con un tono tranquillo e normale. Cosa c'è i normale? Giro la testa in entrambe le direzioni e quando vedo il suo corpo inerme sdraiato sul pavimento dell'altra cella mi salgono le lacrime agli occhi. Come ho potuto dubitare di lui? Lui che contro tutti ha mentito pur di proteggermi... Le palpebre coprono gli arcobaleni e non poterli fissare mi trasmette un grande senso di vuoto, come se mi mancasse qualcosa.
<Ha cercato di ribellarsi e si è ritrovato nell'unico posto che gli spetta. La prigione di Firefly.> lo osserva con lo stesso sguardo che di solito si rivolge ad un criminale ed io mi sento salire una rabbia dentro, come se fossi io quella disprezzata. Come può non fare nulla per lui? Siamo cresciuti insieme, la mamma lo ha curato più volte nel post-battaglia ed ora lo ha sbattuto in una cella come una tigre dopo lo spettacolo del circo. Perché?! Tale rabbia si propaga lungo le braccia fino a raggiungere un punto preciso e rivedo i fuochi fatui, ma stavolta le forze non si stanno disperdendo, si stanno concentrando in un solo punto: nelle mani. Non potendo dare nessun indizio a mia madre sulla natura dei miei poteri "super-sviluppati", chiudo le mani a pugno prima che possa vedere qualsiasi cosa e sento la rabbia tornare al suo posto. <Vattene.> dico schietta e chiara scandendo bene le lettere, così che non possa fraintenderle. Lei, di rimando, non replica e si allontana facendo rimbombare il suono dei tacchi sulle scale. Appena sparisce dietro l'ultima colonna del corridoio che porta all'esterno della prigione, tolgo la mano dal muro, cadendo, e raggiungo Cristian strisciando; appena tocco le sbarre che ci dividono un'altra scossa mi percorre il braccio, costringendomi a tirarlo indietro. Le lacrime che si erano asciugate negli occhi per evitare di essere intercettate dallo sguardo inquisitore della mamma, riprendono a scendere <Mi dispiace tantissimo perché so che è stata colpa mia. Non dovevi proteggermi.> riprendo un attimo fiato <Oggi, in questa cella, io prometto che quando uscirò di qui mia madre pagherà.> spero con tutta me stessa che si svegli e mi dica che non è colpa mia, come nei film o nei libri, ma purtroppo come risposta ricevo solo l'eco delle mie stesse parole che, rimbalzando sulle pareti, si propagano nello spazio e nel tempo. Giorno dopo giorno risento quella frase come fosse un giuramento. La prima e la seconda notte sono interminabili, interrotte solo dal suono delle armature delle sentinelle, che si danno il cambio ogni cinque ore. Le giornate in generale però sono uguali. Cristian non si è mai svegliato e io ho trascorso una settimana intera e infinita senza parlare con qualcuno, accompagnata solo da strani sogni e incubi.
Una notte in particolare, mentre dormo tranquilla, vengo svegliata da una scossa; all'inizio credo di essermi appoggiata alle sbarre durante il sonno perciò mi raddrizzo a sedere velocemente. Quando però mi scrollo dal sonno e i miei occhi mettono a fuoco la cella, mi accorgo che il cancello è dal lato opposto perciò non posso averlo toccato. La scossa mi pervade ancora e stavolta mi accorgo di un particolare importante: parte da dentro, come un brivido. Improvvisamente ciò che mi circonda sparisce e al suo posto appare l'ingresso di un tempio con quattro colonne in marmo rosa, dieci gradini bianchi e poi un portone massiccio. È un luogo che ho già visto ma non riesco subito a collegarlo a qualcosa di specifico. Un senso di familiarità mi attraversa ma non capisco subito a cosa dovrei pensare. Dove ho mai visto un tempio così grande e bello? Non sono una tipa che viaggia molto, tolte le vacanze o i mesi di studio nella capitale. È forse l'immagine di un qualche libro che ho letto? Oppure... non so neanche io come ci sono arrivata, ma improvvisamente mi viene in mente la visione di qualche giorno prima. Ma certo che quell'atrio è familiare! È lo stesso della mia visione! Come se mi muovessi io, la vista si sposta ed entra in una stanza con una libreria, questa presunta "io" sfila un libro assai voluminoso dalla scaffalatura, uguale a quello che avevo preso io in biblioteca, pronuncia "Tempus arma est", le parole ruotano e poi...nulla. Tutto torna "normale", per modo di dire, e inconsciamente mi rendo conto di quello che devo fare: recuperare MAGIA DELL'ORIGINE.
Mi alzo e non resto sorpresa nel vedere che le gambe mi reggono saldamente, le scintille blu illuminano le mani finché non sono completamente avvolte dalle fiamme. Mi muovo con fermezza sapendo perfettamente cosa fare e dove andare; mi sembra quasi di aver progettato tutto con precisione. La cosa più sbalorditiva però è che so dove cercare il volume. E questo ha dell'incredibile, ve l'assicuro! Dopo un attimo di stupore torno in me e mi rendo conto che tutto è calmo e silenzioso, anche troppo. Stringo le mani sulle sbarre e l'elettricità non riesce a reggere il contrasto con la magia, le scintille esplodono in tutta la sala illuminandola d'oro; le sbarre colano sotto il mio tocco, quasi fossi fatta di fuoco, e l'argento gocciola a terra come pioggia. Appena tutto scivola a terra, esco dalla gabbia scavalcando la pozza lucente di ferro ai miei piedi e mi rifletto in essa per un attimo. Ho un'aria... non so...diversa. Ma non è il momento adatto per parlarne.
Corro dalla parte di Cristian e, non potendo fare nulla per lui, gli lascio un messaggio fatto d'argento sulla parete:

"ho capito, non parlarne con nessuno".

