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<Nessuna malattia ti impedirà di venire all'Anniversario! Quest'anno è il NOSTRO evento, non puoi mancare...> le coperte mi arrivano fino al mento e devo ammettere che questa falsa della malata mi sta uccidendo. Tra poco farò la fine di un pesce lesso. La situazione non mi piace affatto. Io sto morendo asfissiata e i timpani tra poco mi abbandonano. Marcus è fermo nello spigolo vicino alla porta, Juliette mi osserva ma non dice nulla, quella che invece sta urlando da più di 5 min. è Adeline: è contraria al fatto che io non vada alla festa. Dice in continuazione che non posso mancare perché sarà un evento unico, irripetibile e altri milioni di aggettivi che ora neanche ricordo più. <Ma se non vengo che cosa cambia?!> inizio ad essere irritata <"che cosa cambia?! Che cosa cambia?!" secondo te?! Sei la figlia del direttore del campo, non puoi non venire! Dovevi essere tu la direttrice di tutto e ora non ti presenti nemmeno?! Non ci posso credere...> credo, che tra poco dovrò richiudere un fossato se continuerà a camminare avanti e indietro per la stanza in questo modo. Non vado perché sono "malata", non serve urlare così! Finalmente qualcuno, dal fondo della stanza, interviene: Marcus. <Adesso basta poverina! Non viene perché deve restare a letto, mica perché deve giocare a carte.> dice lui e la sorella improvvisamente si blocca al centro della stanza <Se a voi non importa nulla dell'organizzazione fate pure, ma non venitemi a dire che saremo un disastro stasera perché allora non sarà colpa mia, ma tua!> mi indica urlando e poi esce, sbattendo la porta. Marcus sussulta per il colpo e, guardandomi negli occhi, mi fa intendere un "Le parlo io. Scusala"; Jul mi si avvicina, mi stringe la mano con fare affettuoso e poi mi saluta <Sta tranquilla e riposati, per noi va bene. Adeline si calmerà, la conosci. Facciamo così: se non ti vedo nel salone, ti passo a salutare qua. Ok?> annuisco e se ne va anche lei. Appena la porta si richiude, salto fuori dal mio forno di coperte e prendo un po' d'aria, aprendo la finestra. Il sole non è altissimo perciò penso che siano solo le 9 o le 10 di mattina. <Forza e coraggio Cecy la giornata è ancora lunga...> alle mie spalle sento una voce rispondermi <E se resti alzata anziché riposarti sarà ancora più lunga> abbozzo un sorriso <Mi scusi signor medico. Quindi devo tornare a letto?> sembro la classica paziente rimbecillita che non capisce nulla. <Credo proprio di sì, mia cara.> scoppiamo entrambi a ridere.

È tantissimo che non lo vedo! Mamma mia quanto mi è mancato! <Fortuna che sei venuto. Ti devo parlare.> evito di rimettermi sotto le coperte ma mi stendo comunque, Christian mi è vicinissimo e sorride. Non so se sia un sorriso cretino come il mio, ma mi sa che ci andiamo vicino. <Dimmi.> dice lui curioso e così inizio a spiegargli tutto ciò che è successo dopo la mia reclusione: il libro, i fuochi, i teletrasporti, mia madre e tutto il resto. Dopo un po' commenta la storia. <È solo una settimana che non ci vediamo e hai già combinato tutti questi casini? Dovrebbero darti un premio, sai?> ridiamo all'unisono <In più c'è un'altra cosa: mia madre crede che tu ti sia dichiarato con una collana...> il suo sguardo è incredulo <Che cosa?! Ma come ti è venuta in mente una cosa simile?> io non capisco perché sia così contrariato e mi affretto a rispondere <Chris, mia madre è entrata all'improvviso! Mi avrebbe beccata! Ho trasformato il libro, ma poi mi sono dovuta inventare una scusa... e mi sei venuto in mente tu.> sono un po' arrabbiata con lui, non è possibile che tutti oggi mi reputino colpevole di qualcosa! <Perché proprio io?> il suo tono è più dolce ma non mi frega <Ho scelto te perché mi fido e perché sei l'unico che conosce questo segreto.> rispondo tranquilla e lui sembra un po' deluso, ma non mi preoccupo. <Stasera quindi non vieni?> chiede lui <Hai sentito Ade urlare, vero?> faccio una smorfia pensando a quante persone abbiano ascoltato il nostro litigio <No, ma visto che sei in pigiama sul letto ho pensato che non venissi. E poi la notizia che stai male si è sparsa subito dopo che sei svenuta... ho tratto le mie conclusioni da solo.> mi stendo completamente e appoggio la testa al braccio. <Tu da cosa ti vesti?> gli do una pacca sulla spalla per scherzare <Lo vedi solo se vieni alla festa...> mi fa l'occhiolino <Dai così non vale!> Ora è il suo turno: <E tu che animale sei?> ricambio l'occhiolino di prima e rispondo <Io non vengo. Quindi non sono un "animale".> ridiamo e parliamo per un'altra ora intera; ad un certo punto guarda l'orologio e si alza di scatto dal letto, facendo sobbalzare anche me. <Ma cos'hai? Mi hai fatto prendere un colpo.> respiro affannata, come se avessi corso una maratona, quando mi risponde e già sulla porta intento ad aprirla <Devo andare agli allenamenti e poi in città a prendere il mio vestito... stasera ti aspetto, "amore".> fa il dolce fidanzatino, per prendermi in giro, e poi esce ridendo. Io continuo a sorridere come un'ebete, anche quando rimango da sola. Gufetto, come al solito, mi riscuote svolazzandomi davanti tenendo tra le zampe la collana. La afferro e si trasforma in libro.

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