Non avevo mai testato questo tipo di messaggistica e, dopo averla valutata un attimo, posso dire che almeno è riconoscibile. Cristian aveva inventato questo tipo di messaggi a nove anni, durante un addestramento magico a Maghiai quando i nostri genitori non c'erano, perciò solo noi due siamo a conoscenza di questo tipo di scrittura. Quando si sveglierà saprà dove sono e che sono al sicuro mentre mia madre non capirà nulla, probabilmente neanche ci farà caso. Scappo via e gli stivali scivolano silenziosi sui corridoi in pietra della prigione, sembro quasi un fantasma. Quando arrivo al cancello di ferro battuto, le dita si riaccendono nuovamente di blu e anche questo cancello si trasforma in una pozzanghera lucente sotto le mie mani. Oltre il cancello in genere ci sono due sentinelle ma, stavolta, l'ingresso si rivela vuoto. Mi sembra tutto troppo tranquillo date le circostanze: mia madre non lascerebbe mai la prigione incustodita per nessun motivo, figuriamoci con me dentro. Ricomincio a correre per uno dei tanti corridoi diretti alla biblioteca mentre, nel frattempo, penso a quanto sono stata sottovalutata dai miei genitori.
Anche se ho corso per circa un quarto d'ora non sento il minimo bisogno di fare una pausa, e questo mi accende un campanello di allarme; per evitare di far accendere qualche fuocherello in corridoio, mi appoggio un attimo al muro, per precauzione, ed è allora che le scintille si propagano dalle dita alla pietra facendola sparire in un turbine di luce. In una frazione di secondo, mi rendo conto che non sto più toccando un muro del corridoio bensì della biblioteca. Non ho neanche un attimo di tempo per assimilare l'accaduto che mi riapparve la stessa scena di qualche settimana prima: mia madre e i miei amici che mi inseguono. Ma di tante stanze che ci sono come diamine hanno fatto a capire che sono proprio qui? Salgo la scala, saltando qualche gradino per fare prima, e raggiungo la sommità: qui ritrovo lo stesso volume, sullo stesso scaffale, nella stessa, medesima posizione. Felice della mia vittoria, mi sporgo un po' e grido con tutte le mie forze la prima cosa che mi viene in mente, sfrontata come sempre. <Volete il libro? Venitelo a prendere! E la prossima volta nascondetelo un po' meglio magari.> detto ciò mi ricompongo, stringo il libro più forte che posso e, dopo un lampo azzurro, mi ritrovo nella mia camera. Finalmente riesco a far andare qualcosa per il verso giusto e devo ringraziare il mio adorato disordine se per una volta sono riuscita a non farmi male riapparendo. Il cumulo di panni dei giorni scorsi hanno attutito lo schianto con il pavimento e tirandomi su non percepisco nessun giramento di testa. Miracolo! Tolgo di mezzo i panni e mi siedo a gambe incrociate sul tappeto, stringendo ancora il voluminoso libro tra le braccia. Dal cumulo di vestiti che avevano attutito la mia caduta , prendo una felpa e me la infilo; nessuno aveva provveduto a darmi una maglia, o qualcosa di simile, per tutta la mia "sosta" nella cella, perciò ho provveduto da sola. La sensazione di averlo in mano però è cambiata: prima era come un pesantissimo cumulo di mattoni ora invece assomigliava più ad un libro per bambini. Quando lo apro dalle pagine si solleva una nuvola di polvere, segno che nessuno prima di me lo ha toccato, e la colla che regge le pagine alla copertina scricchiola leggermente per lo sforzo. Per un attimo ho l'impressione che qualcuno mi stia spiando ma svanisce subito, perciò mi tranquillizzo e continuo a sfogliare le fragili pagine. Arrivata più o meno a metà libro mi fermo e ripeto a pappagallo le parole della visione, o meglio ne pronuncio solo due prima di essere interrotta da un animaletto che esce misteriosamente dal volume <Attenti voi che osate aprirmi e volete conquistare il mio sapere! Non osate sfidare il mio magico spirito.> è davvero troppo assurdo per essere vero. Dalle pagine esce un piccolo pennuto, un gufetto. Capisco immediatamente che la voce non può essere sua per due motivi assai notevoli: 1- è troppo cupa e terrorizzante per appartenere ad un gufo che più che minaccioso può sembrare un peluche versione mini 2- è un gufo! Come diamine può parlare?! Va be che siamo in un mondo magico e tutto il resto, ma questo non è mica un cartone. Un mucchio di piume lievemente arruffate appartenenti a tutta la scala dei marroni, becco nero lucido e occhi d'ambra nella notte: il gufo perfetto. Se non fosse per la taglia. Potrebbe anche essere un canarino, in base alle dimensioni. Tolto ciò però apprezzo il fatto che me lo potrò portare sempre dietro e nessuno se ne accorgerà mai. Con uno svolazzo il gufetto sale sul mio ginocchio mentre mi sistemo un attimo per teletrasportarmi, o come dico io, per saltare. Ripeto con fare teatrale <"Tempus arma est"> e chiudo gli occhi per aspettare le vertigini.
Non succede nulla...
O meglio, a me non succede nulla.

#SPAZIOAUTRICE
I have no ideas... bye bye, al prossimo capitolo! :-)

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